Caos docenti di sostegno

Il Sole 24 Ore del 26-11-2018

Caos docenti di sostegno: cattedre vuote e uno su tre senza specializzazione

In un noto istituto alberghiero della Brianza, in Lombardia, capita che un giovane fresco di diploma venga assunto proprio dalla scuola che ha frequentato. In quale ruolo? Come docente di sostegno. In Veneto invece alcune cattedre di sostegno sono state assegnate a infermieri. In altre regioni a ragionieri, periti agrari, con in tasca il diploma di scuola superiore.

Succede in Italia, da qualche anno a questa parte. Tutte queste scelte – piuttosto originali – non sono frutto della “follia” di qualche preside, ma piuttosto dalla disperazione di fronte a due fenomeni che insieme creano scompiglio: il numero crescente di ragazzi con problemi di disabilità e la carenza (drammatica) di insegnanti di sostegno con la specializzazione in tasca.

Su un totale di poco più di 141mila cattedre complessive per l’anno scolastico in corso, circa 50mila sono state “coperte” – spesso in ritardo rispetto al suono della prima campanella – con personale attinto dalla seconda o terza fascia, spesso diplomati (i cosiddetti insegnanti tecnico pratici) o laureati non abilitati all’insegnamento.

La Cisl scuola, in un dossier dedicato, parla dei “paradossi del sostegno”. “I paradossi non mancano – sottolinea la segretaria generale Lena Gissi – dallo scarto notevole tra il fabbisogno stimato e quello effettivamente rilevato, che condanna migliaia di insegnanti a una sorta di precarietà strutturale; alla limitata offerta formativa per l’acquisizione dei titoli dei specializzazione, mentre si è costretti ad assegnare i tre quarti delle supplenze a docenti non specializzati”.

In base ai dati del ministero dell’Istruzione sono stati coperti con assunzioni in ruolo, quest’anno, solo il 13% dei posti disponibili: 1.682 assunzioni a fronte di 13.329 posti vacanti e tutti disponibili per nomine in ruolo. La percentuale di “scopertura” è dell’87% per mancanza di candidati in possesso del titolo.

“Il ministero assegna i posti di ruolo a chi ha tutte le carte in regola – spiega Gissi -. Il resto delle cattedre che restano scoperte sono una “patata bollente” in mano alle scuole che sono costrette ad attingere dalle graduatorie di seconda fascia e terza fascia, dove non ci sono profili abilitati al sostegno”. Si tratta poi di contratti a tempo determinato.

La situazione è particolarmente critica nelle Regioni del Nord. Dal Veneto, Sandra Biolo, segretaria Cisl scuola denuncia:  “Mentre si riduce il totale degli alunni, cresce invece la quota di quelli che necessitano di un insegnante di sostegno e tra questi i disabili gravi. A questa richiesta si risponde certamente con un aumento dei posti per docenti di sostegno che però saranno coperti da personale senza la specializzazione. I docenti con titolo passeranno quindi dal 55% del totale al 50%: un altro ulteriore passo indietro che non giova a nessuno”.

Mancanza di titoli tra i supplenti.
Nel dossier della Cisl scuola risulta che su 67.990 supplenze assegnate nel 2017/18 appena 16.833 è andata a docenti specializzati, mentre ben 51.107 (il 75,2% del totale) ha riguardato figure non specializzate. è in questo gruppo che si concentrano i casi più eclatanti, come gli insegnanti di laboratorio che in teoria si dovrebbero dedicare alle attività pratiche in compresenza con altri docenti, ma che invece vengono destinati (senza alcuna competenza specifica) a occuparsi di studenti con problemi di apprendimento.

L’imbuto dei percorsi di specializzazione.
Interessante vedere, sottolinea il rapporto della Cisl scuola, come è stata fin qui gestita l’attivazione dei percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità istituiti ai sensi dell’articolo 13 del decreto ministeriale 249/2010 (il cosiddetto Tfa di sostegno, di durata annuale, con costi di iscrizione che si aggirano intorno ai 3mila euro).
Sulla base di un fabbisogno stimato in 21.159 posti per il triennio 2012/2015, il Miur ha attivato nel 2014 un ciclo di Tfa di sostegno per soli 6.318 aspiranti e successivamente un ulteriore ciclo, nel 2015, per altri 6.610, restando dunque ben al di sotto delle quantità ipotizzate come necessarie.
Nel 2017, senza alcun aggiornamento nelle stime previsionali fatte nel 2012 – sostiene il sindacato – è stato attivato l’ultimo ciclo, conclusosi a metà del 2018, per 9.639 partecipanti. S e ne deduce che su un fabbisogno riferito al triennio 2012/15 è stato necessario attendere sei anni prima di veder conclusi i percorsi formativi ritenuti necessari.

Le soluzioni del Miur.
Una (parziale) boccata di ossigeno potrebbe arrivare dalla legge di bilancio, all’esame del Parlamento, che oltre a modificare il sistema di reclutamento della scuola secondaria di primo e secondo grado, interviene sui requisiti di accesso ai corsi di specializzazione su sostegno.
Per il sostegno gli scritti dovrebbero scendere da tre a uno – come si legge sul Sole 24 Ore del 4 novembre – e si darà peso a pedagogia speciale, didattica per l’inclusione scolastica e relative metodologie, accanto all’orale.
E’ stato inoltre bandito a inizio novembre il bando di concorso straordinario per posti comuni e di sostegno nella scuola dell’infanzia e primaria che porterà alla formazione di graduatorie di merito straordinarie. I posti in palio sono 10mila: per il sostegno, oltre ai requisiti del titolo di studio e delle due annualità di servizio, è richiesto anche il titolo di specializzazione sul sostegno.
Numeri piccoli che si confrontano anche con le possibili uscite extra che la nuova quota 100 allo studio del governo potrebbe permettere anche nel mondo della scuola.
Mancano docenti di ruolo.

di Francesca Barbieri