Da settembre torna l’educazione civica: ci sarà il voto in pagella ma non un’ora in più

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Ritorna l’educazione civica a partire dal prossimo settembre, in tutte le classi, dalla prima elementare alla quinta superiore: non ci sarà un’ora in più di scuola, ma il voto in pagella sì. E’ stato raggiunto un compromesso in commissione cultura alla Camera su un testo che verrà votato in Aula a partire dal 29 aprile e potrebbe essere approvato prima delle elezioni europee.La legge è molto meno ambiziosa delle promesse fatte in questi mesi: un’ora in più nel curriculum sarebbe stata troppo costosa, l’ipotesi di ricavare un’ora settimanale a scapito di altre materie sarebbe stato politicamente improponibile senza scatenare proteste di esperti e insegnanti. Dunque la «conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni comunitarie» sarà un «insegnamento trasversale». Cioè ogni scuola ricaverà 33 ore annuali per insegnare i «principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale, diritto alla salute e al benessere della persona», prendendo ore un po’ da tutte le altre materie, come il consiglio di istituto riterrà più utile.

Costo zero

Il testo in discussione ripete più volte che non «devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Cioè si farà usando i docenti della classe e l’organico dell’autonomia, cioè quegli insegnanti senza cattedra che sono a disposizione nelle scuole dopo la riforma Renzi: molti di loro sono tra l’altro abilitati (alle superiori) per l’area giuridica e dunque avrebbero le competenze adatte. Comunque la legge prevede dal 2020 un fondo di quattro milioni per la formazione dei docenti. L’insegnamento potrà essere anche affidato a più insegnanti in contitolarità, ma ci sarà un coordinatore («al quale non sono dovuti compensi o indennità» per questo incarico) per ogni classe che dovrà dare un «voto in decimi» ad ogni alunno.

L’educazione digitale: dal telefonino alle fake news

Un capitolo importante riguarda l’educazione alla cittadinanza digitale, che comprende un po’ di tutto: dalle fake news, all’uso dei telefonini, alle norme sulla privacy in rete. Si tratta di una parte della legge che è stata voluta da Forza Italia, che è in prima linea sull’argomento con l’ex ministro Mariastella Gelmini e che potrebbe anche votare a favore della legge.

Novità o pasticcio?

Il testo è frutto di lunghe mediazioni: lo scopo è stato quello di arrivare in fretta ad una decisione, anche se l’educazione civica rischia di essere una materia-non-materia. E per questo all’articolo 10 è prevista una riserva, che si possa in futuro aggiungere l’ora di insegnamento ad hoc. Serve ad accontentare chi – leghisti in testa – voleva rilievo maggiore della materia nel curriculum degli studenti. Sul testo da approvare è più critico il Pd, che potrebbe astenersi, per rimarcare la distanza. L’ex sottosegretario Gabriele Toccafondi è scettico: «La montagna ha partorito un topolino, di fatto si ribadisce quello che già era previsto dal 2008, dalla legge Gelmini. Per avere una bandiera elettorale per le europee, Lega e M5S propongono quello che rischia di essere un pasticcio nel momento della sua applicazione nelle scuole».

Da Moro a Salvini

L’educazione civica è presente nel curriculum degli studenti italiani. Fu Aldo Moro a volerla e negli ultimi 50 anni, fu affidata per due ore mensili al docente di storia; nel 1979 lo studio della Costituzione venne relegato alla terza classe della scuola media. Dal 1985 (ministro Falcucci) si chiamò «Educazione alla convivenza democratica». Il ministro Berlinguer (1998) varò lo «Statuto delle studentesse e degli studenti». La Moratti nel 2003 propose l’«Educazione alla convivenza civile» nelle elementari. La sistemazione attuale fu voluta dal ministro Gelmini, che con la legge 169 del 2008 tentò la sintesi tra il termine internazionalmente accreditato di «Cittadinanza» e la Costituzione: non è una «materia», con un orario definito, ma «una sorta di filo rosso che attraversa le discipline, un insegnamento rimesso a docenti di area letterario-umanistica». Dal 2019, se tutto procede come la maggioranza ha immaginato, si cambia.