Sostegno in mano ai generalisti

da Italiaoggi

La specializzazione manca al 36% dei circa 156 mila insegnati di sostegno. La continuità didattica non è garantita al 41% alunni disabili che ogni anno si vede cambiare il docente di sostegno. Al palo l’uso della tecnologia per l’inclusione scolastica, nonostante la scuola digitale. Impietoso il quadro dipinto dall’Istat nel report sull’inclusione scolastica nell’anno scolastico 2017/18, pubblicato la scorsa settimana (www.istat.it).

Circa 56.160 docenti di sostegno, il 36% del totale, vengono selezionati dalle liste curricolari, poiché la graduatoria degli insegnati specializzati per il sostegno non è sufficiente a soddisfare la domanda. Un fenomeno più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota sale al 49%. Mentre si riduce considerevolmente nel Mezzogiorno scendendo al 21%.

Il numero di ore settimanali di sostegno assegnate in media a ciascun alunno dei 272.167 con disabilità (il 3,1% del totale degli iscritti) ammonta complessivamente a 13,7. Dotazione maggiore nella primaria:15 ore, contro le 11,9 alle medie. Più ore nelle scuole del Mezzogiorno, mediamente 3 ore settimanali in più rispetto a quelle rilevate al Nord. Tuttavia, negli ultimi cinque anni le ore di sostegno settimanali hanno subito un incremento del 14%: 1,7 ore in più a settimana per entrambi gli ordini scolastici. Un incremento su tutto il territorio, ma più alto nelle regioni del Centro, dove supera il 18% (2,2 ore in più a settimana), e minimo nel Mezzogiorno (10%, 1,3 ore in più), che però registrava in partenza valori medi settimanali più elevati. «Nel complesso», osserva l’Istat, «malgrado l’aumento nella dotazione di ore a supporto della didattica, i bisogni degli alunni non sembrano ancora pienamente soddisfatti».

Dall’indagine, infatti, emerge che il 5% delle famiglie degli alunni con sostegno ha presentato ricorso al Tribunale civile o al Tar, ritenendo l’assegnazione delle ore non idonea a soddisfare il bisogno dell’alunno. Non è solo una questione di ore. La continuità del rapporto tra docente per il sostegno e alunno, infatti, non risulta ancora garantita: il 41% degli alunni ha cambiato insegnante rispetto all’anno precedente e il 12% nel corso dell’anno scolastico.

Per migliorare la qualità dell’apprendimento, poi, è importante che l’insegnante per il sostegno sia in grado di utilizzare la strumentazione adeguata. Fondamentale, allora, la formazione in tecnologie educative. Altro buco nero. Per l’anno scolastico 2017/2018 nel 13% delle scuole italiane nessun insegnante per il sostegno ha frequentato un corso specifico. Nel 61% soltanto alcuni, mentre nei restanti casi (26%) tutti i docenti hanno seguito almeno un corso. «In linea con il livello di formazione riscontrato si osserva uno scarso utilizzo della tecnologia da parte degli insegnanti per il sostegno», aggiunge l’Istat. In piena scuola digitale solo nella metà delle scuole italiane tutti gli insegnanti sono in grado di utilizzare la tecnologia a supporto della didattica inclusiva. Non solo.

Una scuola su quattro risulta carente di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con sostegno. E, contrariamente a quanto previsto per un percorso didattico inclusivo, la collocazione delle postazioni informatiche in classe risulta poco frequente, solo nel 43% delle scuole. «La qualità dell’azione formativa», osserva l’Istat, «può migliorare se all’insegnante per il sostegno vengono affiancate altre figure professionali specifiche, finanziate dagli enti locali». Ma questi assistenti sono circa 48mila, con un rapporto per alunno di 5,1.