Chiamata diretta, ultimo addio

da ItaliaOggi

Chiamata diretta, ultimo addio

Pronto il disegno di legge della Lega. Gli ambiti resistono, ma ridisegnati. Ogni prof avrà la sede di diritto, via la scelta del dirigente

Alessandra Ricciardi

La bandiera della riforma della Buona scuola voluta da Matteo Renzi, la chiamata diretta, sarà definitivamente ammainata. Prevista dalla legge n. 107/2015, lo scorso anno è stata prima corretta nella sua versione iniziale da una sequenza contrattuale (ministro dell’istruzione, Valeria Fedeli), poi se ne è disposta, sempre per via contrattuale, la sospensione per l’anno che inizierà il primo settembre, dando prevalenza al punteggio in graduatoria. L’atto finale è l’abrogazione, prevista dal contratto di governo Lega-M5s. Il partito di Matteo Salvini ha già pronta la sua proposta, a firma del presidente della commissione istruzione del senato, e responsabile scuola della Lega, Mario Pittoni. Il testo del ddl, depositato ma non ancora pubblicato e che ItaliaOggi ha letto, prevede che i docenti che hanno la titolarità su ambito ottengano automaticamente la titolarità nella scuola dove stanno prestando servizio.

Se ad avvio di anno staranno prestando servizio in una scuola di ambito diverso da quello dove sono titolari, assumeranno la titolarità presso l’ultima scuola dell’ambito di titolarità dove hanno prestato servizio oppure dove sono titolari di incarico triennale. La situazione che farà testo sarà quella registrata alla data del 31 dicembre 2018. Una scadenza per la quale dunque il ddl, che potrebbe usufruire del nuovo regolamentato del senato e dunque essere approvato solo in commissione bypassando l’aula, dovrà essere da tempo già legge.

Il ddl fa salvi gli ambiti territoriali, almeno per il momento. E si prevede la possibilità che possano essere modificati nella loro ampiezza dagli uffici scolastici regionali, sentite le regioni e gli enti locali, entro il 31 dicembre e comunque ogni tre anni.

E così ogni docente di ruolo diventerà titolare sulla sede di servizio, eliminando quella scelta discrezionale affidata al dirigente scolastico che doveva essere, nelle intenzioni del legislatore della Buona scuola, uno dei tasselli di una scuola dinamica, in cui ogni istituto sceglie i docenti incrociando la propria offerta didattica con i curriculum dei candidati. Un sistema di incontro tra domanda e offerta che faceva salvo il concorso nazionale per il reclutamento, e declinava nella scelta del singolo docente l’autonomia scolastica.

La novità della chiamata è stata avversata dai sindacati, con dure opposizioni tra questi e l’Anp, l’associazione nazionale presidi. Salvo poi nel tempo registrare che gli stessi dirigenti segnalavano difficoltà e problemi nell’attuazione del sistema. Tali da far preferire a molti che fossero le direzioni scolastiche regionali, in base al punteggio dei docenti, ad assegnare gli stessi alle scuole.

Nella premesse all’articolato del ddl, Pittoni evidenzia i problemi di natura «squisitamente giuridica» che ne hanno consigliato l’abrogazione. Al primo punto la «coesistenza irrazionale», nella stessa scuola, di docenti con stato giuridico diverso: quelli titolari di scuola, e dunque inamovibili, e quelli di nuova assunzione e assegnati con la chiamata diretta, amovibili ogni tre anni. E poi la creazione «fittizia» dell’ambito, un’aggregazione sul territorio che non ha però un gestore del personale che vi ricade. Infine, le motivazioni di ordine organizzativo: la concomitanza con la chiamata diretta delle varie operazioni di avvio dell’anno, che hanno indotto alcuni presidi a non dare seguito alla chiamata diretta oppure a far slittare in avanti di altre procedure, come l’attribuzione delle supplenze. Un sistema caotico, insomma. Per il futuro, meglio valorizzare il punteggio dei singoli.