La spending review a scuola

La spending review a scuola

 di Stefano Stefanel

La scuola si riteneva estranea al problema della spending review dopo i tagli operati dai Ministri Gelmini-Tremonti, che, insultati da tutto il mondo della scuola, tagliavano organici che altrimenti sarebbero stati tagliati poco dopo. In realtà alla base dell’idea che la scuola italiana ha di se stessa c’è il rapporto tra la sua storia e i diritti civili. La scuola nel suo complesso ritiene che i livelli di personale e ore raggiunti dalla scuola italiana e che non hanno eguali nel mondo siano dei diritti civili acquisiti (per qualcuno costituzionali) che non possono essere toccati. Così quando qualcuno li taglia o comincia a farlo non si discute più sulla loro equità (tagliamo dove non c’è bisogno di tutto quell’organico e di tutto quel tempo scuola), ma solo sull’attacco portato allo stato di diritto o ai diritti costituzionali. La spending review arriva in mezzo a tutto questo: tutti chiedono di tagliare gli sprechi, ma quando questi vengono tagliati (troppi piccoli ospedali, troppe province, troppi statali, ecc.) ci si accorge che gli sprechi ci sono, ma anche che quelli che lavorano a quegli sprechi in realtà sono lavoratori come gli altri. Detto insomma che una spending review senza licenziamenti e senza dolorose rinunce è impossibile, si può cercare di capire se quella attuata nei confronti della scuola dal D.L. del 6 luglio 2012 abbia qualche possibilità di successo.

QUELLO CHE NON C’E’

Una spending review possibile è quella che non c’è. Dunque prima di parlare di quella che c’è faccio alcuni esempi di quella che non c’è e che se attuata produrrebbe grandi risparmi. Lo faccio perché forse il raffronto tra le due spending review possono dare il polso della reale situazione della scuola italiana. Porto alcuni esempi di azioni sulla spesa che ritengo porterebbero notevoli risparmi e che dovrebbero avvenire per via legislativa intervenire anche su materie contrattuali:

–      eliminazione degli Ambiti territoriali (ex Usp, ex Csa, ex Provveditorati) lasciando ad ogni Regione un solo ufficio periferico del Miur con una sola sede;

–      recupero per le “ore eccedenti” delle ore non prestate dai docenti, ma contrattualizzate (faccio i conti “a soldoni”: ogni docente viene pagato per 52 settimane, 7 sono di ferie, due sono d’esami o di scuola dell’infanzia anche se non per tutti, l’anno scolastico dura 34 settimane: diciamo che ce n’è almeno 7-8 per docente pagate e non lavorate);

–      trasformazione dell’orario di lavoro in un unico tempo da dare alla scuola in base alla sua organizzazione e senza distinzione tra ore di insegnamento e ore funzionali in modo che ci lavora all’organizzazione debba stare meno in classe (anche qui fornisco il numero a occhio: 52 settimane per le ore contrattuali – 18 – 24 o 25 a seconda del grado di scuola – più 80 ore per docente, più il tempo per scrutini, valutazione ed esami, correzione compiti, ecc. che si può anche a questo punto conteggiare);

–      modifica dell’esame conclusivo del primo ciclo dell’istruzione sburocratizzandolo e snellendolo;

–      eliminazione dei distacchi pagati dal Miur (chi viene distaccato deve farsi pagare lo stipendio dall’ente che lo riceve);

–      eliminazione delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, ecc.: ogni scuola pubblica l’elenco dei posti disponibili e li assegna senza procedure provinciali con una sola procedura interna a chi fa domanda;

–      abolizione delle graduatorie permanenti e copertura di tutti i posti dell’organico di diritto man mano che si liberano con concorsi di scuola o di rete di scuole.

Mi fermo qui, ma come capisce subito chi lavora a scuola, molto altro si potrebbe fare. Ovviamente toccando un sistema di regole e garanzie che non funziona più, ma che non si vuole modificare per paura di toccare quelli che sono ritenuti “diritti civili”.

QUELLO CHE C’E’

Leggendo il D.L. 95/2012 trovo tutto altro, ma non sono convinto che ci saranno reali risparmi. Faccio alcuni esempi:

–      le pagelle on line: la carta se la compra la scuola con soldi suoi, inoltre se si scrive che il genitore può avere la copia cartacea possiamo arrivare all’assurdo che tutti i genitori chiedano la copia cartacea e che quindi si perda più tempo con protocollature, lettere di accompagnamento, ecc.;

–      i registri on line: le scuole comprano anche questi e non si capisce come fa lo Stato a guadagnarci qualcosa;

–      la valutazione dei dipendenti: anche qui credo si spenderà di più, perché sarà tutto un fare carte e progetti e slide e relazioni;

–      trasferimenti alla tesoreria statale: credo che saranno così pochi i soldi trasferiti che il bilancio dello Stato non se ne accorgerà neppure;

–      inserimento in organico ata dei docenti fuori ruolo: si produrranno dei risparmi, collegati a lamentele in quanto quel personale non-ata è accettato dagli ata solo perché in soprannumero; un certo risparmio qui dovrebbe esserci, anche se non mi è noto il numero dei docenti posti fuori ruolo;

–      stretta sulle supplenze: credo non sortirà a nulla, anche perché le carte relative alle supplenze sono sempre corrette e se si danno troppe supplenze è perché troppi docenti o ata stanno assenti.

Mi sfugge perché con un linguaggio difficile, contorno, astruso si siano raccattatati quattro soldi dalla scuola non toccando i veri centri di spesa. O forse non mi sfugge