Il premio al merito per i prof: oggi a pioggia, domani a rischio

da Il Sole 24 Ore

Il premio al merito per i prof: oggi a pioggia, domani a rischio

di Eugenio Bruno

Il rapporto tra la scuola italiana e il merito continua a essere dialettico. Per usare un eufemismo. Lo confermano, da ultimi, i dati sul secondo anno di applicazione del bonus per gli insegnanti che Il Sole 24 ore è in grado di anticipare. E da cui emergono un elemento diretto (la riduzione da 600 a 200 euro dell’importo pro capite) e uno indiretto (l’aumento dei prof “premiati”). Proprio mentre all’orizzonte già si profila una rivisitazione, per restare sempre agli eufemismi, della “Buona Scuola” nel suo complesso. Valutazione compresa.

Anche stavolta conviene partire dai numeri. Secondo le ultime rilevazioni del ministero dell’Istruzione nell’anno scolastico 2016/17 a ciascun istituto sono stati erogati 17.775 euro. Con importi diversi da scuola a scuola in funzione del numero dei docenti in servizio e di alcune caratteristiche di “complessità” (appartenenza a Comuni montani e/o in piccole isole, presenza di alunni stranieri, di disabili, rapporto alunni/classi). In media, restando sempre alle amministrazioni scolastiche, si è andati da un costo per lo Stato minimo di 548,53 (un centro per la formazione degli adulti, ndr) a un massimo di 79.218. In media ogni prof ha ricevuto 207 euro lordi.

Le cifre fornite dal Miur si fermano qui. Per ragionare in termini di “flusso” e non di semplice “stock” bisogna recuperare i dati dell’anno precedente. Quando gli insegnanti meritevoli erano stati 247mila (su 620mila a tempo indeterminato) per una “quattordicesima” media tra i 600 e 700 euro. A parità di risorse complessive (200 milioni) il fatto che l’importo medio sia sceso così tanto porta a pensare che la platea sia almeno raddoppiata. Da qui a sospettare un’erogazione “a pioggia” del bonus il passo è breve. Con effetti di fatto opposti rispetto alle intenzioni di partenza della riforma.

Anche perché quest’anno le risorse per la valutazione dei prof scenderanno a 130 milioni per poi risalire a 160 a regime dal 2019. Settanta milioni (e 40 dal 2019) sui 200 stanziati dalla Buona Scuola serviranno infatti a finanziare gli aumenti previsti dal recente rinnovo del contratto che consentiranno anche agli 1,1 milioni di dipendenti della scuola (e dunque non solo ai docenti) di avvicinarsi o sfondare il muro degli 85 euro di aumento previsti per il resto della Pa. Tanto più il nuovo Ccnl ha innovato anche le modalità di erogazione. Visto che i sindacati potranno co-determinare i criteri generali per l’attribuzione dell’incentivo (ad esempio gli importi minimi e massimi). Fermo restando che a decidere i parametri per le singole scuole saranno i comitati di valutazione mentre la lista dei prof premiati verrà compilata dai dirigenti scolastici.

Tutto ciò in attesa del nuovo governo. I rumors (e le bozze) dei giorni scorsi ribadiscono l’intenzione di intervenire massicciamente sul precariato. Sia sul fronte dei maestri magistrali sia su quello dei supplenti con oltre 36 mesi. A quel punto i 130 milioni quest’anno (160 a regime) che restano appostati sul merito diventerebbero un’occasione troppo ghiotta per non essere sfruttata. Soprattutto per segnare le discontinuità rispetto all’era Renzi-Gentiloni (e Giannini-Fedeli).