La didattica del fotoromanzo

La didattica del fotoromanzo

di Maurizio Tiriticco

Giorni fa si è chiusa a Marsiglia una mostra dedicata al fotoromanzo, un genere nato in Italia qualche anno dopo la fine della guerra e che ha resistito fino agli anni Settanta. Mi piace riprodurre quanto ho scritto in proposto qualche anno fa.

Quando insegnavo – anni cinquanta e sessanta – cercavo sempre di creare le condizioni perché i miei alunni apprendessero! Bastava che rivelassi la mia ignoranza su quelle maledette guerre puniche, che non interessano a nessuno, perché tutti si adoperassero a rendermene conto. E quanto mi divertivo a confondere Annibbale con Asdrubbale – li scrivevo con due b – perché tutti si sentissero in dovere di correggermi. Non erano così scemi da non sapere che “giocavo”, ma, in effetti, giocando si impara! Per non dire dei vituperati temi! Quanti anni abbiamo impiegato per abolirli! Anni fa, con il “nuovo” esame di Stato, con Berlinguer e le sollecitazioni di De Mauro, finalmente ci eravamo riusciti, ma… il reale è sempre più forte dell’ideale e, dopo le tipologie innovative A e B (vedi il Regolamento, il dpr 323/98) fummo “costretti” a reintrodurre il tema, con altre due tipologie, quel tema che piace tanto agli insegnanti, quelli che “insegnano”, che tracciano segni sulla testa degli alunni, come i vasai dell’antica Roma tracciavano i segni decorativi sulle “testae”, le anfore!

In effetti, non c’è nulla di più falso di un tema! Alludo a quello di sempre! Nessuno nella vita scrive temi, se non a scuola! Nella vita si scrivono racconti, poesie, diari, dichiarazioni d’amore, lettere a non finire! E oggi si scrive, e tanto, su FB e con i cellulari. C’è il professionista che scrive romanzi, favole, testi scientifici! E’ c’è pure chi scrive testi scolastici! Uno più pesante dell’altro! Orrore degli orrori! Per trovare una informazione che serva veramente, ti devi cibare pagine su pagine, illustrazioni su illustrazioni, letture su letture, quadri su riquadri, prove di verifica assurde… Mi chiedo poi a che serve un libro di grammatica, quando la grammatica vera è quella che costruiamo nella nostra testa interagendo tra noi giorno dopo giorno?

Io sollecitavo racconti o poesie con gli stratagemmi più arditi! Scrivemmo anche un fotoromanzo: allora i “Bolerofilm” erano sotto i banchi di quasi tutte le mie alunne! Fabula e intreccio, ordine e durata, topic e point e altre diavolerie della linguistica erano di casa di fatto nei loro scritti, anche se di linguistica non sapevano nulla! E poi sollecitare il nesso che corre tra l’immagine e la parola scritta – è il mondo dei fumetti, il legame che corre tra cervello sinistro e cervello destro – significa sollecitare scritture autentiche, vive, utili, soprattutto per loro, gli alunni, alla felice e non facile scoperta del loro mondo dei produttori di pensieri e di testi, orali e scritti. Disegnavano, coloravano, scrivevano… a volte era una vera e propria fucina, anche se non sono mai ricorso alla tipografia di Freinet. Per tutte queste ragioni non sono mai stato un insegnante, ma ho sollecitato tanti tanti apprendimenti… o almeno ci ho provato…