Quando non ci sono idee, vince l’inerzia

Quando non ci sono idee, vince l’inerzia

di Gabriele Boselli

Dalle conferme sulla valutazione di sistema e dalle tracce dei temi per l’esame di Stato, per ora continua il ventennale vuoto di idee; come per la “buona scuola” renziana, non ci sarà una “riscrittura” teleologica ma un semplice “tagliando”, come si fa con un’auto che sostanzialmente ci piace e che vogliamo solo conservare.

Stasi

Di solito l’identità del giorno s’intuisce sin dal primo mattino, anche se è vero che le turbolenze indotte dalle mutazioni climatiche spesso fanno sbagliare. Ciò riconosciuto, abbiamo per ora le non-dichiarazioni di Conte in materia scolastica nel discorso programmatico e un primo flatus vocis del nuovo ministro dell’Istruzione dalla sede molto significativa scelta per la sua prima importante uscita pubblica (la Banca d’Italia). Dai primi non-atti di un ministro forse divenuto tale –come il suo premier- proprio per la mancanza di personale peso politico (1), traspare una sostanziale continuità con la subcultura MIUR degli ultimi vent’anni. Non che prima ci fossero forti motivazioni ideali, ma il nulla sembrerebbe continuare.

Primi segni di immobilità: le sovrabbondanti tracce (più che tracce, quasi temi svolti) per l’esame di Stato licenziate dal nuovo ministro: nell’insieme costituiscono un manifesto assai coerente dell’assiologia e della vuota politica scolastica che ha colpito la scuola ormai da troppo tempo. Sono tutti brani marcati “amici della Fedeli” su cui il successore non ha voluto effettuare alcun intervento, come sarebbe stato possibile almeno per la prima prova.

Anche sul tema della valutazione di sistema è pubblicamente confermato pure il predominio della solita tardopositivistica filosofia INVALSI: oggettivismo appena un po’ mascherato, test che valorizzano il pensiero convergente a scapito di quello divergente, non considerazione delle capacità critiche. Chi pensa che dopo trent’anni potesse verificarsi anche qualche pur timido segnale di cambiamento per adesso ha poco da aspettarsi poiché, parafrasando Gorgia, un pensiero non c’è, se vi fosse non sarebbe conoscibile e se fosse conoscibile non verrebbe comunicato. Ignorando la lezione della metodologia fenomenologica ed ermeneutica, si continuerà a operare con i test. Si rifilerà di nuovo la storia delle disparità territoriali e intercolastiche; i giornali continueranno con le classifiche; quel che è peggio, le capacità superiori dell’intelligenza –quelle critiche e creative- se si persiste con la metodologia attuale continueranno a non essere prese in considerazione e dunque scoraggiate.

Applausi pertanto in coro dalle vecchie consorterie del MIUR e da gran parte dei media.

Dopo Scott. Suggestioni villeneuviane per legislature a venire (a.D. 2049)

Come in un film. A differenza di chi ha guidato sinora il Ministero (nessun riferimento dunque ai ministri), molti insegnanti e ispettori e alcuni dirigenti la capacità di pensare e un’idea di scuola eroicamente le hanno coltivate e le coltivano. Tanti di loro consegnano ai giovani doni per orientarsi nella cultura di un domani ( a.D. 2049?) non dominato da una mediocre, strapotente retorica dell’economia e della tecnica ma innervato dall’intera estensione del campo culturale, scienza e tecnica comprese. Tanti nelle scuole padroneggiano sia la carta che l’infosfera, sia la cronaca che la storia; interessati a generare capacità di conoscere, non stanno a perdere troppo tempo nell’innestare nel cervello dei ragazzi competenze utili al domani quanto i vuoti a perdere.

Seguendo l’invito dei docenti, dei dirigenti e degli ispettori più allergici alle circolari romane, i giovani sapranno comunque orientarsi in uno spazio globale in cui, senza più la protezione di frontiere e di normative nazionali, servirà non un pensiero conforme ma un pensare originale e innovativo, non tanto il possesso di competenze ma la capacità di intendere la struttura generativo-trasformazionale del conoscere. La scuola, a prescindere da viale Trastevere, consegnerà le chiavi anche per comprendere gli effetti voluti e quelli collaterali dell’intelligenza artificiale e del post-umano. L’ A.I. è la questione cardinale, nella ricerca, nell’economia, nella politica (penso all’utilizzazione dell’ A.I. nelle elezioni americane) e nella scuola. Alle vecchie e nuove élites del potere scolastico più altolocato la portata reale cosa è ignota e invece occorrerebbe intenderne il valore.

Negli ultimi vent’anni di MIUR colonizzato dai “quartierini” sono stati ignorati i mutamenti più profondi del paesaggio culturale e scientifico. Nei prossimi trent’anni forse i programmi ministeriali prenderanno atto della rivoluzione già in corso nella matematica e nelle scienze del mondo fisico: es. forme-matrici per comprendere le interazioni di campo, fisica sub-atomica esplorata in quegli acceleratori del CERN cui pure collaborano nostri scienziati, informatica a base quantistica….

Permanendo come sembra la cultura dei soliti think tank sopravviventi a qualsiasi cambiamento politico, dopo il celebre tunnel Gelmini cosa dovremo vedere? Qualcosa di analogo se non si prenderà atto come nell’ultimo decennio si sia determinata nei mondi ignoti ai perenni ghost writers del potere un’accelerazione del sapere paragonabile a quella dei primi vent’anni del secolo scorso e come questa  inizi a produrre i primi risultati anche in termini di tecnologie. E’ stupendo quel che sta maturando anche nelle scienze della vita (studi sul genoma e biotecnologie per l’uomo, gli animali e l’agricoltura; ingegneria genetica, nuove tecnologie diagnostico-terapeutiche e nuovi farmaci). Le ipermigrazioni (2), le dinamiche sociali, economiche e scientifiche stanno incrementando la loro potenzialità di positiva o (quanto?) negativa trasformazione del mondo.  Di fronte a fenomeni nuovi per natura massa e vettorialità occorrerebbe un pensiero nuovo per comprenderli e regolarsi di conseguenza senza “protezioni” retoriche. Nelle scuole e in molte università i docenti lo stanno già producendo; MIUR e INVALSI finora accreditano e promuovono il pensiero compilativo e meramente applicativo, quello del sì e del no, del monocromatismo senza colori e senza sfumature, delle forme semplicistiche della semplicità.

La resistenza al cambiamento della cultura, delle scienze e dell’economia solidificatasi nel palazzone romano e attualmente senza segni evidenti di discontinuità nei nuovi padroni si attenuerà? La politica scolastica non-vedente dell’ultimo ventennio verrà archiviata?


(1) come si fece ai suoi tempi con la Gelmini, quando si prese una sconosciuta senza seguito per dirottare tranquillamente altrove le risorse destinate alla scuola

(2) spostamenti caotici di grandi masse di persone da un punto all’altro del globo con nuovi tipi di conflitto sociale e mutazioni del paesaggio antropico, culturale e materiale