“Dopo di noi”, primo bilancio della legge a Milano

da Superabile 4 settembre 2018

“Dopo di noi”, primo bilancio della legge a Milano: 284 progetti approvati

Poche richieste per domotica e automazione nelle case, molte domande per “accompagnamento all’autonomia”. A due anni dall’approvazione della legge, il comune presenta i primi dati. Maistri: stanziamenti per quasi 3 milioni di euro

 

MILANO – Sono passati due anni dall’approvazione della legge 112 del 2016 e Milano fa il suo primo bilancio. La norma che nelle intenzioni aspira ad essere una rivoluzione copernicana nel sistema di presa in carico delle persone con disabilità, permettendo loro di emanciparsi da genitori, famiglie e servizi residenziali attraverso progetti di vita autonoma che gli permettano nei fatti di vivere da soli, nel capoluogo lombardo ha prodotto questi numeri: 513 fra colloqui individuali e informazioni telefoniche rilasciate dallo sportello comunale dedicato al “Dopo di noi”; 26 incontri presso i Centri diurni per disabili; 38 scambi di informazioni con associazioni e cooperative del terzo settore e infine tre appuntamenti aperti alle famiglie e alla cittadinanza. Sono questi i dati che hanno permesso la realizzazione del primo avviso pubblico comunale nell’autunno del 2017 – seguito poi da un secondo a marzo 2018 – per vagliare le domande di cittadini ancora senza risposta educativa, socio-assistenziale e abitativa in città. A fornire le cifre è Daria Maistri, dirigente del Comune di Milano nella direzione Politiche sociali – Area domiciliarità e cultura della salute, in un lungo articolo pubblicato sul portale Welforum.it, in cui si fa il punto della situazione.

Le risorse stanziate sono pari a 2,9 milioni di euro per le prime due annualità di finanziamento statale, una cifra che la dirigente definisce da subito “non adeguata a coprire tutte le esigenze espresse”. Sul totale delle 387 domande (alcune doppie) presentate durante i due avvisi pubblici, oltre un quarto non rispettava i requisiti e non sono state quindi ammesse dall’équipe di valutazione o per successiva rinuncia da parte delle famiglie. Le richieste riguardavano 219 uomini e 165 donne con disabilità, mentre ben 95 domande sono state presentate per persone che non erano conosciute dai Servizi diurni – un dato che secondo Daria Maistri mostra l’efficacia delle nuove modalità di comunicazione facendo emergere anche situazioni prima sconosciute all’amministrazione. I progetti redatti e approvati sono stati infine 284 per cittadini con disabilità, 33 di questi non ancora autorizzati per insufficienza delle risorse finanziarie ma con l’impegno a soddisfarli in seguito. A colpire è però la distanza fra le previsioni iniziali e i dati reali. Secondo quanto si legge in una tabella elaborata, i funzionari delle politiche sociali meneghine si aspettavano almeno 19 richieste fra gli interventi infrastrutturali, nell’ambito delle “opere di manutenzione domotica” e per l’applicazione di tecnologie elettroniche e informatiche dentro le abitazioni. Ne sono arrivate solo due. Stesso discorso per i contributi alle “spese di locazione/condominiali”: si attendevano 110 richieste ma ne sono arrivate 19. Largamente sottostimate, nel campo degli interventi gestionali, invece le richieste di “accompagnamento all’autonomia”: in previsione dovevano essere 86 e invece sono state ben 292. Altre 44 quelle per il “sostegno alla residenzialità” e 30 per il “Pronto intervento/sollievo”.

Una ripartizione che mostra come il 75 per cento delle domande pervenute è riferito ad interventi per accompagnamento all’autonomia, mentre le richieste di intervento infrastrutturale sulle abitazione molto vicine allo zero. Questo pone “in rilievo come è ancora difficile ipotizzare la trasformazione di beni propri in soluzioni abitative condivise da più persone con disabilità – scrive la dirigente –. Tale considerazione vale, in particolare, per le famiglie con familiari disabili. Nonostante la L. 112/2016 introduca istituti giuridici atti a vincolare il patrimonio immobiliare ad abitazione di persone con disabilità a seguito della co–elaborazione di progetti di vita, sono diverse le motivazioni che non facilitano un’esplicita espressione di volontà da parte dei genitori delle persone con disabilità: a partire dal fatto che tali previsioni, forse, sono ancora troppo recenti; alle difficoltà di conciliare interessi apparentemente divergenti (come nel caso di più figli); alla solitudine delle famiglie nelle proprie scelte di vita”. (f.f.)