23 marzo 1919!

23 marzo 1919!

di Maurizio Tiriticco

Un secolo fa, appunto il 23 marzo 1919, a Milano in Piazza San Sepolcro, nascono i Fasci di Combattimento. Nasce il fascismo. Che nel giro di pochi anni si impadronisce del nostro Paese. Io dall’ottobre del 1933 al giugno del 1943 ho frequentato i cinque anni delle scuole elementari e i cinque anni del ginnasio tutti all’insegna di “Viva il Duce”, “Dio, Patria e Famiglia” e degli slogan dell’indottrinamento fascista. O meglio, delle sue parole d’ordine. Eccone alcune, tutte a memoria! Boia chi molla. Chi si ferma è perduto. Credere, obbedire e combattere. Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi. Il fascismo non vi promette né onori né cariche, ma il dovere e il combattimento. Italia proletaria e fascista, Italia di Vittorio Veneto e della Rivoluzione, in piedi! E’ l’aratro che traccia il solco, è la spada che lo difende. Ma questa era la più bella: “Voi balilla siete l’aurora della vita, voi siete la speranza della Patria, voi siete soprattutto l’esercito di domani”. E tanti di questi imperativi categorici diventavano temi in classe. E la retorica sovrabbondava! E io scrivevo scrivevo scrivevo! Partecipai anche ai Littoriali: aperti ai balilla che avevano la penna migliore! E i miei temi finivano sempre così: Il Duce ha detto Vincere e il Popolo italiano ha fieramente risposto Vinceremo!
Quel pomeriggio del 10 giugno del 1940 in Piazza Venezia il Duce da quello “storico balcone” pronunciò forse il suo discorso più importante ed impegnativo: “Combattenti di terra, di mare e dell’aria. Camicie nere della rivoluzione e delle legioni. Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania. Ascoltate. Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. L’Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai. La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola e accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: Vincere e Vinceremo! Per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo. Popolo italiano. Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore”. E la folla applaudì entusiastica! E alle armi ci siamo corsi e come!
Ma poi… è finita come è finita!!! Vi consiglio quello splendido film, “Tutti a casa”, diretto da Luigi Comencini, con uno splendido Alberto Sordi. Appunto! Tutti a casa, sì! Però, dovevamo mandarli tutti a casa, e fin da allora, quei fascisti che il 28 ottobre del 1922 marciarono su Roma, lungo la Via del Quirinale fino all’omonima Piazza per dimostrare al Re Vittorio Emanuele III che loro erano lì, sotto il suo balcone per dimostrare che avevano deciso di tirare dritto, come era loro costume, e di arraffarsi – questo è il verbo giusto – Il potere, quel potere in forza del quale, giorno dopo giorno, avrebbero distrutto quella democrazia di quel Paese Unito, dopo secoli di divisioni, di culture e di lingue diverse! E di regimi politici diversi, sempre sotto la protezione ora degli Absburgo, ora dei Lorena, ora degli Angioini, ora degli Aragonesi, ora dei Napoleonidi, ora di non so chi, ma mai di fatto Unito!
Comunque, quante conoscenze, quanta cultura, quanta arte, quanta scienza abbiamo prodotto noi italiani sempre divisi nei secoli, ma sempre uniti – si fa per dire – per quanto riguarda la cultura, la bellezza, la ricerca scientifica, la stessa visione del mondo, potremmo dire. Un Dante o un Galileo sono “roba nostra”! E “roba nostra” sono un Michelangelo o un Raffaello! E un Meucci o un Marconi! Nonostante tutto. Forse perché il nostro stivale è proteso in un mare che una volta era il Mare Nostrum e che, proprio in quanto tale ha permesso incroci ed intrecci di culture, interrotti qua e là da qualche invasione dal Nord e dal Sud! Le calate dei barbari vecchi e nuovi, gli sbarchi degli arabi e dei turchi, o dei pirati slavi!
Un Paese aggredito, offeso, martoriato, ma tanto ricco di cultura, di intelligenza, di genialità! E non a caso Mussolini fece scrivere sul Palazzo della Civiltà e del Lavoro, sullo scenario delle costruzioni dell’Esposizione Universale Romana, la cui inaugurazione era prevista per il 28 ottobre del 1942 – il Gran Ventennale dell’Era Fascista – la scritta famosa: “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori”. Allora abitavo ad Ostia – che il Duce preferiva chiamare Lido di Roma – e tutte le volte che con il treno della ferrovia Roma-Lido venivo a Roma e vedevo quella costruzione mi riempivo d’orgoglio… però fino alla sera di quell’8 settembre del 1943, quando i miei sogni e quelli di tanti italiani illusi crollarono nel giro di uno stentoreo comunicato diffuso per radio.
Era una sera come tante, calda, tranquilla, il profumo del mare. Non erano ancora le venti e stavo in strada, per l’esattezza in Piazza Anco Marzio, dove sostavamo e chiacchieravamo, gli amici di sempre. Era la radio di un bar, anzi di un caffè – bar era un nome inglese ed era stato cancellato dal nostro vocabolario: ma forse i fascisti non sapevano che viene dal latino barra, il piano di servizio del termopolio, il bar dei Romani antichi. Ma io lo sapevo, avviato agli studi classici…
A un certo momento si interrompono le trasmissioni e… un annuncio solenne. «Attenzione. Attenzione. Sua Eccellenza il Capo del governo e Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio rivolgerà un proclama alla nazione.» Era la voce di Arnoldo Foà, come seppi a guerra finita. Seguirono le parole di Badoglio, sì, proprio del Maresciallo Badoglio in persona! Quindi la notizia doveva essere più che importante! Eravamo tutti sospesi. E poi seguirono delle parole secche, stentoree, scandite, anche con una voce un po’ chioccia… non era uno speaker: «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
E il resto è noto! Tutto era finito! Ma un altro tutto doveva avere inizio! Ed ebbe inizio una seconda tragedia, che sarebbe durata due anni! Dopo la tragedia di una guerra perduta! Le scatolette di tonno dei nostri carri armati contro gli Sherman e i Li americani e i Churchill e Matilda britannici. Per non dire dei T-34 sovietici! Insomma, così ebbe fine quella lunga storia! Che aveva avuto inizio in una piazza di Milano il 23 marzo del 1919 e che in un’altra piazza di Milano ebbe fine il 25 aprile del 1945!