La difficile riforma degli Organi Collegiali

La difficile riforma degli Organi Collegiali

di Stefano Stefanel

         L’interessante contributo di Antonio Valentino (A proposito di autonomia statutaria e rappresentanza istituzionale, su Scuolaoggi.org del 25 giugno 2012) potrebbe risolvere questo mio intervento attraverso la maniera ormai più semplice di comunicare, cioè mettendo un “mi piace” a commento. Se intervengo è perché il contributo di Valentino è l’unico che non ironizza pesantemente sul DDL Aprea sulla riforma degli Organi Collegiali della Scuola ed è anche l’unico – tra quelli che ho letto – che non invoca la difesa democratica a salvaguardia della Democrazia e della Costituzione, minate da quel DDL. E’ difficile di questi tempi dibattere su qualsiasi cosa, perché oltre ad un numero sempre crescente di disattenti che non sanno mai nulla di nulla e cadono sempre dalle nuvole su tutto si sta sviluppando la categoria di coloro che in nome della Costituzione e della Democrazia stroncano sul nascere qualsiasi modesta proposta di cambiamento. Come si fa a ragionare su dettagli quando è minacciata la nostra stessa vita democratica? E come può arrivare a compimento un provvedimento che si porta dietro il fardello della “lesa maestà” di principi inalienabili diventati diritti civili poiché nati dai famosi (o famigerati) Decreti delegati degli Anni Settanta? Al netto da tutto questo e riconoscendo a Valentino anche un coraggio non da poco, credo sulla riforma degli Organi Collegiali della Scuola in discussione al Parlamento si possano dire alcune cose.

APREA: UN NOME CHE E’ TUTTO UN PROGRAMMA

         Forse sarebbe utile chiedersi chi è stato il “buontempone” che ha deciso di “denominare” Aprea un Disegno di Legge che è frutto di più mani. Valentina Aprea, dirigente scolastico in aspettativa, ex sottosegretario di Berlusconi, ex parlamentare di Forza Italia prima e del PDL poi, assessore all’istruzione della Regione Lombardia, estensore della proposta di chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici del personale precario mi pare il nome meno adatto da mettere davanti ad un DDL che debba raccogliere una maggioranza vasta. Cgil, Cisl, Uil, Snals, Cobas, Unicobas, CNPI & Compagnia aggiungendo, mai potranno dirsi soddisfatti di qualcosa che ha nome “Aprea”. Non capirlo è stata una pura follia, anche perché c’era già una proposta di legge Aprea di qualche anno fa (quindi il nome era già usurato da quel dibattito) e dunque non si capisce chi gliel’ha fatta fare agli estensori del DDL di buttarsi manie  piedi su un nome che fa inferocire tutta la ancora fortemente componente maggioritaria di sinistra della scuola italiana.

Se il nome non bastava ecco allora che il DDL Aprea in discussione va a toccare alcuni baluardi dell’inefficienza e inefficacia scolastica in maniera così diretta da far diventare la discussione un’ennesima prova di appartenenza. E nel caso di questioni molto tecniche l’appartenenza produce sempre sconquassi. Consigli dei classe, interclasse e intersezione; Collegi docenti; Consigli d’Istituto; Giunte esecutive; Dipartimenti; Assemblee di classe; Assemblee d’Istituto: se la scuola italiana spera ancora con questi armamentari di poter affrontare le sfide della globalizzazione, dei cattivi esiti dei suoi studenti, della didattica per competenze, dell’obsolescenza del reclutamento e della formazione, dei saperi strangolati dalle classi di concorso e di tutto quanto ogni giorno chi lavora a scuola conosce benissimo, allora forse è meglio lasciar stare tutto, non riformare niente e lasciare che le scuole continuino a giocare con le coperte di Linus di Organi Collegiali nati dal ’68. Tanto poi deve decidere (ed eventualmente pagare di tasca propria) il Dirigente scolastico, figura che è nata proprio per eliminare il problema degli Organi collegiali. Il d.lgs 165/2011 parla di “potere” del Dirigente e “competenze” degli Organi Collegiali: il vocabolario spiega a tutti senza giri di parola la differenza dei due concetti. L’ho scritto altre volte e qui lo ripeto: o si ha il coraggio di eliminare la figura del dirigente scolastico e di tornare ai Presidi o ai Direttori didattici o si permette ai dirigenti di fare i dirigenti.

Il DDL Aprea è molto pasticciato e molto confuso e probabilmente darà vita a organismi non perfettamente funzionanti: ma rispetto all’attuale nulla e a questo immobilismo che svilisce la partecipazione sarebbe meglio provare a vedere come funziona. Statuto, nuova composizione degli organi d’istituto, organizzazione degli stessi, nuclei di valutazione potrebbero essere un campo di azione per sperimentazioni, analisi, ricerche, dibattiti e una certa innovazione a scuola. Magari non ne verrebbe fuori granché: ma cosa sta venendo fuori oggi dagli Organi Collegiali normati negli Anni Settanta?

ASSOCIAZIONI SCUOLE AUTONOME

         Sono Presidente dell’Associazione Scuole Autonome del Friuli Venezia Giulia e posso dire che lo strumento in sé è utile e può fornire una buona base per lavorare insieme. Non credo l’associazionismo scolastico possa essere imposto e la volontarietà dell’adesione rende più forte la proposta, che nasce da adesioni e da una visione e comune e non da imposizioni. Ogni scuola deve farsi rappresentare da chi vuole, ma se un dirigente non la rappresenta è un problema della scuola (e del dirigente) non del sistema. Non è burocratizzando la rappresentanza che questa aumenta.

Le ASA molto spesso non sono decollate in talune realtà regionali perché molti dirigenti preferiscono scorciatoie, appartenenze sindacali, legami sotterranei. Una scuola per come è organizzata oggi comunque “termina” con un dirigente. Si potrebbe tentare di agire con intelligenza usando tutti gli strumenti che ci sono a disposizione e le ASA sono uno di questi. E cercando di vedere nel DDL Aprea possibilità e non limiti per la democrazia.