La Lega vuole i nidi per gli italiani, ma M5s non ci sta

da ItaliaOggi

La Lega vuole i nidi per gli italiani, ma M5s non ci sta

La consulta ha bocciato la legge del governatore del veneto Zaia che dà priorità ai residenti di vecchia data

Emanuela Micucci

Piccole crepe all’orizzonte nell’alleanza giallo-verde sui nidi gratuiti per i bambini di famiglie italiane. Galeotta fu una parentesi tonda nel contratto del neonato governo M5S-Lega. Nel capitolo sulle politiche per la famiglia e la natalità si legge che «è necessario rifinanziare gli enti locali dando priorità al welfare familiare». Quindi, viene inserito un testo tra parentesi tonde, in cui si esplica questo impegno. «Come ad esempio», c’è scritto, «il sostegno per servizi di asilo nido in forma gratuita a favore delle famiglie italiane». Poche parole tra parentesi a mo’ di esempio tra altri. Quasi a volerle far passare in secondo piano.

Invece, quelle parentesi tonde contengono un’informazione di servizio, una puntualizzazione che completano e arricchiscono il testo, chiarendo un orientamento importante del nuovo governo Conte e dei suoi ministri dell’istruzione Marco Bussetti e della famiglia Lorenzo Fontana, entrambi rappresentanti della Lega. Questo «Prima gli italiani» per l’accesso al nido, però, rischia di aprire le prime crepe nel governo.

La Consulta, infatti, ha appena bocciato con la sentenza 107/2018 (si veda ItaliaOggi del 29 marzo) come incostituzionale la legge della regione Veneto, guidata dal governatore leghista Luca Zaia, che dava la precedenza ai figli di residenti in Veneto da almeno 15 anni nell’iscrizione all’asilo nido. Secondo la Corte viola il principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 della Costituzione, «persegue un fine opposto a quello della tutela dell’infanzia garantito dall’art 31», inoltre «irragionevole ritenere che i figli di genitori radicati in Veneto da lungo tempo presentino un bisogno educativo maggiore di altri».

Parole, queste dei giudici costituzionali che suonano anche come una bocciatura del contratto di governo giallo-verde ancora prima che nascesse. Dall’altra parte, poi, tra gli esponenti grillini sono sorti i primi malumori e distinguo sul «Prima gli italiani» nei nidi. Contraria la sindaca di Roma Virginia Raggi, che confida nel «Parlamento che poi deciderà», come il deputato pentastellato Gianluigi Paragone, che ricorda: «Questa è una proposta di Salvini». Quasi a certificare una divisione di azione politica tra i partiti del patto del «governo del cambiamento». Del resto, la stessa Lega sull’accesso al nido si era contraddetta già nel testo del proprio programma elettorale per le politiche del 4 marzo. Cambiando posizione da una pagina all’altra del testo programmatico.

La frequenza gratuita era già allora subordinata al reddito, che prima era fissato fino a 60 mila euro poi sotto i 50 mila mila lordi. E la priorità di accesso era prima data alle mamme (senza aggettivi sulla nazionalità) che lavorano e che sono residenti nel comune da più di 5 anni e dopo all’occupazione di entrambi i genitori, mentre il requisito dei 5 anni riguarda solo la residenza in Italia delle mamme straniere.

Tra distinguo, mal di pancia, contraddizioni e parentesi tonde il bandolo della matassa passa ora al premier Conte che, con i ministri Bussetti e Fontana, tra politiche dell’istruzione e della famiglia, è chiamato a sbrogliare un punto su cui rischiano di incrinarsi gli equilibri del governo giallo-verde, proprio ala vigilia dell’avvio del nuovo sistema integrato di istruzione 0-6 anni. Mentre dalle fila dell’opposizione e dell’associazionismo già gridano al potenziale xenofobo della proposta.