Ignorando Indicazioni e programmi vari

2018/19. Ignorando Indicazioni e programmi vari.

Cosa studiare per rispondere ai nostri alunni

di Gabriele Boselli

Dalla scuola dell’infanzia alla secondaria superiore alcuni alunni pongono ogni anno, insieme a quelle perenni, anche domande nuove. Gli insegnanti sanno che non basta essere aggiornati su programmi ufficiali in costante ritardo di una cinquantina d’anni sul progresso delle conoscenze o comunque espressioni della sottocultura trasteverina del momento. Da sempre non aspettandosi alcun cenno intelligente da Roma, studiano per conto proprio.

Il nostro insegnare, se autentico, è il modo in cui il tesoro della conoscenza nel suo intero e nel suo perenne rinnovarsi si manifesta attraverso di noi. Un tesoro in evoluzione che le varie Indicazioni o i programmi ministeriali non sono mai riuscite a neutralizzare, pur producendo sterminati ammassi di luoghi comuni e pratiche di parcellizzazione.

I docenti, gli ispettori e i dirigenti intellettualmente autonomi sanno che insegnare è tramandare dando nel contempo vita all’inedito e che comunicare (non somministrare!) in modo ampio la parte è insegnare un tutto che comprenda il Novum, così come oggi è visto e come esce costantemente rinnovato dallo sguardo dei ricercatori e degli studiosi. Soprattutto è necessario rinnovare l’intelligenza dell’ insieme; ciascuno conosce nel dettaglio solo qualche disciplina ma è essenziale sia dal punto di vista scientifico che pedagogico che i nessi e le dinamiche per cui i saperi si connettono e si sviluppano siano presenti nel pensiero e nell’insegnamento di tutti.

Diversi nodi concettuali hanno recentemente conosciuto evoluzioni di grande portata per tutte le discipline. Eccone alcuni da studiare quest’anno (gli alunni non smartdipendenti potrebbero chiedercene), indipendentemente dalle materie il cui insegnamento ci è stato affidato. Per farlo bene occorrerà allontanarsi dai dispositivi del pensiero seriale come le Indicazioni, i POF/PTOF,  le programmazioni e tutte le altre epifanie del Banale.

Post umano      I ragazzi sentono parlare sempre più spesso di emergenza di una figura umana se non differente certo diversa nelle sue facoltà e nella sua struttura intenzionale da quella vissuta e studiata da tremila anni a questa parte: il Post-umano. Certo, la domanda “chi è l’uomo” va ulteriormente riformulata per effetto della globalizzazione, dell’informatizzazione e in particolare per gli sviluppi delle scienze e delle tecnologie; in particolare, appaiono sempre più rilevanti le modifiche della base fisica (DNA, RNA, farmaci).  Non “chi è l’uomo?” è ormai la questione, ma chi o che stia diventando, come si evolvano, attraverso i vari tipi di consumo protesico e reintegrazione continua ad alta intensità, le sue strutture di pensiero, il modo di sentire e di agire. Idem per “chi è il bambino?” o l’anziano o qualsiasi classe di età e di condizione. Tra i docenti della scuola italiana il tema è oggetto di progressiva consapevolezza e si sta operando per trasmettere ai giovani la fondazione di identità e di luce della tradizione culturale e scientifica dell’Occidente ma anche per prepararli alle mutazioni necessarie ed eticamente augurabili. Nonché a resistere a quelle non raccomandabili.

