«Per gli studenti più tempo pieno e meno docenti»

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Precari e stipendi. Stipendi e precari. Gira e rigira la cronaca sulla scuola italiana continua a ruotare intorno a questi due poli. Come dimostrano le vicende degli ultimi due giorni, tra vertici sulle assunzioni per il prossimo anno e conferme dello sciopero generale in agenda per il 17 maggio. Due temi importanti, per carità. Soprattutto per chi nelle classi ci lavora. Meno per chi ci studia. Anche perché, oltre che ad avere la classe docente più anziana e tra le meno pagate d’Europa, il confronto tra il nostro sistema educativo e quello degli altri manifesta emergenze di altro genere. Che restano tali di riforma in riforma: il livello di «analfabetismo funzionale» in Italia è del 30%, contro il 15% della Ue, il livello di competenze «adeguate o elevate» è solo del 30% contro il 65% europeo, abbiamo tassi di giovani senza diploma (20%) e di abbandoni precoci (14%) praticamente doppi rispetto all’Europa, due ragazzi su tre non hanno trattato a scuola temi di educazione civica (tre su quattro addirittura non conoscono la Costituzione) e nelle “literacy e numeracy” (indagine Ocse-Pisa sui 15enni) il nostro Paese risulta sotto la media di ben 80 Stati.

Il punto è che la scuola di oggi, passata, forse troppo rapidamente, dall’essere “per pochi” al diventare “per tutti”, non sa far nascere e alimentare la motivazione ad apprendere. Non coinvolge. Anzi, spesso annoia. L’impostazione didattica è sempre quella “liceale”: molta teoria, poca pratica, troppo densa di nozioni e troppo vuota di competenze. A dirlo è la fondazione TreeLLLe presieduta da Attilio Oliva, con il supporto di Fondazione Cariplo e CariLucca, che presenta stamattina – nel corso del convegno “Il coraggio di ripensare la scuola” in programma all’Università Luiss di Roma – le sue proposte per capovolgere il paradigma dell’istruzione italiana. Rimettendo al centro gli studenti.

L’idea forte di TreeLLLe è quella di una scuola obbligatoria, con ingresso precoce a tre anni e fino a 14, strutturata su un “tempo lungo”, vale a dire otto ore al giorno più mensa. L’offerta di “tempo lungo” dovrà essere obbligatoria per la scuola dell’obbligo, e facoltativa (ma raccomandata) per gli studenti delle superiori. Le ore in più rispetto alle attuali saranno dedicate ad “attività formative”, non a ulteriori lezioni. Qualche esempio? Per i più piccoli, si tratta di introdurre gioco, attività sportive, artistiche e musicali, di rinforzo allo studio per i più deboli. Per i più grandi, spazio invece ad attività di volontariato, di ricerche individuali e di gruppo su temi che li coinvolgano, così da sviluppare l’intelligenza delle mani, emotiva, lo spirito comunitario e critico. Tutte queste attività “aggiuntive”, sempre nella proposta TreeLLLe, dovranno essere accompagnate da co-educatori (non quindi insegnanti che valutano) con contratti a tempo determinato e selezionati dagli stessi istituti. Già oggi, del resto, nei Paesi Ue l’attività scolastica occupa una parte del pomeriggio e si conclude tra le ore 15,30 e le 17.

La seconda proposta di TreeLLLe guarda alla scelta della scuola superiore. Un momento estremamente delicato per il ragazzo, oggi lasciato sostanzialmente “libero” con un minimo di consiglio orientativo della scuola media (quando e dove si fa). TreeLLLe ritiene invece fondamentale che il canale di studio dove indirizzare lo studente debba essere scelto dai docenti, magari con il supporto di psicologi e consiglieri del lavoro, e soprattutto deve essere vincolante per la famiglia, come accade in generale in Europa per evitare scelte errate che conducono poi agli abbandoni. La terza idea sulla scuola è una revisione dei percorsi ordinamentali degli istituti superiori per differenziarli nettamente tra di loro e renderli coerenti agli obiettivi finali specifici. E così, i licei dovranno essere orientati alla prosecuzione degli studi e alle professioni liberali, gli istituti tecnici invece, in prima battuta, devono spingere verso i percorsi Its e il mondo del lavoro, così come i professionali che devono guardare molto di più ai “mestieri”.

Il rapporto non dimentica gli insegnanti. Anzi. Innanzitutto sottolinea che sono una risorsa chiave sovradimensionata e male utilizzata: sono stati “impiegatizzati”, sono troppi e hanno una paga oraria contenuta (10% in meno della media Ue) e uguale per tutti, oltre a nessuna valutazione della qualità professionale. E poi ribadisce che la qualità dei docenti è decisiva per il futuro della scuola, come dimostrano le “isole felici” che alcuni istituti rappresentano anche in ambienti deprivati. Da qui la proposte di TreeLLLe di formarli meglio e premiarne la qualità professionale. A patto di ridurne il numero perché per poterci permettere 800mila prof, inclusi i precari “storici”, finiamo per spendere più o meno quanto fanno i principali partner europei e molto più dei Paesi asiatici (che, nei rapporti internazionali, ottengono i risultati migliori). Solo così – spiega TreLLLe – possiamo recuperare le risorse per finanziare il ripensamento del sistema scolastico sulla base di parole d’ordine nuove. E soprattutto diverse.