I Fondi PON

Scherzare col fuoco
I Fondi PON tra ritardi, difficoltà e controlli

di Stefano Stefanel

Non c’è giornata in cui qualcuno non affermi che l’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea che ha più difficoltà a spendere i Fondi comunitari. I dati su quanto effettivamente spendiamo e quanto potremmo spendere vengono comunicati sempre più spesso, ma non generano né sconforto, né modifiche nell’azione degli interessati. Ora la questione dei Fondi comunitari non spesi sta diventando una questione anche scolastica, che parte da incomprensioni lontane e arriva fino a noi. I 3 miliardi di Fondi Europei messi a disposizione delle scuole di tutta Italia in un ambito molto ampio non sono vissuti dal mondo scolastico come quell’occasione straordinaria che invece sono. Non credo sia il caso di trovare colpevoli, anche perché ci penserà sicuramente in futuro qualcuno a creare una catena di Sant’Antonio di responsabilità per cui non si capirà mai di chi è stata la colpa.
Ci sono, però, alcuni elementi che forse è utile analizzare, il primo dei quali deve riguardare la debole comprensione sul concetto di Progetto comunitario PON da parte di molte scuole. I Fondi PON non sono un “regalo” all’Italia e alle sue scuole da parte dell’Unione Europea e non sono neppure soldi che vengono dati per fare cose inutili o progetti aggiuntivi. Sono soldi che l’Unione Europea assegna al fine di riequilibrare elementi di disfunzione nell’ambito dell’Unione. Se i primi PON per la scuola riguardavano solo quattro regioni del sud (ritenute bisognose di supporto, così come era successo con l’”Obiettivo 1” di venti anni fa), l’estensione dei PON anche al nord significa che tutti il sistema scolastico nazionale è ritenuto dall’Europa dentro criticità da supportare. I 3 miliardi dovevano servire a riequilibrare una situazione negativa del sistema dell’istruzione attraverso interventi strutturali e scolastici aggiuntivi. Ritengo che per buona parte queste motivazioni non siano state comprese dalle scuole, che hanno ritenuto e forse ritengono anche oggi, che quei fondi servissero per progetti o per acquisti di tipo “aggiuntivo” e non sistemico e quindi legati a una certa “libera” volontarietà.
Un altro elemento critico è che i PON nella loro impostazione sono legati all’idea che vada ampliato il tempo di apertura delle scuole, necessità evidente nel Sud Italia, ma molto meno evidente nel Nord dove già le scuole sono di norma aperte fino nel tardo pomeriggio. Il ritenere dunque che l’aumento del tempo di apertura delle scuole fosse il primo problema da risolvere non ha tenuto conto del fatto che una parte dell’Italia quel problema lo aveva già risolto e che dunque i PON dovevano supportare il miglioramento dei contenuti e dei mezzi del tempo scuola esistente e non chiedere un ulteriore aumento di attività di scuole che già ne facevano moltissime. Per cui solo una minima parte delle scuole è capace di far svolgere attività aggiuntive già da tempo in essere nell’ambito dei finanziamenti PON (pagati anche in modo diverso rispetto a quanto vengono pagate le ore aggiuntive). E troppe scuole si trovano nella difficoltà di organizzare attività aggiuntive dentro PTOF “ben pieni”. Inoltre tantissime scuole gettano la spugna trovandosi davanti a segreterie che si rifiutano categoricamente di svolgere la parte burocratica dei PON.
Io credo che, purtroppo anche in questo caso, si stia andando verso la tradizionale difficoltà italiana a spendere i fondi comunitari. Le cifre della scuola forse non saranno impietose come quelle degli enti locali, ma saranno comunque cifre che mostrano un’impotenza progettuale oggettiva. Credo che ancora una volta lo Stato sottovaluti il problema, che in questo caso non è solo di procedure (complesse, inutili, farraginose, contorte) o della produzione di carta (che è incredibilmente elevatissima, visto che bisogna caricare documenti scannerizzati in PDF, cioè carta), ma proprio di carenza generale del sistema dell’istruzione a cui si può rispondere solo in due modi: con sostanziosi e sostanziali supporti o con procedure di controllo.
