W. Trevor, La sala da ballo e altri racconti

Improvvisamente Trevor

di Antonio Stanca

Una grossa sorpresa è stata vedere Domenica scorsa, 8 Luglio, il nome di William Trevor esposto in edicola. Suo era il breve volume La sala da ballo e altri racconti comparso insieme a “Il Sole 24 ORE” nella serie “I LIBRI della DOMENICA” che da tempo è stata promossa dal giornale. Una sorpresa perché faceva sapere che ancora era in vita uno scrittore così vecchio e così importante, invitava a ricordarlo, a pensare alla sua fama. Il volume contiene tre racconti dello scrittore irlandese che è nato a Mitchelstown, County Cork, nel 1928 in una famiglia agiata di religione protestante. Fin da bambino ha seguito gli spostamenti della famiglia in diversi posti dell’Irlanda come richiesto dalla banca presso la quale il padre lavorava. Trevor ha studiato in Irlanda, si è laureato in Storia presso il Trinity College di Dublino, ha insegnato Storia nel suo paese. Nel 1952, quando aveva ventiquattro anni, a causa delle disagiate condizioni economiche nelle quali versava la nazione, si è trasferito in Inghilterra. Qui ha insegnato Arte, si è dedicato per un certo tempo alla scultura, si è sposato, ha avuto due figli, ha lavorato presso agenzie pubblicitarie ma a partire dal 1958 la scrittura ha rappresentato il suo interesse maggiore. Ha cominciato scrivendo romanzi e novelle che gli hanno procurato un notevole successo e numerosi riconoscimenti. Molto note sono diventate opere quali The Old Boys del 1964, un romanzo che gli ha fatto meritare il prestigioso Premio per la letteratura Hawthornden. Per tre volte ha vinto il Premio Whitbread, per cinque volte è stato nominato per il Booker Prize, nel 2001 gli è stato assegnato il Premio internazionale di letteratura irlandese, nel 2002 dalla regina Elisabetta II è stato nominato Cavaliere per i servizi resi alla letteratura. Altri riconoscimenti ha ricevuto, alcuni suoi romanzi sono stati adattati per la televisione, da altri sono stati tratti dei film. Trevor è anche autore di opere teatrali ma la sua fama è legata soprattutto ai racconti dei quali ha cominciato a pubblicare raccolte nel 1967. Tra gli autori contemporanei di racconti in lingua inglese è considerato uno dei maggiori. Riesce meglio che nei romanzi perché in uno spazio pur breve costruisce vicende molto articolate, in un tempo limitato colloca molte situazioni e soprattutto perché tendendo la sua scrittura ad essere precisa, essenziale, a non accogliere artifici formali, più idonea risulta alla narrazione breve.

Circa i temi va osservato che Trevor nei racconti scrive di ambienti inglesi, a volte irlandesi ed in entrambi mostra un’umanità offesa nei suoi principi, nei suoi valori, un’umanità rimasta ai margini dei grossi movimenti politici, economici, delle grandi trasformazioni sociali che hanno interessato il mondo moderno a livello individuale e collettivo. Suoi protagonisti sono generalmente donne che vivono in condizioni di arretratezza economica, culturale, che stanno lontano da quanto avviene fuori dalla loro casa, dalla loro famiglia, che di queste soffrono i problemi causati dalla povertà, dall’ignoranza, dalla malattia, dalla morte e che li vedono come impossibili da risolvere. Quelle donne vorrebbero modificare la loro condizione, cercano di farlo ma sono inesorabilmente costrette a riconoscerla come definitiva. Non mancano l’umorismo e l’ironia in Trevor ma il riso che suscitano è quello amaro che può provenire dalla consapevolezza di un dramma inevitabile.

