Una società morbida?

Una società morbida?

di Maurizio Tiriticco

Zygmunt Bauman, com’è noto, ci ha lasciati lo scorso anno, ma il suo pensiero è sempre valido. L’analisi da lui compiuta in tanti anni di studio e di pubblicazioni sulla società contemporanea e le sue mille difficoltà è più che interessante ed estremamente pungente. E può riassumersi in questa sua espressione: “il cambiamento è l’unica cosa permanente e l’incertezza è l’unica certezza”. E’una riflessione, almeno a mio vedere, abbastanza amara! Ed è l’incertezza che anima e governa questa società che Bauman definisce “liquida”.

In un simile scenario “liquido” – sempre che l’analisi baumiana sia corretta e condivisa – sembra che l’educazione e la scuola – almeno nel nostro Paese – stiano smarrendo il ruolo che da sempre la società ha loro conferito. In effetti, quando ci troviamo di fronte a certi spiacevoli avvenimenti – alunni che sbeffeggiano ed insultano i loro insegnanti, i quali peraltro sembrano incapaci di formulare qualche risposta – ci viene da pensare che forse l’autorevolezza e l’autorità stessa della cultura, dell’educazione e dell’istruzione siano in profonda crisi. E allora – per dirla con Bauman – sono forse istituzioni che si stanno “liquefacendo”? L’interrogativo può provocare mille risposte! Resta, comunque un dato: il fatto che, a fronte dei mille cambiamenti che nel corso degli ultimi anni hanno interessato il sociale, la cultura e la ricerca, la scuola è rimasta sempre la stessa. E ciò, anche nonostante una 107, la legge che dal 2015 con i suoi 212 commi ha apportato una serie di modifiche nell’assetto del nostro sistema di istruzione, ma… Appunto, ma! Perché in effetti, la struttura organizzativa della nostra scuola – e penso soprattutto al secondo ciclo di istruzione – è quella di sempre: Cattedre, Classi e Campanelle, le tre C che dalla legge Casati in poi – mi si perdoni l’iperbole – sono rimaste sempre le stesse! Per non dire poi della lettera B, banchi o tavolini duri e scomodi su cui sostare per ore e ore! Fatta eccezione di qualche istituzione scolastica diretta da presidi “coraggiosi”, che hanno avviato innovazioni che potremmo definire “ardite”, ma che, invece, sono “norma” in altri Paesi.

Al proposito è opportuno ricordare che anni fa, con il governo di centro-sinistra e con il ministro Berlinguer, venne varato un Regolamento – con il dpr 275/99 – “recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”. E ciò “ai sensi dell’art. 21 della legge 59/97”! E non erano “cose” di poco conto! La legge 59 aveva come oggetto la “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti Locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”. In effetti, si trattava di una legge che prevedeva un largo decentramento di funzioni dal “centro” alla “periferia” per l’attuazione di un processo che potremmo definire di maggiore democratizzazione del governo del Paese. Ma è una sfida che abbiamo accettato e abbiamo vinta?

Se andiamo a rileggere quanto sancito da alcuni articoli chiave del dpr 275/99 – il 4 il 5 e il 6, concernenti l’autonomia didattica, l’autonomia organizzativa e l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo – e ci chiedessimo quante istituzioni scolastiche ne hanno fatto tesoro e li abbiano realizzati, la risposta è una: solo pochissime! In altri termini: lo Stato conferisce più poteri e più responsabilità a determinate istituzioni e ai loro dirigenti, ma sembra che queste e questi optino per lo status quo! Il fatto è che innovare richiede inventiva, responsabilità, fatica! Ma anche qualche rischio! Ma “chi ce lo sa fare”? Quindi, la scommessa dell’autonomia sembra che sia stata una partita addirittura non giocata! Tranne, lo ripeto, poche eccezioni.

Di fronte a tale rigidità, è allora vero che “il cambiamento è l’unica cosa permanente e l’incertezza è l’unica certezza”? O è forse vero che gattopardescamente, si finge di cambiare tutto per non cambiare niente? In tale situazione, l’istituzione scuola – almeno qui nel nostro Paese – si trova in grande difficoltà. Ne sono un segno il fatto che gli insegnanti sono mal pagati e che il loro ruolo sociale non è percepito ed è scarsamente riconosciuto, dalle famiglie e dagli alunni, un ruolo che le istituzioni, invece, dovrebbe sostenere e incoraggiare!

Pertanto, in un contesto/scenario apparentemente in grande mobilità – una normativa scolastica sempre formalmente innovativa, un’Invalsi sempre attenta a misurare e valutare i cambiamenti in materia di apprendimento, ecc. – sembra che le “cose” siano sempre al palo di partenza. Allora viene da pensare che la scuola e la società nel loro insieme sono “liquide” solo in superficie, in apparenza. Basti pensare al succedersi di ministri sempre nuovi, che purtroppo devono sempre imparare per primi loro l’abbicì dell’insegnare/apprendere! Ma nel profondo e nella sostanza sono rigide! Potrei anche sbagliarmi! E vorrei essere smentito! Comunque, mi sembra che oggi, maggio 2018, sono giornate liquide anche per il governo del Paese! Porse perché il popolo ha espresso un voto ondivago, “liquido”, appunto! Un governo che non si riesce a fare! E il grande tessitore, il nostro Augusto Presidente, novella Penelope, che tesse tele ogni giorno, che la mattina successiva deve disfare!

Insomma, a mio parere, ci troviamo di fronte a una liquidità che non va da nessuna parte e che non incrina affatto la rigidezza del tutto. E allora viviamo forse in una società morbida?