“Ridateci la Storia”, la rivolta delle scuole

da la Repubblica

 “Avere meno storia nei programmi scolastici e all’esame fa comodo a chi comanda. Ma il destro glielo abbiamo offerto noi”. L’analisi di Alessandro Parola, preside al liceo scientifico e classico Peano-Pellico a Cuneo, fotografa il dibattito aperto tra i banchi sulla scelta di eliminare il tema specifico di storia alla Maturità. Contrari, favorevoli, attendisti: nelle sale insegnanti si discute. Ma su un punto il giudizio di dirigenti e professori è unanime: la storia a scuola è stata ridotta al ruolo di Cenerentola quando sarebbe ancora più necessaria a una generazione (e una società) schiacciata sull’eterno presente.

Riecheggiano le parole di Liliana Segre – “senza la storia non si diventa uomini” – schierata contro la cancellazione della traccia di ambito storico. E Alessandro Parola, laureato in lettere classiche, un dottorato in Storia, è netto: “Condivido la posizione di chi dice che è sempre meglio avere un’occasione per parlare di storia e quindi giudico una perdita l’aver tolto questa traccia. Erano pochi gli studenti a sceglierla? Vero. Ma è colpa nostra perché in passato non abbiamo lavorato abbastanza per capirne le ragioni, per aggiustare il tiro”. A monte, aggiunge, in realtà c’è l’impoverimento del sapere storico a partire dalle università: “Meno ricercatori, meno investimenti. Questa politica universitaria miope ha avuto conseguenze di riflesso alle superiori”. Comunque sia, conclude, “sono felice che si sia aperta la questione politica sulla storia: è un sapere che sviluppa il senso critico e come tale, in questo momento, disturba”.

Invita alla cautela Daniela Lazzati, preside del tecnico Maggiolini di Parabiago e del liceo di Rho: “Vediamo come va prima di gridare allo scandalo. Un tema non gettonato, non giustifica la sua eliminazione. Ma la storia rientra nella tipologia di attualità, magari con un taglio che potrebbe attirare di più i ragazzi”. Per Sandra Scicolone, preside della medie Ettore Romagnoli di Gela, “Serianni ha voluto porre il problema della comprensione dei testi. La sua non è stata una semplificazione, ha raccolto l’allarme più serio. Ma capisco anche le ragioni della polemica, sulla carta sembra un taglio drammatico. In realtà il vero problema sta nella riduzione sempre più mortificante delle ore di storia nell’ambito delle attività curriculari. La storia si studia poco”. Un taglio delle ore iniziato negli anni ’90, proseguito con la riforma Gelmini (la vera sforbiciata), ora drammatico negli istituti professionali.

“Non imposterei il problema dalla conclusione, ovvero dall’esame – avverte Girolamo De Michele, docente di storia e filosofia al liceo Ariosto di Ferrara – il vero problema è che la storia è stata decurtata nelle ore, mentre c’è bisogno del contrario per trasmettere contenuti e strumenti. Parlo della Shoa, ma se esce un libro negazionista devo aver attrezzato i miei ragazzi a saperlo riconoscere. Qui sta il punto”. Le simulazioni appena svolte della nuova prova di Maturità hanno tranquilizzato i docenti. “Mi ero allarmato, vedendo le tracce mi sono reso conto che quello che è stato fatto uscire dalla porta rientra dalla finestra: è richiesta una preparazione storica per affrontare le diverse tipologie” commenta Raffaele Riccio, professore di liceo, in cattedra da 31 anni, esperto di cultura del Seicento, autore di saggi storici e filosofici. Il suo richiamo è a un insegnamento della storia come narrazione, anche attraverso strumenti multimediali, senza perdere i riferimenti concettuali: “Non è che dobbiamo fare gli Alberto Angela in classe, ma va attirata l’attenzione dei ragazzi e da lì si costruiscono le basi del sapere storico”.

I professori rivedicano l’importanza della disciplina. “A differenza della fisica quantistica tutti si sentono in grado di parlare della storia senza riconoscerne lo statuto di una scienza” osserva Marcello Malpensa, docente di storia e filosofia al liceo Giordano Bruno di Budrio, alle porte di Bologna. “È vero che il tema storico lo svolgevano in pochi, ma se togliamo anche l’unico stimolo che c’era andiamo alla banalizzazione, è un ulteriore segnale di svilimento dell’importanza della disciplina storica: questo mi preoccupa – aggiunge – e più togliamo importanza alla storia e sempre meno avremo chi sarà capace di tenere a bada i furiosi cavalli dell’ideologia”.