L’opzione economico-sociale del liceo delle Scienze umane sia il settimo liceo indipendente nel panorama scolastico italiano

da Il Sole 24 Ore

L’opzione economico-sociale del liceo delle Scienze umane sia il settimo liceo indipendente nel panorama scolastico italiano
di Enrico Castrovilli *

Nelle scuole secondarie del nostro paese l’insegnamento dell’economia, sia di quella politica che di quella aziendale, è collocata in una sorta di hortus conclusus. L’economia politica o generale è studiata dal 2,5% dei ragazzi frequentanti l’opzione economico-sociale del liceo delle Scienze umane (opzione anche chiamata liceo economico sociale Les), quella aziendale (assieme a quella politica) dall’11,5% di studenti degli istituti tecnici economici Ite, pochissimi sono gli iscritti agli istituti orofessionali per i servizi commerciali. Tutti gli altri studenti nei nostri licei, istituti tecnici e istituti professionali non hanno nel loro curricolo scolastico in specie negli ultimi tre anni dei loro corsi alcuna presenza di materie economiche. Paradossale.

Basterebbe scorrere i contenuti delle prime pagine dei giornali negli ultimi lustri, assistere alle discussioni dei talk televisivi, pensare a quali sono le principali necessità e preoccupazioni degli italiani per rendersi conto che l’economia è un alfabeto della moderna cittadinanza …. impresa, lavoro, Pil, reddito, spread, tasse …

Se si vuole essere in grado di capire quanto accade nel mondo contemporaneo, orientarsi tra le sfide e le opportunità dell’oggi, compiere le scelte della vita, esprimere i propri orientamenti politici, una adeguata conoscenza delle questioni economiche è assolutamente fondamentale.

E inoltre una buona dotazione di competenze economiche aiuta a capire aspetti altrettanto importanti, come quelli sociali, scientifici, storici o politici. La stessa educazione finanziaria alla quale il comitato presieduto da Annamaria Lusardi sta dedicando un apprezzabilissimo impegno, con le numerose iniziative realizzate con il Mese dell’educazione finanziaria, può assumere un impatto ancora più significativo qualora la finanza fosse più strettamente collegata a studi economici approfonditi.

Eppure un paio di mosse semplici per dare scacco matto all’ignoranza economica e finanziaria, quel vero e proprio spread educativo che connota il nostro paese, ci sono. La prima è quella su cui insistono da tempo le principali associazioni, enti e società scientifiche che si occupano di educazione economica nella società, nelle scuole, nelle università italiane. La mossa consiste nel rendere l’opzione economico-sociale del liceo delle Scienze umane un indipendente settimo liceo nel panorama scolastico italiano compiutamente dedicato alle Scienze economiche e sociali.

Il liceo delle Scienze umane, ovvero l’ex istituto magistrale sotto il quale il Dpr 89/2010 (il cosiddetto riordino Gelmini sui licei) ha accasato l’opzione economico-sociale, si è rivelato una casa troppo stretta per offrire lo spazio che meritano agli studi economici, sociali e giuridici nel nostro paese. Questa identica conclusione è stata fatta propria dal recente monitoraggio sui licei, condotto dal Miur in base all’art.12 del riordino liceale Gelmini. Il monitoraggio propugna con una seria di motivazioni l’acquisizione di una piena indipendenza per l’opzione economico-sociale. Innanzitutto le materie di indirizzo e il Profilo educativo, culturale e professionale (il Pecup) dell’opzione economico-sociale sono dotati di un’autonoma indubbia caratterizzazione.

L’uso del termine opzione economico-sociale nasconde le profonde differenze che esistono in termini di Pecup tra il Les (che ha un asse culturale fondato sulle scienze economiche, sociali e giuridiche) e il Lsu fondato invece sulle scienze socio-psico-pedagogiche: due famiglie troppo diverse per vivere bene assieme nella stessa casa.

Infine l’uso dell’espressione opzione economico-sociale del liceo delle Scienze umane è divenuto motivo di incertezza per studenti e famiglie in sede di orientamento, dato che l’opzione economico-sociale risulta assimilata al liceo delle Scienze umane, e quest’ultimo a sua volta è assimilato agli ex magistrali. I Les con la loro rete nazionale sono anch’essi dell’avviso che l’indipendenza del Lesdal Lsu potrebbe rendere gli studi liceali di economia più visibili e più apprezzati da ragazzi e famiglie.

Il modo per introdurre questa significativa novità nella scuola italiana sarebbe semplice: potrebbe essere contenuta nei regolamenti che il ministero dell’Istruzione deve preparare per aggiornare le norme de La Buona scuola.

La seconda mossa per dare scacco matto è un poco più laboriosa. La mossa in questo caso consiste nel migliorare i possibili sbocchi dei diplomati degli Ite, attualmente stretti nella tenaglia della ricerca subito dopo il diploma di un lavoro (quale lavoro? con quali competenze professionali?) oppure l’iscrizione a un corso universitario di 3 o 5 anni, alternativa che presenta notevoli costi opportunità. Non sarebbe invece utile sulla falsariga delle esperienze di paesi come la Francia e la Germania arricchire l’attuale offerta di Its con la definizione tra il diploma e la laurea di una serie di profili professionali intermedi, per preparare figure professionali nelle aree e negli ambiti amministrativi-gestionali di cui hanno oggi fame le imprese? Nei paesi citati la disoccupazione giovanile è un sotto-multiplo di quella italiana, forse non dipende anche dal fatto che in Italia i diplomati degli Its sono ogni anno 8.000 a fronte di quasi 800.000 in Germania e di 500.000 in Francia? Vogliamo allora dare scacco matto all’ignoranza economica?

*Associazione europea per l’educazione economica Aeee Italia