Tirocinio per il sostegno, caos per i test irregolari

da la Repubblica

Corrado Zunino

I primi test-concorsi organizzati dal ministero di Marco Bussetti sono stati un disastro. Per la prova selettiva del Tfa sostegno, il Tirocinio formativo attivo lungo un anno e organizzato dalle singole università il 15 e 16 aprile scorsi, sono state tre le prove sospese e molte le contestazioni. Il preliminare del Tfa, dedicato agli aspiranti docenti che vogliono dedicarsi alle disabilità a scuola, riguardava il sostegno per l’infanzia, la primaria, le scuole medie e le superiori. Decine di migliaia i candidati per i primi 14.224 posti disponibili (in tre anni i vincitori saranno quarantamila).

L’Università della Calabria (Arcavacata, Rende), l’Università della Basilicata (Potenza) e l’Università di Bari hanno dovuto sospendere e aggiornare tre prove. Gravi errori nella somministrazione dei test. Problemi, di vario genere, si sono verificati in atenei lombardi, emiliani, marchigiani, campani. Tra le contestazioni, che in alcuni casi si stanno trasformando in ricorsi ai tribunali amministrativi, spiccano le domande non previste dall’allegato C del Decreto ministeriale – sulle cui indicazioni si erano preparati gli aspiranti docenti di sostegno -. In alcune aule le prove non sono proprio arrivate, o sono state consegnate quelle di un ciclo scolastico diverso. I regolamenti sono stati applicati in modo differente a seconda dell’università coinvolta: commissioni hanno permesso la correzione delle risposte barrate, altre no. In alcune aule i codici a barre sono stati assegnati invece che sorteggiati e in molti casi le prove sono state svolte in gruppo. In tutti i casi, scarsi controlli e disorganizzazione degli atenei ospitanti.

Un test preselettivo a pagamento – fino a 200 euro per ogni candidato – che deve condurre a corsi di specializzazione oggettivamente cari, da 2.500 a 3.800 euro, non ha trovato uno svolgimento omogeneo nel Paese.

Atenei disorganizzati, quiz subappaltati

In tre casi non si è riusciti ad avviare la prova. L’Università della Calabria (2.800 euro il costo per l’intero Tfa) ha annullato il test per la scuola superiore, quaranta minuti dopo l’inizio, per “alcuni errori tecnici”. All’apertura dei plichi alcuni questionari sono risultati incompleti: le domande non erano state stampate. Il rettore Gino Mirocle Crisci ha addossato la colpa all’organizzazione (privata) che ha gestito specificamente i test: “Siamo completamente estranei”, ha scritto in una nota, “l’ateneo fornisce solo la sede per il concorso, la vigilanza e la distribuzione delle buste. Il Miur, che ha indetto il concorso, ha appaltato le procedure a una ditta esterna, che si è fatta carico di tutte le procedure”. Millesettecento candidati a casa e la prova selettiva per i presenti sarà ripetuta il 27 aprile.

A Potenza 340 candidati hanno dovuto interrompere il test perché in venticinque casi le prove della secondaria di secondo grado (superiori, quindi) erano state scambiate con quelle della secondaria di primo grado (medie). Anche qui l’ateneo si è giustificato: “E’ stato un mero errore materiale della ditta incaricata”. La nuova prova non è stata ancora fissata.

A Bari (2.800 euro il costo dell’intero Tfa) è stato annullato il test per la primaria, 658 presenti. I quesiti erano stati affidati al Consorzio interuniversitario Cineca: i plichi con le domande erano, tuttavia, vuoti. Non c’è ancora comunicazione sulla preselettiva di recupero.

Disagi sono stati registrati all’Università di Salerno, all’Università del Salento, alla Kore di Enna. E all’Università di Foggia, dove il test è stato costruito da un’azienda privata, l’Ente Fiera ha ospitato tremila candidati per i 600 posti disponibili nei quattro cicli. Per la scuola superiore le domande, hanno raccontato i candidati, “erano fuori tema”: la pentola a pressione di Papin, la pila di Volta, la vita di Nelson Mandela, l’auto ibrida plug-in, la leggenda di Frankestein e ancora gli anni bisestili, le probabilità di ottenere una somma di 14 dal lancio di due dadi (da sei numeri l’uno). “Mesi di studio su riforme, normative, pedagogia, psicologia, leggi, commi e non ci siamo trovati nulla di tutto questo nei quesiti proposti, nulla che fosse inizialmente previsto dal bando”. Controlli superficiali, si è poi detto: candidati al bagno durante la prova, cellulari che squillavano nonostante la richiesta di ritiro dei dispositivi elettronici.

Candidate da Urbino: “L’aula sembrava uno stadio”

Queste due testimonianze, dall’Università di Urbino, sono state ottenute dai Docenti per i diritti dei lavoratori (Anndl). Descrivono clima e attenzione nel corso del test: “Non c’è stato alcun controllo del documento d’identità. Abbiamo portato avanti la prova ammassati, spalla a spalla: chi aveva con sé gli appunti, chi i libri, i cellulari accesi sono rimasti così per tutto il tempo dell’esame. A inizio prova abbiamo sentito distintamente una ragazza leggere le domande a voce alta, come per dettarle a chi stava dall’altra parte. Aveva l’auricolare alle orecchie”. E poi: “Eravamo dentro uno stadio con collaborazioni a gruppi, impossibile concentrarsi. Chi ha studiato sul serio, si sente beffato”.
Il sindacato Snals Confsal ha preso le irregolarità-disfunzioni al balzo per chiedere “un nuovo ciclo di concorsi”, immediato, “poiché il contingente di specializzati dell’attuale tornata non sarà sufficiente a coprire le esigenze di organico”. I posti previsti, appunto, sono 14.224. La procedura di selezione del nuovo ciclo, ha detto il segretario generale Elvira Serafini, “dovrà essere affidata al ministero dell’istruzione con una prova nazionale unica lasciando alle università esclusivamente l’espletamento dei corsi”.

Anche la Flc Cgil di Foggia ha chiesto all’ateneo di annullare le prove, ma la larghezza del perimetro degli errori chiama direttamente in causa il Miur, che ha scelto di non vigilare sul concorso per il sostegno. Usb scuola scrive: “È inaccettabile continuare a sopportare i costi della disorganizzazione e dell’incuria di un ministero che da anni non bandisce un corso abilitante e non si fa carico della formazione dei suoi docenti”.  Anief attacca le università: “Con le somme chieste ai candidati solo per tentare l’accesso ai corsi, si doveva e poteva predisporre una preselezione di primo livello, con supporti tecnologici d’avanguardia”.

C’è chi, ora, deve rifare il test – chiedendo permessi di lavoro, in alcuni casi pagando biglietti per bus e treni -, chi già conosce la data del recupero e chi no. C’è chi sa se è stato promosso e chi quando darà gli scritti (pochi, quest’ultimi, in verità). La macchina per creare insegnanti di sostegno procede pessimamente.