P. Cognetti, Senza mai arrivare in cima

Cognetti scrive della montagna

di Antonio Stanca

Nato a Milano nel 1978, Paolo Cognetti ha quarant’anni. Ha cominciato a scrivere nel 2003 dopo aver lasciato gli studi universitari e mentre si dedicava alla realizzazione di documentari di carattere politico, sociale e letterario. Anche la realtà americana e in particolare quella di New York rientreranno tra i suoi interessi di documentarista. Nel 2016 è uscito il suo primo romanzo Le Otto Montagne che avrebbe avuto molti premi, nel 2017 il Premio Strega, e molte traduzioni. Il racconto, però, sarebbe rimasto il genere letterario preferito dal Cognetti e il tema della giovinezza e del suo difficile rapporto col mondo d’oggi quello più ricorrente.

   Lo scrittore vive tra la città e una baita a duemila metri di altezza. Ha compiuto delle lunghe traversate in montagna e dell’ultima ha fatto l’argomento del romanzo Senza mai arrivare in cima (Viaggio in Himalaya), pubblicato quest’anno dalla Einaudi di Torino. La traversata descritta è stata effettuata in carovana, è avvenuta sull’altopiano di Dolpo, una zona della catena montuosa dell’Himalaya tra il Nepal e il Tibet, l’altezza massima raggiunta è stata di cinquemila metri ed oltre. Con questa impresa Cognetti ha voluto celebrare il suo quarantesimo compleanno. A muoverlo verso questo viaggio, a suscitare la sua curiosità per quelle zone del continente asiatico era stato un libro, Il leopardo delle nevi, pubblicato nel 1978, lo stesso anno della sua nascita, dallo scrittore americano Peter Matthiessen, nato nel 1927 a New York e morto nel 2014 a Sagaponack. Scrittore e naturalista oltre che grande viaggiatore era stato il Matthiessen. Anche lui aveva amato la montagna, ne aveva percorso lunghi tratti e in quell’opera aveva scritto di un viaggio compiuto tra le montagne dell’Himalaya. Cognetti nel suo viaggio porta con sé il libro, lo ha letto più volte e continua a leggerlo la sera prima di dormire quando nella tenda rimane con un suo compagno. Lo legge anche per lui ad alta voce.

   Tra mulattieri, personale specializzato per montare e smontare il campo, guide e viaggiatori, sono circa cinquanta le persone che costituiscono la carovana dello scrittore. Molti sono i muli che trasportano quanto necessario. Si cammina di giorno e si riposa di notte. In tenda Cognetti appunta quanto visto, a volte lo disegna, pensando al libro che ne avrebbe ricavato, quello, cioè, appena pubblicato che si compone, appunto,di scrittura e di disegni. Abile è stato lo scrittore nel rendere, in questolibro, la bellezza di certi paesaggi, nel riportare la particolarità di certi posti completamente ed eternamente disabitati, fatti soltanto di terra, acqua, alberi, erba, animali, e di altri abitati, paesi, villaggi, città, case, strade, alcune allo stato selvaggio, altre raggiunte dal processo di civilizzazione.

  Dal libro del Matthiessen Cognetti molto apprende circa il passato di quei luoghi ma molto pure gli viene dalle guide e inebriato si sente nel venire a contatto con quanto di misterioso, di leggendario era sempre rimasto per lui. Sta assaporando il fascino, l’incanto dei monti più lontani, più alti, dei torrenti più articolati, dei fiumi più lunghi, delle valli più estese, dei laghi più profondi, degli animali più rari, degli abitanti più nascosti, degli usi più primitivi, sta vivendo la meraviglia di un mondo che è ancora intatto, che sempre uguale è rimasto nei secoli e puro, immacolato si offre a chi vi giunge da lontano, a chi non c’era mai stato.

   La storia, il mito, la leggenda, la favola, la religione, la divinità, la vita, la natura: ancora senza confini sono rimaste, ancora non sono state separate, in ognuna ci sono tutte le altre.

  Di questa magia, di questa maestà rende partecipi il libro del Cognetti e lo fa dicendo semplicemente del suo viaggio tra luoghi e tempi che vivono ancora di quella spiritualità, di quella sacralità ovunque smarrite. Lo scrittore col suo viaggio ha scoperto il tesoro nascosto e lo ha offerto a chi lo vuole, lo cerca. Dell’ampiezza, dell’estensione da lui raggiunte partecipa anche chi lo legge. Le sue conoscenze, le sue visioni, i suoi ascolti, i suoi contatti, le sue esperienze diventano anche del lettore. Tutto quanto di quell’Asia visitata trapassa in questi tramite lo scrittore. Non ci si stanca mai di leggere il libro, ci si rammarica quando lo si finisce poiché con esso non si è soltanto saputo, imparato ma si è anche vissuto in modo diverso.

   Chiaro è il linguaggio dell’opera, nessuna complicazione giunge mai a disturbarlo.   Scrittore vero è Cognetti di cose vere!