L’educazione civica all’odio

da la Repubblica

Chiara Saraceno

Giusto preoccuparsi che si imparino fin da bambini le regole della convivenza civile, quindi innanzitutto del rispetto per gli altri, dell’impegno per il bene comune, e che si arrivi all’età adulta avendo una conoscenza degli istituti che regolano la nostra democrazia e dei princìpi fondamentali della Costituzione. È un tema che viene periodicamente sollevato, specie da quando è stata accantonata per manifesta inutilità l’ora di educazione civica a scuola. È anche stato ed è oggetto di molte iniziative, norme, proposte di legge. Sarebbe, anzi, opportuno effettuare una ricognizione sistematica per verificare sia i contenuti di queste iniziative sia la loro efficacia. Come spesso succede, invece, è più facile, dà più visibilità, formulare un nuovo progetto, una nuova proposta di legge. Tocca ora, dopo l’Anci, alla Lega di governo, con la proposta di legge intesa a introdurre un’ora obbligatoria di educazione civica dal primo anno di scuola dell’infanzia fino al termine della scuola media superiore. Sarebbe normale routine parlamentare, se non fosse che tra i firmatari, accanto al ministro dell’Istruzione, ci sono il ministro dell’Interno e quello della Famiglia. Il ministro che più abusa del linguaggio dell’odio e sottopone i propri oppositori alla gogna pubblica, che dileggia i migranti sui barconi, incoraggia la discriminazione nei confronti degli stranieri non comunitari, anche se legalmente residenti, in nome della famiglia naturale nega ai figli di coppie dello stesso sesso il diritto ad avere due genitori. E il ministro che ha fatto della difesa della cosiddetta famiglia naturale e dell’attacco a ogni iniziativa scolastica che insegni il rispetto per le differenze di sesso e genere una delle proprie bandiere. Vista l’idea di “rapporti civili” e di “rispetto” dimostrata da almeno due dei proponenti, viene da chiedersi che idea di “convivenza civile” abbiano in mente, e dove pongano il confine sul rispetto dei valori costituzionali e della stessa legalità. Il rispetto, il dialogo, la legalità varranno solo tra autoctoni, eterosessuali, cattolici praticanti (ma non ecumenici)? Bisognerà insegnare che chi appartiene a una famiglia “non naturale”, o è omosessuale, o, a prescindere dall’orientamento sessuale, non si comporta da ” vero uomo” o ” vera donna”, o ha abitudini diverse dalla maggioranza va condannato, o comunque può essere discriminato o insultato impunemente? Che il mondo si divide in ” noi” e ” loro”? Anche concedendo il beneficio del dubbio, non credo che per raggiungere l’obiettivo di formare cittadini civili e informati l’ora obbligatoria di educazione civica sia il mezzo più efficace. Tanto più se in essa vengono inseriti i contenuti più vari, dall’educazione stradale alla conoscenza della Costituzione, con il rischio di farla diventare un contenitore insieme residuale e generico, da cui pescare casualmente a seconda dell’interesse del docente responsabile. Meglio focalizzarsi allora — per i ragazzi più grandi — sulla conoscenza non mnemonica della Costituzione, dei valori che l’hanno ispirata, di come trova o non trova attuazione in una società in cambiamento. L’educazione al rispetto, non solo delle regole, ma di sé e degli altri, dovrebbe invece essere trasversale ai processi formativi, non affidata a una particolare materia. Certamente è insensata una materia ad hoc per i più piccoli, già esposti, ahimè, a lezioni di religione o ” materia alternativa” di cui è difficile capiscano il senso, salvo quello di una prima distinzione tra “noi” e “loro”.