Test Invalsi sì/no

Test Invalsi sì/no

di Maurizio Tiriticco

Chiara Saraceno interviene su “la Repubblica” di oggi sul possibile “smantellamento” dell’Invalsi previsto dal disegno di legge sulla semplificazione. In effetti, se l’Invalsi diventa un organo ministeriale, ne va di fatto della sua indipendenza.

Attualmente l’Invalsi, per norma, “è soggetto alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione, che individua le priorità strategiche delle quali l’Istituto tiene conto per programmare la propria attività”. Ma “la valutazione delle priorità tecnico-scientifiche è riservata all’Istituto”.

Dell’Invalsi e delle sue attività mi sono più volte occupato, e tra l’altro ho sempre sottolineando il fatto che l’istituto propone ed impone agli studenti prove di cui loro non conoscono né la natura né il fine docimologico. E ciò anche e soprattutto perché sono i nostri stessi insegnanti, in larga maggioranza, che in fatto di docimologia sono assolutamente digiuni. In effetti, nelle prove valutative scritte e orali proposte agli studenti non adottano mai o quasi criteri e strumenti che la docimologia indica e prescrive come oggettivi.

Ad esempio, difficilmente un insegnante produce e propone ai suoi alunni un test sulla vicenda napoleonica o sul nostro Risorgimento o sulle guerre puniche, che sia costituito, ad esempio, di trenta item con quattro uscite ciascuno, di cui una sola sarebbe quella vera. Eppure, con una sola prova, “interrogherebbe” tutti i suoi alunni!

E non solo! Potrebbe anche dichiarare ai suoi alunni che il test è molto difficile, per cui considererà la prova superata (in altri termini, sufficiente), se sui trenta item almeno quindici risultino corretti.

Oppure potrebbe dichiarare che la prova è abbastanza facile, per cui sarebbe superata solo se risultassero corretti almeno venti item. Insomma, le scelte sarebbero tante, sia in sede di compilazione del test, che in sede sia di misurazione (che è quella che è, cioè la conta degli errori), che di valutazione (il giudizio che l’insegnante intende adottare in considerazione anche di altre variabili).

In effetti, è opportuno ricordare che tra il misurare e il valutare corre una grande differenza.

Due esempi, banali, ma ricorrenti. L’insegnante dice all’alunno: “Nel compito hai commesso tanti errori! (misurazione) Come mai? Da te non me lo sarei mai aspettato!” (valutazione). Oppure: “Come mai hai commesso un solo errore nel compito? (misurazione) Di’ la verità! Hai copiato?” (valutazione).
E il discorso potrebbe continuare!

Tutto ciò serve anche a dimostrare che non è affatto vero quanto pensano molti insegnanti: cioè che le prove oggettive sono limitative perché certificherebbero solo la memoria. Il che è anche vero, ma solo sotto un certo profilo: un alunno può conoscere a menadito l’intera vicenda napoleonica, ma non averne compreso il significato in termini di cause, conseguenze economiche, sociali e quant’altro.

All’obiezione si oppone il fatto che una prova test (ad esempio, quesito a quattro uscite di cui una sola vera) può insistere non solo su vicende, ma anche su considerazioni, valutazioni, riflessioni, opinioni.

Il fatto in realtà è un altro: che elaborare una prova test non è affatto una cosa facile. Ai nostri futuri insegnanti in genere si propongono test, ma non si insegna mai loro come si confezionano.

Concludendo: l’errore statutario (potremmo dire) delI’Invalsi è quello di “invadere” le scuole con strumenti che le scuole poco conoscono e poco adottano. Ed ora? Che cosa accadrà? Non so!

Riporto quanto scrive la Saraceno al termine delle sue riflessioni: “Temo che con la cancellazione dell’Invalsi o la sua trasformazione, da organismo indipendente ad ufficio del Miur, non prevarrà chi si batte per una scuola più giusta e più attenta allo sviluppo di ciascun bambino e ragazzo, quindi anche più attenta a compensare le disuguaglianze di contesto e famigliari.

Al contrario, il Miur non si troverà più nell’imbarazzante situazione di sapere che l’uguaglianza rispetto all’istruzione è lungi dall’essere attuata, ma di non fare nulla. Potrà continuare a non fare nulla sotto il ‘velo dell’ignoranza’, evitando di essere valutato esso stesso”.