Anna Maria De Luca
Dirigenti scolastici in rivolta contro il testo del decreto-concretezza, licenziato dalla Camera ed in corso di approvazione al Senato. Una lettera infuocata sta per arrivare sui tavoli romani, con migliaia e migliaia di firme. Indirizzata ai Senatori della Repubblica, al presidente del Consiglio ed ai vice presidenti Di Maio e Salvini, raccoglie le frustrazioni susseguitesi all’illusione che avere colleghi eletti tra le prime file della politica potesse implicare la possibilità di miglioramenti nel sistema scuola.
Il decreto, come è noto, intende il lavoro del dirigente scolastico al pari di qualunque altro impiego statale, vincolato ad un orario da certificare con le impronte digitali. Due possibilità si aprono, per i ds, davanti a questa ennesima umiliazione: attenersi ai desiderata del Governo e fare orario di ufficio (vale a dire lavorare meno di quanto si faccia oggi e lasciare che tutto vada allo sbando) o continuare a lavorare come sempre, con coscienza, indipendentemente da orari, cartellini e impronte digitali, nonostante il Governo.
“Onorevoli Senatori, il decreto-concretezza ha giustamente esentato i docenti dall’obbligo di rilevazione delle impronte digitali certificanti l’avvenuto ingresso a scuola, ma mantiene questa disposizione, a dir poco grottesca, per i dirigenti scolastici. Non potendola, ragionevolmente, ascrivere ad una deprecabile improvvisazione dell’inscalfibile sua proponente – una Ministra della Repubblica stimata, e professionalmente quotata, donna di legge – , trattasi, con tutta evidenza, di uno spot elettorale da monetizzare nelle imminenti consultazioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Uno spot elettorale che asseconda l’immaginario collettivo di satrapi arroganti e incompetenti, nonché adusi a disertare sistematicamente l’ufficio, quindi abbisognevoli di essere costantemente tenuti sotto sorveglianza. E contenente una buona dose di ipocrisia, perché si sa già che il necessario previsto decreto ministeriale per rendere operante quest’autentica aberrazione – rimesso all’esclusivo potere del sinora silente MIUR e in assenza, pare, di meccanismi sostitutivi in caso di sua inerzia – non sarà mai emanato, se non si voglia paralizzare il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Ma, al di là dei suoi effetti pratici, praticamente nulli, i sottoscritti chiedono agli Onorevoli Senatori di non votare un provvedimento che umilia servitori dello Stato, significando nei loro confronti una sfiducia preventiva o, peggio, una conclamata ostilità .
Se l’essere legittimi rappresentanti del popolo sovrano sembra che oggi esoneri dalla fatica di studiare e di documentarsi, basterebbe però una sia pur sommaria occhiata alle fonti normative, legali e contrattuali, per rendersi avvertiti che non prevedono per i dirigenti scolastici obblighi sull’orario di servizio, ma una specifica clausola sull’impegno di lavoro correlato al funzionamento dell’ufficio diretto (meglio, di una complessa pubblica amministrazione cui si è preposti in posizione apicale, legalmente rispondendone in via esclusiva): ciò che difatti legge e contratto considerano ai fini della valutazione del raggiungimento degli obiettivi assegnati, delle capacità organizzative dimostrate, del rispetto delle direttive impartite dai superiori livelli.
Se ciò nonostante doveste indurvi a confermare il testo trasmessovi e questo potesse poi effettivamente applicarsi, si sappia che dovrebbero impiantarsi, solo per il dirigente, costose strumentazioni E Non solo nei quarantamila plessi scolastici, ma anche dove egli si rechi o voglia/debba condursi per il compiuto svolgimento della funzione istituzionale: presso l’USR e/o ambiti territoriali provinciali, presso uffici vari, alle conferenze di servizio, presso aziende, associazioni culturali e territoriali, organizzazioni del volontariato, sindaci, parroci e quant’altro.
Qualora invece si vogliano risparmiare un bel po’ di soldini, l’alternativa è quella della sua reclusione negli angusti spazi fisici del proprio ufficio nelle canoniche ore 8.00-14.00, con suo conseguente diritto alla disconnessione nella restante parte della giornata e in quelle festive con conseguente pagamento di tutte le ore di straordinario: giusto come per i suoi dipendenti lavoratori appartenenti al personale ATA. E con la tanto decantata autonomia scolastica, che a questo punto va a ramengo! Oppure no?
Al Presidente del Consiglio e ai due vice Presidenti Di Maio e Salvini, quali responsabili dei due partiti di maggioranza, l’invito a esercitare tutto il loro potere per evitare questa incomprensibile e ingiustificata aggressione vessatoria nei confronti dei dirigenti scolastici pronti a qualsivoglia azione reattiva”.
*L’autrice è dirigente scolastico responsabile nazionale scuola Fondazione antimafia “Antonino Scopelliti” e collaboratrice di “Repubblica”
LA RISPOSTA DELLA BONGIORNO
“Le critiche all’introduzione dei controlli biometrici ai dirigenti scolastici non solo si basano su una erronea lettura della norma, ma sono anche fuorvianti: non tengono conto del fatto che ancora non è stato emanato il decreto sulle modalità attuative”. Lo afferma la ministra per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno.
“Innanzitutto, ribadisco che i controlli biometrici non sono una misura punitiva; sono stati gli stessi dipendenti pubblici, quelli che svolgono il proprio lavoro con scrupolo e attenzione, a chiedermene l’introduzione – sottolinea il ministro – Per quanto concerne poi l’applicazione dei sistemi di controllo al personale dirigenziale, è finalizzata non a rilevare il rispetto dell’orario di lavoro ma a rendere più trasparente la loro presenza in servizio, che è opportuno attestare anche per ragioni di sicurezza dei locali presso cui svolgono la loro attività . Non si introduce affatto, come qualcuno ha sostenuto, l’obbligo di un orario settimanale di lavoro, ma l’utilizzo di strumenti di identificazione tecnologicamente avanzati. Ricordo infine – conclude Bongiorno – che i dirigenti scolastici fanno parte della categoria di dirigenti pubblici contrattualizzati”.