Ospedale non riconobbe sindrome di Down

da La Repubblica 02 luglio 2018

Pordenone, la mamma aveva vent’anni e non è stata informata degli screening

“Vita peggiore di quella attesa”: ospedale non riconobbe sindrome di Down, risarcimento da mezzo milione di euro

PORDENONE. Mezzo milione di euro da risarcire alla mamma, poco più che ventenne all’epoca, per non essersi accorti che il nascituro era affetto da sindrome di Down. E’ la sentenza del Tribunale civile di Pordenone, che va oltre il danno biologico e riconosce che a causa di quell’errore medico i genitori hanno condotto una vita diversa e peggiore da quella che avrebbero potuto. L’Aulss 4 del Veneto Orientale e l’allora primario di ostetricia e ginecologia di Portogruaro (Venezia) dovranno pagare per responsabilità medica conseguente all’omessa diagnosi di una malformazione genetica, in questo caso sindrome di down, del bambino di una giovane donna, poco più che ventenne, residente nel portogruarese.

I fatti risalgono alla fine degli anni 2000. La battaglia giudiziaria dei genitori del piccolo, che si sono affidati agli avvocati Gianluca Liut e Ilaria Giraldo, è iniziata nel 2012 per ottenere l’accertamento della responsabilità professionale del medico e della struttura sanitaria. “Il medico non aveva sottoposto la donna allo screening e a nessun esame di diagnosi prenatale – fa sapere lo studio legale della donna -. La gestante infatti avrebbe dovuto essere informata della possibilità di sottoporsi a uno degli esami di indagine prenatale invasiva, come amniocentesi e villocentesi, con i relativi rischi ma anche con i vantaggi di una diagnosi certa”.

Il Tribunale ha accolto la domanda di risarcimento del danno per omessa informazione ed errore medico in ordine alla diagnosi di malformazione del feto e ha liquidato ai genitori il danno patrimoniale da nascita indesiderata del figlio causata dall’errore medico, costituito dal costo economico maggiore di quanto necessario al mantenimento di un figlio non affetto dalla sindrome.

“La fattispecie – scrive il giudice Francesco Tonon – costituisce un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona, di rilievo costituzionale, che indipendentemente da un danno morale o biologico impone comunque al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa e peggiore di quella che avrebbe altrimenti condotto”.