R. Lewis, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene

Come inventare la Preistoria

di Antonio Stanca

   Soprattutto giornalista ed editore è stato l’inglese Roy Lewis. E’ nato a Felixstowe nel 1913 e qui è morto nel 1996 dopo una vita fatta di molte esperienze, attività commerciali, viaggi, lunghe permanenze all’estero, collaborazione con diversi giornali, iniziative editoriali, matrimonio, figlie ed anche opere di narrativa. Poche e tra queste il romanzo che sarebbe risultato il più divertente del ventesimo secolo, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene. Lo scrisse nel 1960, quando aveva quarantasette anni, ed ultimamente è stato ristampato, per l’ennesima volta, dalla casa editrice Adelphi di Milano. Agli inizi l’opera era uscita in sei puntate e già allora era molto piaciuta ai lettori. Nel 2015 aveva avuto una riduzione cinematografica.

   Da vecchio Lewis scriverà alcuni racconti ma sarà questo romanzo a consacrare per sempre la sua fama. Rientra nel genere della fantascienza umoristica. In esso la voce narrante è di Ernest, uno dei figli di quell’uomo scimmia del titolo. Egli dice di tutto quanto la sua famiglia ha dovuto patire prima di giungere ad avere una certa sicurezza, una certa tranquillità, a non soffrire più dei pericoli che venivano dall’esterno.

   Si sta dicendo di una famiglia del Pleistocene, cioè della Preistoria, dell’era quaternaria, di quando comparvero i primi ominidi e Lewis la presenta come se si trattasse di una famiglia dei tempi moderni tanto uguali a quelli che avvengono oggi fa apparire i pensieri, gli scambi, i rapporti tra i familiari di allora. E’ la  nota curiosa della narrazione: in quella famiglia preistorica, numerosa, con tanti figli e tanti parenti, ognuno interpreta un ruolo, ognuno rappresenta un modo, un aspetto della futura umanità. Lewis fa di una situazione di tre milioni di anni fa, periodo del Pleistocene, una vicenda moderna, fa pensare, fa parlare, fa agire delle scimmie come se fossero persone d’oggi. Ogni componente di quella famiglia ha il suo nome, ognuno ha le sue caratteristiche, c’è chi è volenteroso, assiduo nell’applicazione, chi è pigro, svogliato, chi è rivolto alla contemplazione, chi all’attività artistica, chi alla caccia. Tra le donne ci sono quelle che preferiscono il lavoro domestico, la condizione di sottomissione all’uomo e quelle che, invece, vogliono primeggiare. Edward, il capofamiglia, è rivolto all’invenzione, alla scoperta di nuove tecniche, di nuovi strumenti, all’applicazione di nuovi modi di stare, di vivere. Suo fratello, Jan, è, invece, piuttosto restio ad accettare le novità, è piuttosto conservatore.

   Si pensi che nella preistoria nessuno sapeva ancora di modi di stare, che questi sarebbero diventati propri dell’umanità futura, che questa doveva ancora formarsi. Incuriosisce, fa ridere che lo scrittore abbia avuto una simile idea, che abbia inteso rappresentare tramite gli uomini primitivi quelli moderni, che come questi li abbia fatti pensare, parlare, agire. Sembra che il Lewis abbia voluto creare un collegamento, far intravedere una continuità tra prima e dopo pur tenendo conto che quel prima era molto remoto, era preistorico. Ma di là da ogni supposizione, un’invenzione rimane la sua, escogitata e realizzata al solo scopo di riuscire comico, di ottenere effetti umoristici. Né altro poteva aspettarsi lo scrittore quando rappresentava quell’Edward sempre intento a scoprire, ad inventare nuovi mezzi, ad indicare nuove forme di vita quasi fosse uno scienziato, un pensatore d’oggi. Scoprirà il fuoco, imparerà a produrlo, lo utilizzerà per la difesa dei luoghi abitati, per la cottura della carne degli animali uccisi durante la caccia, renderà più robuste le punte delle lance usate per questa, scoprirà l’arco, pur esso molto utile per la caccia, stabilirà che è bene sposarsi tra estranei, non tra familiari. Grazie a lui cambierà completamente la vita delle scimmie che fino ad allora era avvenuta sugli alberi. Cominceranno a vivere per terra e vi rimarranno per sempre.  Ma come ogni inventore, come ogni genio Edward vorrà diffondere la conoscenza delle sue scoperte mentre in casa i figli non intendono farlo perché vogliono essere i soli, gli unici a godere di esse, vogliono farne il loro segno distintivo, il loro privilegio. Fingendo un incidente uccideranno, quindi, il padre dal momento che non riuscivano a ridurlo alle loro idee.

   Finirà così il romanzo del Lewis mostrandosi fino alla fine impegnato ad ammodernare una situazione preistorica, a farla attraversare da molti particolari della vita attuale, a creare questa combinazione, questa alternanza, questa sovrapposizione, a farne motivo continuo di comicità.