Seconda prova maturità liceo scientifico: il Miur seleziona gli argomenti che è essenziale insegnare

da Tuttoscuola

Il decreto del 26 novembre scorso del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, consta del seguente unico articolo: “Ai sensi dell’articolo17, commi 5 e 6, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, sono adottati i quadri di riferimento e le griglie di valutazione per la redazione e lo svolgimento della prima e della seconda prova scritta dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, definiti, rispettivamente per la prima e la seconda prova, agli allegati A e B, che costituiscono parte integrante del presente decreto”. Un solo articolo che comporta comunque cambiamenti notevoli. E tra questi certamente il fatto che adesso le scuole e i docenti sanno decisamente meglio che cosa insegnare ai loro studenti. Conoscono i “quadri di riferimento” adottati per loro. Sanno che cosa potrà essere richiesto ai loro studenti nelle prove scritte dell’esame conclusivo dell’indirizzo di studio seguito. Una novità decisamente significativa perché pone le scuole e i docenti nelle condizioni per meglio svolgere la loro azione educativa e formativa finalizzandola a quei traguardi di conoscenze e abilità fissati per tutti e che potranno essere oggetto di accertamento attraverso le prove nazionali d’esame. Qualcosa cioè che non potrà non giovare anche all’unitarietà del sistema scolastico italiano almeno con riguardo alle opportunità di apprendere.

Le novità che interessano la prova di matematica nei licei scientifici sono contenute, ovviamente, nel relativo “quadro di riferimento”. Il documento tocca i vari aspetti della prova a cominciare dalla struttura e dalla durata, per concludere con il dettaglio dei contenuti e con i criteri da adottare per uniformarne la valutazione sul territorio nazionale. La seconda prova maturità liceo scientifico sarà ancora strutturata in problemi e quesiti proposti in numero doppio di quelli da risolvere, ma con una piccola variazione: i quesiti proposti invece di dieci saranno otto. Una riduzione che investe anche il tempo assegnato alla prova: non più sei ore, fisse, ma una durata che può oscillare da quattro a sei ore. Non si può dire altro perché né dell’una né dell’altra scelta si dice il perché. Non c’è un motivo. Ciascuno può darsi la spiegazione che vuole. Della seconda prova maturità liceo scientifico abbiamo parlato nel numero di febbraio di Tuttoscuola in un articolo di Emilio Ambrisi, presidente Mathesis.

Il fatto che si sia conservata la struttura della seconda prova maturità liceo scientifico è comunque un riconoscimento che essa in questi anni ha funzionato bene. La disponibilità di due problemi (di solito articolati in quattro punti per lo più indipendenti tra loro) e di un ampio ventaglio di quesiti in cui scegliere quelli da affrontare si è rivelata fruttuosa per tutti: per i responsabili della redazione delle prove, per i docenti, per gli studenti. Ha infatti offerto la possibilità di coprire più ambiti, saggiare conoscenze e abilità, le più disparate, venire incontro ad ogni programma personalizzato nonché corrispondere ai gusti e alle propensioni di docenti e allievi. La conseguenza più importante, rilevata fin da subito, è stata la scomparsa dell’amara caratteristica della matematica degli esami di maturità: il compito consegnato in bianco. Una struttura dunque che ha avuto successo e ha incoraggiato. Ha diminuito la paura della prova e aumentato la consapevolezza che chi studia trova certamente nei problemi e nei quesiti questioni che ha incontrato e conosce. Ha reso la matematica una disciplina meno esoterica e più “vicina” allo studio e all’impegno di studio.