Nei tre racconti del recente libretto, intitolati La sala da ballo, Il signor McNamara, Luna di miele a Tramore e ambientati in Irlanda, si dice, nel primo, di una ragazza ormai matura che vuole trovare marito, nel secondo di un giovane che dopo la morte del padre scopre la sua vita segreta, nel terzo di un agricoltore che sposa la figlia del suo datore di lavoro che è in stato di gravidanza senza che si capisca a chi attribuirlo. Nel primo caso si è negli anni ’50 sulle colline irlandesi ed a cercare marito è Bridie, una signorina di trentasei anni, che dopo la morte della madre vive sola col padre, lo accudisce essendo egli privo di una gamba e svolge i lavori richiesti dalla loro fattoria. Il sabato sera, però, Bridie si reca in bicicletta in una “sala da ballo” che dista alcuni chilometri da casa e dove per anni, insieme ad altre coetanee, ha cercato l’uomo che aveva pensato potesse diventare suo marito. E’ stata ingannata da molti ed anche dall’ultimo nel quale aveva creduto. Non le è rimasto che accettare la sua vita nella fattoria insieme al padre invalido.

La seconda vicenda si svolge tra un piccolo centro presso Dublino e questa città negli anni della seconda guerra mondiale. In una famiglia composta da sei persone, i genitori e quattro figli, dei quali tre femmine, il padre, che lavora a Dublino e non rientra ogni giorno a casa, racconta loro di trascorrere il tempo libero dal lavoro insieme al signor McNamara, parla della famiglia di questo, riporta i suoi discorsi e addirittura si dice da lui incaricato a portare a casa dei regali in occasione di qualche ricorrenza. Morto il padre, il figlio, diventato giovane, scoprirà che il signor McNamara non esiste e che la tanto citata persona amica del padre era la sua amante, scoprirà che gravemente ingannati si devono considerare lui, la madre e le sorelle da simile comportamento. Nell’ultimo racconto l’ambiente è di nuovo quello della campagna irlandese e i tempi quelli dei primi anni ’50. Quando aveva quindici anni Davy aveva lasciato l’orfanotrofio perché prelevato dal padre di Kitty che aveva bisogno di aiuto nel lavoro dei campi. Col tempo Davy si era innamorato di Kitty e quando lei aveva trentatrè anni e lui trentacinque si erano sposati perché gravida aveva scoperto di essere Kitty senza capire chi aveva abusato di lei. Un’altra violazione era stata commessa ai danni di persone umili, semplici, un’altra donna era stata oltraggiata da uomini prepotenti, arroganti, insensibili e Trevor ne aveva fatto un altro esempio di quella femminilità offesa che tanto ricorre nei suoi lavori, l’aveva rappresentata insieme all’ambiente, alle persone che vi facevano parte, ai loro costumi, ai loro pensieri, alle loro azioni, a tutto quanto avveniva intorno. Un universo aveva fatto emergere nel breve percorso di un racconto e con un procedimento che si arricchisce sempre più senza mai appesantirsi perché sempre chiaro, lineare. Così anche quando si tratta di complicati processi interiori. E’ la sicurezza espressiva propria di Trevor, la sua padronanza del linguaggio a fargli ottenere simili risultati. Sono le qualità che meglio emergono nei racconti e fanno di questi l’aspetto migliore dell’intera produzione dello scrittore, sono i mezzi da lui usati per ottenere i significati che si propone, per far acquistare alla realtà rappresentata una dimensione più estesa, per raggiungere una verità che non si esaurisce nel presente poiché si carica di passato, di storia, testimonia di situazioni che si verificano da secoli, vuole essere la loro denuncia, vuole operare per il loro riscatto. Di carattere morale, sociale è l’impegno dello scrittore, di una condizione umana eternamente offesa vuole egli dire e tra quanto avviene e quanto vorrebbe che avvenisse rimane sospesa la sua scrittura. Mai si mostra acquietata, appagata poiché mai può trattare di una soluzione e come i suoi personaggi è sempre alla ricerca di essa. Con una vita incompiuta s’identifica l’opera di Trevor, quella vuole essere e difficile risulta ancora trovare ascendenze, precedenti al suo caso di scrittore, ancora soltanto suo rimane.