L’Italia disuguale del Rapporto Invalsi 2018

da Tuttoscuola

L’Italia disuguale del Rapporto Invalsi 2018

Ormai i risultati delle prove oggettive di apprendimento non fanno più notizia. Nessuno tra i grandi giornali ha messo in prima pagina gli esiti del Rapporto Invalsi 2018 (nella quale campeggiano invece le voci sul trasferimento di Cristiano Ronaldo alla Juventus). Il Corriere della Sera, ad esempio, piazza l’articolo di Gianna Fregonara sul Rapporto a pagina 27.

Eppure qualche ragione per dare maggiore evidenza ai risultati delle prove di quest’anno c’era: in primo luogo la maggiore attendibilità dei dati, dovuta alla pratica scomparsa del cheating(copiature, aiutini), favorita dall’uso del computer per gli alunni di terza media e del secondo anno di secondaria superiore: una sfida vinta sul piano tecnologico e organizzativo ma anche su quello pedagogico, perché l’impossibilità di copiare ha reso i risultati più autentici e gli studenti più responsabili.

In secondo luogo è emerso con maggiore chiarezza, sostenuta dai dati, un fatto che gli psico-pedagogisti più attenti alla dimensione sociale dei problemi educativi, da Aldo Visalberghi a Clotilde Pontecorvo, avevano segnalato già negli anni settanta dello scorso secolo: il forte dislivello di preparazione (oggi diremmo di competenze) tra gli alunni delle scuole del Sud e quelli delle regioni settentrionali, occultato da programmi e ordinamenti formalmente identici per tutto il Paese.

Ma si trattava di intuizioni, o di indagini empiriche condotte sperimentalmente su piccoli campioni. Solo con la trasformazione del Centro Europeo dell’Educazione (Cede) in Istituto Nazionale di Valutazione (Invalsi), e con il progressivo, ormai quasi ventennale, perfezionamento delle prove nazionali di misurazione dei livelli di apprendimento si sono potuti acquisire dati di tipo sistematico per analizzare più a fondo la questione dei divari di rendimento tra le scuole e dentro le scuole delle diverse regioni italiane.

La terza ragione dell’importanza del Rapporto di quest’anno è costituita proprio da questa più ampia disponibilità di dati sistematici, che ha messo in luce il fatto che in alcune regioni – proprio in quelle che registrano i più alti tassi di dispersione, come la Campania, la Sicilia, la Sardegna e soprattutto la Calabria – il ritardo degli alunni rispetto alle prestazioni medie nazionali in italiano e matematica si registra già in seconda elementare, si amplia in quinta e si consolida in terza media.

La promozione assicurata pressoché a tutti fino all’esame di terza media nasconde una realtà molto differenziata, che è all’origine dei forti tassi di ripetenza e abbandono che si verificano nel biennio iniziale della scuola secondaria superiore. Ma il Rapporto 2018 dell’Invalsi, che è soprattutto uno strumento messo a disposizione dei decisori politici, mette bene in luce il fatto che un intervento di riequilibrio e prevenzione della dispersione non sarebbe efficace se non partisse già dall’inizio della scuola elementare, se non prima: molti studiosi sostengono che a 6-7 anni i giochi sono in buona parte già fatti.