Rischio fuga per 140mila docenti, medici e infermieri

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da Il Sole 24 Ore

Rischio fuga per 140mila docenti, medici e infermieri
di Eugenio Bruno e Barbara Gobbi

C’è un numero che circola da qualche settimana sul possibile impatto di “quota 100” sul pubblico impiego. E riguarda i 160mila dipendenti della Pa che la utilizzerebbero. Ma rischia di essere sottodimensionato se è vero che solo tra medici, docenti e infermieri si rischia di arrivare a 140mila unità. Al punto che il bacino complessivo potrebbe addirittura superare le 300mila unità.

Una stima comparto per comparto ancora non esiste. Per farci un’idea della platea potenziale possiamo partire dal Conto annuale 2016 della Ragioneria generale dello Stato. All’epoca nella fascia d’età 60-64 anni risultavano 440mila dipendenti. Ed è a loro che bisogna guardare. Sottraendo i 62mila trattamenti liquidati dall’Inps l’anno scorso resterebbero circa 380mila addetti nel 2018 con un’età superiore a 62anni. Molti dei quali potrebbero approfittare di una delle finestre d’uscita che si apriranno da febbraio 2018.

Un conto ufficiale ancora non c’è. Ma dalle parti di viale Trastevere circola un numero choc: a lasciare potrebbero essere 70-80mila docenti. Un turn over più che doppio rispetto ai 30mila di quest’anno, che non pochi problemi hanno determinato: su 57mila assunzioni in programma circa 25mila sono rimaste sulla carta. A causa della cronica mancanza di prof specializzati per alcune materie e in alcune aree del Paese. Come riempire quei vuoti? Con una maxi-selezione che si aggiungerebbe al concorso-sanatoria per infanzia e primaria e ai 10mila posti in più per il sostegno. Ma difficilmente ci si riuscirebbe entro l’inizio del prossimo anno scolastico.

In ambito sanitario l’emergenza rischia di essere ancora più grave. Gli infermieri sono la categoria su cui “quota 100” impatterebbe di più. Già oggi mancano circa 53mila unità di personale: la formula “38+62” ne farebbe uscire 39mila soltanto nel primo anno di applicazione. Una cifra che contribuirebbe a creare una voragine di 90mila unità di personale nel solo 2019. A lanciare l’allarme è la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). La cui presidente, Barbara Mangiacavalli, mette in guardia sui rischi concreti per i cittadini: «Abbiamo il dovere di sottolineare l’acuirsi di una crisi nella gestione dell’organizzazione e dell’assistenza sanitaria, che avrà ripercussione non solo sul lavoro dei professionisti, ma soprattutto sulla salute delle persone». Oggi la media in Italia è di undici pazienti per infermiere, a fronte di una soglia ideale di sei pazienti per professionista, che si stima consentirebbe di abbattere la mortalità del 20 per cento.

Anche sul fronte dei medici la prospettiva “quota 100” non è certo rosea, considerando il combinato disposto tra blocco del turnover e gobba pensionistica. Attualmente – è il bilancio elaborato dall’Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri – escono dal Servizio sanitario nazionale per quiescenza i nati nel 1952/1953. Con la riforma l’uscita interesserà in pochissimo tempo i nati tra il 1954 e il 1957: più di 25mila tra medici e dirigenti sanitari, coincidendo con la parte della curva pensionistica che presenta le frequenze più alte. La riforma determinerebbe in un solo anno l’acquisizione del diritto al pensionamento di ben quattro “scaglioni”. E i processi previdenziali saranno così rapidi, avvertono ancora i medici, da impedire il trasferimento di esperienze e di pratica clinica. Come nel caso degli infermieri, «i 25mila medici in uscita dal Ssn con “quota 100” andranno a sommarsi – spiega il segretario nazionale Anaao Carlo Palermo – alle oltre 7mila unità di personale già venute meno dal 2010 al 2016, secondo quanto certificato dal Conto annuale dello Stato. A questo punto aspettiamo risposte concrete dal Mef e dalla Funzione pubblica. Il governo deve mettere in campo le misure necessarie per accelerare l’entrata nel sistema di tutti i medici che si specializzeranno, attraverso l’apertura dei concorsi e anticipando il meccanismo delle assunzioni». Proposte a cui stanno lavorando Regioni e ministero della Salute, ma che si scontrano con la consueta “coperta troppo corta” delle risorse in arrivo per la Sanità: un miliardo in più – già stanziato dalla scorsa legge di Bilancio – per il 2019.