Assegnare otto quesiti anziché dieci non sembra comunque una decisione eversiva. Più discutibile appare la riduzione del tempo concesso alla prova. La durata della seconda prova maturità liceo scientifico, ad esempio, non è una variabile secondaria. Con la sessione del 2001 fu portata a sei ore per soddisfare ad una precisa scelta pedagogica: dover proporre problemi e quesiti che invogliassero a pensare e scrivere (di matematica!), a sviluppare e illustrare un ragionamento, a esporre un concetto, una dimostrazione, una procedura, senza l’ansia del tempo che manca. Qualcosa cioè che si ritrova anche nella filosofia di fondo di questo nuovo quadro. Perché allora quella possibile riduzione? In diciotto anni l’unica critica mossa alle sei ore è stata che le commissioni, dopo la prima mezza mattinata, faticavano troppo a mantenere l’ordine e a controllare che non si copiasse. È probabile che non sia questa la motivazione alla base della possibile riduzione né peraltro appare plausibile che essa sia dovuta all’idea, oggi dominante, che tutto debba essere fatto in fretta, rapidamente. No, decisamente no! Il “quadro” infatti contiene un sintetico preambolo che pur senza volare alto nella filosofia dell’educazione e della pedagogia della matematica sottolinea aspetti espositivi e argomentativi che non appartengono alla sfera della rapidità dello stimolo/risposta: la prospettiva storico-critica, la comprensione e la padronanza del metodo dimostrativo nei vari ambiti della matematica, anche utilizzando il principio di induzione, la costruzione di esempi e controesempi, l’applicazione di teoremi o procedure, la costruzione e la discussione di modelli, la risoluzione di problemi. E qui, addirittura, la possibilità di prevedere nelle prove “riferimenti a testi classici o momenti storici significativi della matematica”. Una novità da accogliere con favore perché rafforza la prospettiva storico-critica, potenzia la visione della matematica come disciplina umanistica e ristabilisce un legame di continuità con quanto già era stato fatto nei problemi e nei quesiti degli anni passati, nel periodo dal 2001 al 2015. Ad esempio: “In una delle sue opere G. Galilei fa porre da Salviati, uno dei personaggi, la seguente questione riguardante l’insieme N dei numeri naturali ( “i numeri tutti”). Dice Salviati: «….se io dirò, i numeri tutti, comprendendo i quadrati e i non quadrati, esser più che i quadrati soli, dirò proposizione verissima: non è così?».Era uno dei quesiti della prova del 2011, indirizzo PNI.

Alla parte introduttiva e di struttura segue la vera novità del quadro, quella che ne è la parte più rilevante: quella che svela ciò che s’intende accertare con la prova scritta di matematica e che gli allievi dei licei scientifici del territorio nazionale devono essere in grado di sapere e saper fare. Una rivelazione effettuata con efficacia elencando ventisette argomenti (vedi allegato B al DM del 26 novembre) che sono i possibili ingredienti della prova scritta di matematica degli esami di Stato. L’efficacia sta anche nel fatto che non sono espressi male. Ad eccezione di tre o quattro di essi, si capisce esattamente cosa vogliono dire. È vero, alcuni andrebbero riscritti trovando espressioni più adeguate, modi di dire più semplici e immediati, forse più moderni, atti anche ad evitare ridondanze, ma soprattutto a recuperare qualche perdita significativa come ad esempio le questioni di calcolo approssimato, immeritatamente dimenticate malgrado il gran chiasso fatto per le prove “contestualizzate”, l’uso delle calcolatrici, anche grafiche e simboliche e, in genere, la matematica nella realtà. E sorprende altresì l’argomento, ventitreesimo della lista ministeriale: “Interpretare geometricamente l’integrale definito e applicarlo al calcolo di aree”. Perché il troncamento della frase? Perché solo calcolo delle aree e non anche dei volumi che è l’aspetto più ricco e significativo? Aspetto che rappresenta uno dei successi della didattica della matematica in Italia, ottenuto proprio attraverso le prove scritte degli esami di Stato. Aspetto che era pressoché sconosciuto alla trattatistica italiana e si è rivelato uno degli strumenti più efficaci di rafforzamento del concetto di integrale definito e di ampliamento della visione spaziale consentendo di vedere un solido come “somma di fette” aventi forme e aree determinate o composto da successivi strati, eventualmente a cipolla o gusci cilindrici. Un aspetto cioè che ha costituito un attrattore notevole verso l’integrazione concettuale e un passo avanti compiuto dalla pedagogia della matematica così come lo è stato l’aver integrato, nei problemi e nei quesiti, la canonica richiesta di tracciare il grafico di una funzione assegnatane l’equazione, con la richiesta reciproca di individuare la possibile espressione analitica di un dato andamento grafico.

Questo quadro di riferimento, parte integrante del decreto del Ministro Bussetti, ha dunque innegabili positività. È positivo dunque che il Ministero abbia re-imboccato la via maestra, quella già segnata e da percorrere. Bisognerà ovviamente sistemarla e illuminarla meglio. Di questo abbiamo parlato in maniera più approfondita nel numero di febbraio di Tuttoscuola.

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