Scuola, impronte digitali all’ingresso per i presidi ma sono esclusi i docenti

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – Nel Decreto concretezza, che sarà definitivamente votato oggi alla Camera, restano le impronte digitali per i dirigenti scolastici. Non è bastato il voto favorevole a un emendamento dell’opposizione da parte di sette deputati Cinque Stelle per cambiare il provvedimento punitivo nei confronti dei soli presidi: con 248 voti contrari e 206 favorevoli, l’emendamento Toccafondi (ex sottosegretario all’Istruzione, centrista ora nel Gruppo Misto) è stato bocciato dopo lunga discussione.

Come rivelato nel videofourm di Repubblica Tv con il ministro Marco Bussetti, in un primo tempo il Decreto concretezza aveva previsto l’intero corpo docente all’interno dei controlli sui furbetti della Pubblica amministrazione: impronte digitali o verifica dell’iride, si vedrà più avanti. Lo stesso Bussetti aveva subito specificato: “Il provvedimento è pensato per ragioni di sicurezza, non per combattere l’assenteismo dei docenti”. Di fronte alle proteste dei sindacati, dell’Associazione nazionale presidi (“improponibile, le ragioni di sicurezza allora andrebbero estese agli alunni”) e delle opposizioni, la commissione Cultura (e Istruzione) della Camera ha messo mano all’articolo 2 del disegno di legge: dagli obblighi dei controlli sono così usciti i docenti, ma sono inspiegabilmente rimasti i dirigenti scolastici.

I Cinque Stelle hanno promesso modifiche e ieri il dibattito in aula è partito. Al momento del voto, però, si sono smarcati solo in sette, tra loro il presidente della commissione Istruzione Luigi Gallo, la sinistra del movimento. L’ex sottosegretario Gabriele Toccafondi ha commentato: “Un’altra evidenza che questa maggioranza non conosce la scuola”. La seduta riprenderà questa mattina, ma “le impronte per i presidi” per ora restano nel testo. Il Ddl tornerà al Senato per la terza e probabilmente ultima lettura.