L’etica civica e il carattere nazionale nascono e si coltivano nelle scuole

da Il Sole 24 Ore

L’etica civica e il carattere nazionale nascono e si coltivano nelle scuole

di Alessandro Artini*

Celebrata la Festa della Repubblica e dopo che, per alcuni giorni, il nostro Paese è stato esposto ai venti della speculazione finanziaria per lo straparlare dei politici, è opportuno interrogarsi sulla consistenza della nostra cultura civica. Nei momenti di tempesta, la solidità dei valori che accomunano un popolo rappresenta il principale strumento per superare le difficoltà. Proprio nelle crisi emergono in controluce le vie di salvezza. Ciò accadde agli inglesi che, nella seconda Guerra mondiale, sebbene attanagliati dalla morsa nazista, dimostrarono una indefettibile forza d’animo e vinsero. Anche in casi fortunatamente meno drammatici, come quello recente della Brexit, che ha esposto la loro economia a gravi rischi come l’inflazione, essi, nonostante le polemiche interne, hanno tenuto comportamenti dignitosi verso gli altri paesi.

L’etica civica, che accomuna le persone ed è indipendente dalle scelte confessionali, partitiche, ecc., esclude sia le facili lamentazioni, sia le smodate manifestazioni di rabbia. Dove nasce questo sostrato del carattere nazionale che fonda i comportamenti collettivi? Anzi tutto nelle scuole. In quelle inglesi (ma anche in quelle tedesche, francesi …) si apprende l’educazione civica, muovendo dal rispetto del sistema di regole impersonali che governa le scuole stesse. Si genera così la “religione civile”, cioè un insieme di valori, credenze, simboli, ecc. che dà identità a una determinata comunità nazionale e che la eleva a “bene comune”, da preservare e da non esporre a stolide polemiche.

Nelle scuole inglesi, si apprende questa etica civile fin dai primi anni di vita scolastica, allorché s’innescano i processi di socializzazione secondaria, volti a superare il mondo inevitabilmente ristretto degli affetti familiari. Del resto “educare” significa “condurre fuori”, cioè superare i particolarismi e acquisire un orizzonte di cittadinanza. Si apprende questa etica collettiva anche nello sport, dove la competizione leale rappresenta un valore condiviso che supera la tifoseria. Se ben ricordo, secondo Churchill l’eroica resistenza al nazismo era germinata proprio nei campi dei college, dove i giovani inglesi avevano imparato a battersi negli sport.

Oggi, nella scuola italiana si parla poco di educazione civica che, essendo affidata a una pluralità di docenti, non appartiene a nessuno e per questo è trascurata. Anche la filosofia, eccezione di pregio della nostra scuola (altrove non viene insegnata), non offre adeguati spunti al riguardo. La trattazione in successione storica dei filosofi potrebbe essere interrotta, almeno periodicamente, da quella che Attilio Oliva definisce come la didattica della “controversia civile”, cioè l’apprendimento a dibattere su alcuni temi secondo regole definite, nel rispetto della diversità di posizione. Ma queste proficue interruzioni avvengono di rado.

Molte nazioni investono in educazione civica e ad esempio la Germania, tra quelle europee, lo ha fatto in maniera più rilevante di altre, proprio a causa dei suoi trascorsi (anche se ciò non ha eliminato gli stereotipi anti-Italiani). Gli osservatori notano che il successo economico di questa nazione dipende anche dal modo in cui vi si affrontano le difficoltà di volta in volta emergenti e cioè dal metodo del costante dialogo delle parti politiche e sociali. Quest’ultimo non è estraneo alla didattica civica della scuola tedesca. Da tale prospettiva, la promozione dell’educazione alla cittadinanza e la sua diffusione potrebbero favorire, in Italia, oltre al decoro politico, anche la crescita economica, seppur in tempi non brevi. La questione scolastica, come sempre, investe molti ambiti e quello dell’istruzione è solamente il più diretto ed evidente.

  • Presidente Anp Toscana