Il Miur e l’Autorità di gestione hanno scelto la strada dei controlli e delle costanti pressioni per l’attivazione di procedure sempre più complesse, lunghe, cartacee. Ribadisco che quando si caricano sulla piattaforma documenti in PDF si sta producendo di fatto carta. E questo è un lato sorprendente, perché già la piattaforma è laboriosa, ma il caricamento della carta costringe a creare doppioni di tutto.
E’ poi recente l’avvio di controlli non più delegati ai revisori dei conti, ma attribuiti a soggetti nominati dal Miur che devono verificare che le cose avvengano così come sono descritte, nell’ambito di una totale sfiducia nei confronti dei dirigenti scolastici e di tutto il sistema dell’istruzione. Già i revisori dei conti erano per lo natura interessati esclusivamente alla forma della spesa, questi controlli a sorpresa semplicemente fanno intendere che il reale miglioramento degli apprendimenti degli studenti dentro una cittadinanza scolastica globale è solo un elemento di interesse marginale.
Io penso che la strada corretta sarebbe stata quella di dare reale supporto alle scuole, che non vuol dire fare formazione su procedure complesse ma tutte comprensibili e già comprese, quanto proprio mettere a disposizione del personale, che – anche a distanza – faccia il lavoro che segreterie e docenti non sono oggi in grado di fare, senza andare a vedere il perché non sono in grado di farlo. Bisogna però mettersi d’accordo sullo scopo: lo scopo dei PON è che la scuola migliori con questi Progetti o che vengano fatte le procedure corrette? Poiché ritengo che lo scopo dovrebbe essere quello di avviare una grande progettazione efficace per 3 miliardi di euro, laddove le scuole non ce la fanno dovrebbe essere il MIUR a intervenire mettendo le sue risorse a supporto dell’azione burocratica e non solo dei controlli.
Pare invece che si intenda continuare sulla strada che sta portando all’abbandono da parte di molte scuole di progetti già finanziati e che quindi – a statistica – costituiranno fondi assegnati e non spesi. E’ una strada molto semplice da descrivere: l’Autorità di gestione agisce periodicamente con comunicazioni sulle procedure e le tempistiche, l’Autorità di gestione fa seminari in cui spiega le procedure, l’Autorità di gestione invia controlli a sorpresa allo scopo di individuale le difformità tra dichiarato ed agito. Non credo di sorprendere nessun lettore se dico che l’esito di tutto questo sarà solo un “sorvegliare e punire” che garantirà le procedure corrette dentro una debolissima incidenza generale dei PON sulle scuole e con un alto tasso di soldi non spesi. Credo tutte le scuole abbiano chiare le procedure e che il problema non sia la comprensione delle stesse, ma la loro applicazione.
Per controllare qualcuno bisogna essere certi che questo qualcuno le cose su cui viene controllato sia in grado di farle, sennò giocoforza il controllo sancirà la sua difficoltà e quindi spesso il ritiro dal progetto, con anche una restituzione di soldi avuti. Purtroppo molte scuole non reggono i tempi dei PON; il numero di studenti richiesti per modulo sono troppo alti; vista l’impossibilità di intervenire con supporti al tempo scuola esistente, le procedure di ricerca di formatori, tutor e figure aggiuntive vanno spesso deserte; l’utilizzo della piattaforma è un vero guazzabuglio di richieste. Sarebbe necessario dare una proroga almeno triennale a tutti i progetti finanziati, con un piano nazionale di supporto (non di formazione) alle scuole in difficoltà, nell’interesse del sistema di raggiungere i migliori risultati possibili sul piano degli apprendimenti e non su quelli delle procedure corrette.
Ma l’Autorità di gestione si cura della gestione non dei contenuti dei PON e dentro una logica procedurale cerca la conformità. Ma come fa a trovarla se a procedure così ostiche ed invasive si affiancano lunghi difficili manuali e non un vero aiuto operativo? I PON a scuola dovrebbero servire a fare meglio la scuola, non a caricare documenti in piattaforma. Temo però che si continuerà con queste procedure che allontanano dall’esito voluto di spendere bene e tutti i soldi dei PON.