Può invalidarsi il procedimento elettorale?

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Può invalidarsi il procedimento elettorale?

di Cinzia Olivieri

Si sta concludendo nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado il definito “rito stanco” delle elezioni per il rinnovo dei consigli di istituto giunti a scadenza ovvero delle suppletive.
All’indifferenza che accompagna il procedimento in ormai numerosissime scuole, con insignificante e poco interessata presenza, si contrappongono casi virtuosi come quello di un istituto comprensivo di Boscoreale dove hanno votato circa 400 genitori o altri in cui i candidati, a prescindere dall’affluenza e lamentando vere o presunte irregolarità, auspicano l’annullamento dell’intera procedura per modificare per questa via il risultato.
Ebbene l’ordinanza ministeriale non appare prevedere tale ipotesi e neanche quella di un eventuale rinnovo straordinario delle elezioni.
Un caso tuttavia può ricorrere ad esempio laddove non risultino presentate liste di candidati oppure allorquando si rendono inutili le elezioni come per l’art. 17 comma 4 (per i convitti ed educandati) per cui ove gli insegnanti in servizio siano non superiori a sei per cui tutti fanno parte di diritto del consiglio, ovvero per l’art. 6 (parte II relativa al consiglio di classe, interclasse, intersezione sebbene il testo appaia avere carattere generale) “8. Nei casi in cui il numero degli elettori di un qualsiasi organo collegiale sia inferiore o pari al numero dei posti da coprire, tutti gli elettori fanno parte di diritto dell’organo collegiale di cui trattasi, ed i posti eventualmente non attribuiti rimangono scoperti”.
Il ministero con la sua circolare annuale fissa il termine delle operazioni e gli uffici regionali individuano le date, anche delle suppletive. I dirigenti formalmente le indicono avviando le procedure. Il procedimento è spiegato nell’ordinanza 215/91 e tutti possono conoscerlo verificando la regolarità delle singole fasi. Dunque il difetto di informazione non appare di rilevanza invalidante.
È l’ordinanza che in diversi momenti del procedimento contempla la possibilità di ricorrere per la risoluzione di eventuali irregolarità.
L’art. 28 disciplina i ricorsi alla commissione elettorale contro l’erronea compilazione degli elenchi degli elettori, entro il termine perentorio di 5 giorni dalla data di affissione all’albo dell’avviso di avvenuto deposito degli elenchi stessi. La commissione decide entro i successivi 5 giorni, sulla base della documentazione prodotta e di quella acquisita d’ufficio. Quindi gli elenchi definitivi, previa informativa all’albo, sono rimessi ai seggi elettorali allorquando si insediano e dati in visione a chiunque ne faccia richiesta.
In sintesi si propone il ricorso, la commissione lo verifica, provvede alle correzioni e rimette gli elenchi al seggio dandone informazione.
L’art. 34 contempla la regolarità delle liste. La commissione elettorale provvede a ridurre le liste che contengano un numero di candidati superiore al massimo consentito nonché a cancellare i nominativi dei candidati eventualmente inclusi in più liste e non tiene conto delle firme dei presentatori che abbiano sottoscritto altre liste presentate in precedenza. Qualora all’esito i presentatori risultino in numero inferiore a quello richiesto e nell’eventualità di ogni altra irregolarità riscontrata nelle liste, è affisso avviso all’albo con invito alla regolarizzazione entro tre giorni e comunque non oltre il terzo giorno successivo al termine ultimo di presentazione. La decisione è pubblicata entro 5 giorni dalla scadenza di detto termine e può essere impugnata entro due giorni dall’affissione con ricorso al “Provveditore agli Studi” (da intendersi ormai al direttore generale dell’ufficio regionale) che è deciso nei successivi due giorni. Le liste definitive sono affisse all’albo e quindi inviate ai seggi elettorali all’atto del loro insediamento.
A questo punto la fase preelettorale si è cristallizzata.
Dolo le votazioni si può ricorrere alla commissione (Art. 46) avverso i risultati delle elezioni entro 5 giorni dall’affissione degli eletti proclamati. La commissione elettorale decide entro 5 giorni dalla scadenza del termine sopra indicato, all’esito evidentemente provvedendo a correggere il risultato.
L’intero procedimento appare governato da un principio generale del nostro ordinamento che è quello di conservazione e della salvezza di atti e procedure.
Per questo ad esempio nell’esecuzione delle operazioni di scrutinio (art. 43) si deve cercare di interpretare la volontà dell’elettore, … in modo da procedere all’annullamento delle schede soltanto in casi estremi e quando sia veramente impossibile determinare la volontà dell’elettore (es: voto contestuale per più liste, espressione contestuale di preferenze per candidati di liste diverse) o quando la scheda sia contrassegnata in modo tale da rendere riconoscibile l’elettore stesso”. Dunque l’annullamento rappresenta l’extrema ratio.
Ma come può accadere che non si possa salvare il voto di una scheda, così sia impossibile determinare il risultato elettorale (ad esempio perché risultano un numero sensibile di schede superiore a quello dei votanti tale da influire in maniera determinante sul risultato elettorale).
Cosa accade in questi casi?
In assenza di chiare ed espresse indicazioni dell’ordinanza, deducendo dal sistema così delineato, la commissione elettorale dovrebbe limitarsi ad accertare i fatti ed a concludere per l’impossibilità di proclamare il risultato elettorale.
Le decisioni conseguenti dovrebbero essere adottate dal dirigente o dall’USR secondo competenza.
Occorre ricordare a questo punto che se l’annullamento dovesse riguardare una o più componenti per l’art. 37 del Dlgs 297/94 (analogamente è previsto anche dall’ordinanza ministeriale): 1. L’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza quanto meno fino alle suppletive dell’anno successivo e per l’art. 50 dell’OM 215/91 comma 2: “I consigli di circolo o di istituto possono funzionare anche se privi di alcuni membri cessati per perdita dei requisiti, purché quelli in carica non siano inferiori a tre, in attesa dell’insediamento dei nuovi eletti” ed è sempre possibile nelle more procedere alla nomina di un commissario straordinario ai sensi dell’art. 9 CM 177/1975.