Il reddito di cittadinanza e la “colpa sociale” della disabilità

Redattore Sociale del 13-03-2019

Il reddito di cittadinanza e la “colpa sociale” della disabilita’ 

ENIL, l’associazione internazionale per il diritto alla vita indipendente, ha presentato una memoria alla Camera, per chiedere modifiche urgenti ai passaggi più “discriminatori”: tra questi, la considerazione delle indennità assistenziali come “vantaggio economico”.

ROMA. “Limitare l’accesso al Reddito di cittadinanza ai nuclei familiari che hanno, fra i loro componenti, anche delle persone con disabilità”: è questa la principale criticità del decreto, approvato in Senato e tornato ora alla Camera, che dovrebbe rappresentare una misura di contrasto alla povertà. Per ENIL Italia, “costola” italiana del network europeo per la vita indipendente, questa è l’ennesima conferma che la “persona con disabilità in Italia è ormai definitivamente da considerare come un ‘affare di famiglia’, il cui compito prioritario è quello di prendersene cura, vicariando lo Stato”. Ci sono gli estremi per parlare di “discriminazione di una intera categoria di cittadini”, secondo Germano Tosi, presidente di ENIL, che ricorda invece come, in base alla Costituzione, dove dello Stato non sia “quello di “agevolare” una disparità tra cittadini di diverse condizioni, ufficializzando come sostituti di quegli stessi doveri i loro nuclei famigliari, ma di operare per ‘rimuovere’, quindi eliminare gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Sempre la Costituzione, osserva ancora ENIL, nella memoria depositata alla Camera, considera “discriminazione diretta ogni procedimento condizionato da situazioni per le quali la persona viene messa o potrebbe venir messa in una posizione meno favorevole rispetto ad un’altra, in una situazione paragonabile”. Per l’associazione, “è proprio questo che avviene indiscutibilmente quando in un disegno di legge si prevede esplicitamente, per l’accesso al beneficio del Reddito di Cittadinanza, di ‘concorrere cumulativamente a diversi requisiti’ che considerano una ricchezza del nucleo familiare quei supporti economici, peraltro notoriamente insufficienti e residuali, erogati per attenuare lo svantaggio della disabilità. Quindi, a parità di condizioni reddituali, una famiglia – che ha il torto grave di avere tra i suoi membri una o più persone con disabilità – avrà accesso ad un sostegno inferiore rispetto ad una famiglia che non ha disabili tra i suoi componenti, subendo di fatto una indiscutibile discriminazione diretta”.

A supporto della sua argomentazione, ENIL fa riferimento anche alla Sentenza del Tar 2549/2015 e di quella definitiva del Consiglio di Stato 842/2016, che “ha ben chiarito che considerare tra i requisiti di accesso ad un qualsiasi beneficio ‘i trattamenti percepiti dai disabili considerando la disabilità alla stregua di una fonte di reddito, come se fosse un lavoro o un patrimonio, ed i benefici erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una ‘remunerazione’ del suo stato di invalidità è oltremodo irragionevole e in contrasto con l’art. 3 della Costituzione”.

Di qui, la richiesta di modifica del comma 7 dell’articolo 2, con l’esclusione dal computo del reddito di ogni supporto erogato per la disabilità. “Chiediamo altresì di introdurre, nel comma 4 Art. 2, la scala d’equivalenza – continua ENIL – che segnali la presenza nel nucleo familiare di un globale impegno economico nel ‘mantenere’ la disabilità di un congiunto, graduandola in base al maggiore impegno tra disabilità lieve, media e non autosufficienza (0,4 per la disabilità lieve, 0,5 per la disabilità media e 0,7 per la non autosufficienza)”.

Queste due fondamentali modifiche servirebbero per garantire “il diritto di pari opportunità dell’individuo”, che per ENIL “rappresenta lo scopo, la sintesi, di ogni trattato che ne sancisce i diritti umani. Ed è in questo principio che una politica, che si propone come cambiamento verso una maggiore giustizia sociale, dovrebbe veicolare le proprie energie nel garantire a tutti i cittadini il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza. Il diritto di scegliere come vivere la propria vita, dunque – conclude ENIL- come cittadino libero in un libero Stato”.

Per Sara Bonanno, caregiver a tempo pieno del figlio gravemente disabile e autrice del blog “La cura invidibile”; “ancora una volta la disabilità è trattata dal governo come una condizione di ‘colpa sociale’, alla stregua di un reato commesso dall’intero nucleo famigliare e che, quindi, deve essere espiato da tutta la famiglia. Questa – continua – è la cruda lettura di ciò che sta accadendo con la misura creata dal Governo per combattere proprio le condizioni di disagio emarginante e povertà, meglio conosciuta come Reddito di cittadinanza, titolo quanto mai evocativo se si considera il fatto che si finisce per ratificare che la persona con disabilità ed il suo nucleo familiare saranno definitivamente considerati cittadini con diritti attenuati”. Bonanno, nel rilanciare quindi sul suo blog le richieste di ENIL, ritiene “assurdo che occorra ribadire come sia del tutto illogico considerare l’aiuto prestato come un vantaggio. E’ un po’ come se qualcuno, dopo aver aiutato una persona a rialzarsi da una brutta caduta, considerasse quella stessa persona, ancora malconcia e dolorante, come il puntello sulla quale far leva”. E fa notare: “Questo è riservato solo per la disabilità, infatti nel decreto sono considerati diversamente – e quindi non inclusi nella ricchezza familiare – i supporti destinati ai minori di 3 anni e quelli per chi rimane disoccupato. Quelle non sono ‘colpe sociali – conclude – come la condizione di disabilità!”