L’istruzione, sfida del domani

L’istruzione, sfida del domani

di Maurizio Tiriticco

Da sempre sostengo che l’ISTRUZIONE (finalizzata all’acquisizione di CONOSCENZE), la FORMAZIONE (finalizzata all’acquisizione di ABILITA’ al fine di utilizzare le conoscenze nella vita e nel lavoro) e l’EDUCAZIONE (finalizzata all’acquisizione di comportamenti e COMPETENZE professionali e civiche), sono attività che investono tutti i nostri concittadini dalla nascita ed oltre e costituiscono fattori indispensabili per una comune convivenza civile e produttiva. E non è un caso che nel dpr 275 del lontano 1999, concernente l’avvio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si legga testualmente: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il SUCCESSO FORMATIVO, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”.
E non si tratta di richiami casuali! Infatti, Laura Montanari, in “la Repubblica” di oggi, in un articolo dal titolo “Cambiare rotta sulla formazione? Prove di futuro”, ci ricorda come impegni normativi quali quelli derivanti dall’applicazione del citato dpr, non siano pienamente soddisfatti. E scrive tra l’altro: “Se gli investimenti sull’istruzione non sono mai stati una priorità nelle nostre politiche, se il lavoro degli insegnanti era e resta sottopagato, se l’organizzazione scolastica risente di un eccessivo centralismo, il risultato è che i livelli educativi della popolazione italiana (in età di lavoro) sono mediamente bassi”. Mentre in realtà – e di norma – istruire, formare ed educare costituiscono i capisaldi per la costruzione di una convivenza civile e produttiva di una qualsiasi comunità!
La Montanari aggiunge che “il quadro tracciato dall’Istat è perfino più allarmante: ‘Gli adulti con titolo superiore in Italia sono meno della media europea il numero dei laureati è – in totale sulla popolazione nella fascia 25-34 anni – il più basso in Europa. Si tratta di un ulteriore grido di dolore”. Di gridi di questo tipo ne conosciamo tanti e da anni! E da anni grido anch’io! Il fatto è che un Paese civile e che guarda al futuro – oggi, soprattutto, in un mondo in cui la ricerca tocca livelli sempre più alti – dovrebbe investire in ISTRUZIONE, FORMAZIONE ed EDUCAZIONE con il massimo delle sue risorse. Ed invece, così non è! I governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni sono assolutamente miopi in materia. E il dicastero dell’Istruzione – che in realtà interessa tutti gli Italiani, perché tutti hanno frequentato la scuola e tutti hanno figli che frequentano la scuola – è il ministero meno gettonato da chi ambisce ad incarichi politici.
E così, come spiega nel citato articolo Andrea Gentili, responsabile dei progetti socioeconomici dell’Istituto Cattaneo, “l’Italia sconta un ritardo nei livelli di istruzione sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo. Le ragioni sono diverse, a cominciare dalla struttura organizzativa della scuola italiana, che ha radici lontane; viene ancora dal bisogno di alfabetizzare le masse, un approccio che è stato riformato, ma mai ribaltato”. Per non dire poi che “l’identificare gli studi classici come apice del sistema formativo, ha influenzato l’eccessiva predilezione degli studenti per le materie umanistiche in un contesto mondiale di ricerca e sviluppi scientifici sempre più dominanti e determinati per la crescita economica”. Eppure, almeno a mio vedere, l’esigenza di umanesimo – se si può chiamarla così – è quanto mai forte al mondo d’oggi! Almeno in questa Italia dove ad alcuni governanti piace molto mostrare muscoli e divise e adottare parole forti! Nonché espressioni stentoree e slogan! E si tratta di un’esigenza avvertita già da qualche tempo, e non solo da noi. Ricordo che nel marzo del 2011 ho recensito un interessante volume: Martha Nussbaum, Non per profitto, perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, con l’introduzione di Tullio De Mauro, edito da Il Mulino, a Bologna, nel 2011. Quindi, a scanso di ogni equivoco, non dimentichiamo che il nostro Paese in materie di Umanità e di Rinascita ha – o avrebbe!? – più da insegnare che da apprendere! Pertanto, se Matera e i suoi Sassi costituiscono uno dei Patrimoni mondiali dell’Unesco, e se questa città è stata denominata Capitale europea della Cultura, non sono fatti casuali!
In realtà, non esistono due culture, quella umanistica e quella scientifica! I nostri grandi, Galileo o Michelangelo, lo stesso Dante, erano umanisti e scienziati! Per non dire di un Aristotele! In effetti, la cultura, la nostra cultura, la nostra civiltà vengono da lontano, da quel mondo greco e latino che ha impregnato di sé tutte le successive civiltà. E si tratta di Grandi Realtà! Tuttavia oggi l’istruzione e l’evoluzione stessa del sapere sembrano non interessare più di tanto non solo il dibattito politico, ma lo stesso mondo dei politici! Altrimenti, non avremmo insegnanti mal pagati e scuole a volte fatiscenti. E non avremmo un numero sempre crescente di insegnanti femmine, in quanto non sembrano esistere “maschietti” che aspirino all’insegnamento. In effetti, spesso – almeno a quanto mi consta, ma mi vorrei sbagliare – la professione docente non è molto appetibile, almeno in questo Paese in cui la scuola sembra essere “a gran dispitto”. Anche perché, come da tradizione, la scuola impegna solo per alcune ore della mattinata! Anche se oggi non è così, o non dovrebbe essere così, e non solo per le tante carte dei Rav, dei Pdm, dei Ptof! In realtà, se è vero che questo è il mondo della conoscenza, i luoghi dell’insegnare dovrebbero costituire il fondamento pagante, e pagato, di qualsiasi attività lavorativa.
E per finire: avremo mai un’Italia in cui la scuola e il sapere costituiranno il fondamento del nostro vivere civile? E’ un’attesa? O una sfida? O, più semplicemente, un’illusione?