Lettura: A. Melucci Ri-pensare l’educazione negli scenari del post-umano in Encyclopaideia n. 46 2016 Unibo

Postverità   Di solito s’intende con questo termine una massa informativa reality free prescindente da pregnanti vincoli con quanto effettivamente sperimentabile. Post-verità è il non riconoscere alcun limite all’immaginazione strumentale e non, a volte puramente irrazionale. Post-verità sono le bufale che viaggiano negli scassati vagoni ideologici ministeriali e in gran parte dei social media o –mutando campo e portata- le notizie da propaganda fatte girare nelle presidenziali americane o anche certi articoli “scientifici” licenziati da referents distratti su riviste altrimenti autorevoli.  Postverità è il particolare insignificante presentato come indicativo di quel che vale a disegnare un quadro e a intervenirvi. Il vero –scriveva Hegel e approfondiva Gentile- è l’Intero. Oggi la cultura di massa, non senza contributi di parti della scuola superiore e soprattutto dell’università, tende a propagare un sapere settoriale, specialistico. L’alta Amministrazione negli ultimi trent’anni ha sempre teso a chiudere chi insegna e studia in cortili murati e controllabili, senza aperture agli altri saperi, al trascendentale e al trascendente. Non c’è mai riuscita ma continuerà a riprovarci.

Secoli e secoli di eventi e interpretazioni interconnesse insieme a un forte orientamento al futuro riescono per fortuna nella  maggior parte del mondo reale dell’istruzione a costituire un fondamento e una forza imprescindibili, una terraferma garantita dalla sedimentazione in serietà e in dinamica degli atti ermeneutici. Gli eventi oscillano; le tradizioni interpretative sono apparati di dinamica stabilizzazione nella rappresentazione degli eventi. Si spengono un poco, si mescolano con altre, senza mai finire, dando luogo a nuovi nuclei di cultura e di scienza. Fanno controvertibile e provvisoria verità ma “verità”.

Lettura. A. Boselli  Dewey e l’età dei post  in Edscuola, Gennaio 2017

Ipermigrazioni     Il rilevantissimo tema è affrontato in molti documenti anche ufficiali ma solitamente in modo ingessato e tanto ossessionato dal politically correct da finire con l’esaurirsi in predicozzi di parrochietta. Non si tratta solo di emigrazioni, di trasferimenti programmati e controllati verso territori bisognosi di manodopera. Gli attuali processi migratori non sono sistemici ma ipersistemici e il fenomeno che abbiamo di fronte è costituito da qualcosa di diverso: spostamenti caotici di grandi masse di persone da un punto all’altro del globo con induzione di nuovi tipi di incontro/conflitto culturale e sociale e da forti mutazioni del paesaggio antropico e materiale.

Importanti, anche se in gran parte sotto questo profilo positivi, ne sono i riflessi sul piano della cultura e della scienza. Anche se ancora la struttura del pensiero e del sentire occidentali appare prevalente, sempre più entreranno nelle linee fondazionali del discorso e del reale le sintassi (e i valori veicolati) di lingue che sono state parlate e soprattutto scritte in una pluralità di sintagmi che, non controllati, potrebbero accendere conflitti non solo teorici. Queste interazioni, comprendenti anche sintassi “aliene” e “processate” secondo tecnologie sempre più potenti, trasformeranno le visioni religiose, scientifiche, etiche, estetiche, pedagogiche dell’uomo d’Occidente. Le stesse scienze che riteniamo universali sono comunque pensate nel quadro della cultura occidentale, articolate nelle sue lingue, generate nel grembo dell’intera sua storia, intenzionate a ulteriorità secondo uno spettro intenzionale storicamente determinato. Non sarà più così.

Lettura: un testo di vent’anni fa ma più nuovo di tutti. Nel tempo della pluralità a cura di D. Demetrio, La Nuova Italia, 1997

Gli insegnanti di tutte le discipline avranno anche altro di importante da studiare. Idee come quelle di singolarità, termine sempre più ricorrente, oltre che in filosofia, in vari rami del sapere: dalla matematica alla fisica astronomica alla pedagogia, scienza quest’ultima doppiamente faticosa poiché richiede di conoscere sia l‘oggetto che i soggetti della ricerca e dell’apprendimento. Oppure l’idea di ipersistema, gli sviluppi della matematica, della fisica, della biologia…..  C’è tanto da studiare, per fortuna.