ZEROSEI: tra educazione e welfare

ZEROSEI: tra educazione e welfare

di Rosalba Marchisciana*

FORUM Infanzia alla Camera dei Deputati

Si è svolto nei giorni scorsi nella sala conferenze della Camera dei deputati un incontro sulle politiche educative e la piena attuazione del sistema integrato zero/sei promosso dal Coordinamento nazionale infanzia (che rappresenta le più importanti associazioni professionali e organizzazioni sindacali).

La specificità del contesto istituzionale che ha visto la presenza di deputati nazionali espressione di diversi partiti politici, è stata una occasione per accendere un faro sulle politiche scolastiche e sulla incertezza decisionale che pone criticità alla attuazione piena di Interventi operativi che potrebbero invece rilanciare la sostenibilità sociale. “Il sistema integrato zero-sei come rilancio del welfare scolastico e sociale “ è stato uno degli interventi che ha posto l’attenzione sui diritti della infanzia e sui servizi di educazione e istruzione che ruotano attorno (nidi, sezioni primavera, poli educativi) come strumenti per rispondere ad un bisogno sociale e, perché no, occupazionale. 

Oltre i pregiudizi politici

La attuazione piena del d.lgs 65/2017 (uno dei decreti attuativi della L.107/2015 – la c.d. “buona scuola”) al netto dei pregiudizi politici che fanno venir meno la lucidità interpretativa, necessita di una accelerazione operativa e di accorgimenti perequativi nelle regioni meridionali ma soprattutto della lungimiranza degli Enti Locali chiamati ad  intercettare bisogni e supportare le istituzioni scolastiche nella creazione di strutture idonee, concertando con i professionisti della scuola proposte progettuali competitive in grado di sostenere impiego di finanziamenti nazionali che, per difficoltà di progettazione e impiego nelle regioni in cui più forte è la “sete di servizi” rischiano di tornare indietro per essere destinati a regioni virtuose che hanno già una lunga tradizione di politiche per infanzia. 

Occorre innescare un circolo virtuoso tale da promuovere opportunità nuove soprattutto nelle aree deprivate in cui c’è più bisogno di scuola e di servizi educativi. 

Non è semplice partire dal nulla. Ma le buone pratiche consolidate e le professionalità diffuse possono essere una base di partenza solida per vincere diffidenze tra segmenti educativi diversi e lavorare a un progetto comune in linea con le indicazioni nazionali. 

Senza trascurare la legittima richiesta di stabilizzazione delle figure professionali che per tanti anni hanno costruito la propria professionalità sul campo (educatrici, assistenti, operatrici delle sezioni primavera e dei nidi ), senza le quali probabilmente non si sarebbero create le premesse per la stesura di un decreto legislativo ad hoc. 

In attesa di risposte

Mentre  la compagine governativa  è impegnata a trovare equilibri di ogni sorta, gli operatori della primissima infanzia  attendono attenzione e proposte concrete.

Nella consapevolezza che i servizi per l’infanzia rappresentino una delle politiche cruciali per lo sviluppo del capitale umano e più in generale per la crescita di un paese, è necessario promuovere un confronto sui temi della qualità dei servizi, della loro accessibilità, dell’orientamento alle famiglie, dell’inclusione come leva dello sviluppo sociale ed economico. E’ altrettanto necessario, se non primordiale, mettere in campo scelte politiche coraggiose che guardino alla Scuola con l’interesse di  investimenti fondamentali per la ripresa civile e sociale per invertire la rotta della depressione sociale e dell’impoverimento relazionale.

Migliorare la qualità dell’offerta per alimentare una domanda sociale costruttiva

Questo significa garantire la qualità dei servizi offerti alle famiglie in un quadro di integrazione  tra politiche pubbliche  e private del settore. Ma soprattutto  diffondere una cultura educativa di qualità presso le famiglie e le istituzioni locali, attraverso adeguate strategie di comunicazione, attraverso la costruzione e la rappresentazione di una policy “unitaria” sulle politiche sostenibili per l’offerta di contesti educativi di qualità.

L’assegnazione di contributi pubblici dovrebbe essere mirata ad attivare e potenziare servizi duraturi, per creare indotto, a sollecitare interventi edilizi e architettonici, piuttosto che ad erogare un voucher estemporaneo (come in Sicilia e in altre regioni). Occorre arginare la deriva del “sussidio” funzionale all’oggi commerciale e al consenso del momento, per porre attenzione a investimenti  professionali duraturi e significativi, da monitorare, che siano in grado di rilanciare anche occupazione oltre che la qualità dei servizi

La maggior parte dei comuni delle regioni meridionali infatti si trova in difficoltà di rendicontazione con il rischio di una vanificazione se non azzeramento delle somme assegnate in attuazione del d.lgs 65/2017 per assenza di richiedenti rimborso, per assenza di strutture private qualificate. Le stesse somme potrebbero invece essere facilmente impiegate sollecitando e supportando le scuole pubbliche ad accogliere bambini dai 24 ai 36 mesi quanto meno nelle strutture in cui è possibile ricavare spazi idonei in attesa di una regolamentazione strutturata e strutturale del sistema integrato zero sei.

Una distribuzione più equa e razionale demandata alla specificità delle realtà locali  e alla propositività concreta renderebbe merito a chi ha a cuore il mondo dell’infanzia ed è ben disposto a profondere energie per la definizione di un percorso strutturale sostenibile  a valenza sociale.

Stabilizzazione dei servizi e degli operatori: primo passo per la legittimazione dello zero-sei

Incoraggiare la frequenza di una struttura educativa, ad esempio con un sostegno alle sezioni primavera all’interno degli stessi edifici scolastici, potrebbe invertire la rotta e innescare un circolo virtuoso di rilancio, oltre che creare un ponte naturale di raccordo tra un servizio ancora da strutturare e definire (0-3) e una realtà consolidata (3-6) che può solo trarre giovamento dalla esperienza di chi ha lavorato per favorirne l’accesso

Estendere le  “sezioni- primavera” incoraggiandone la concreta diffusione capillare e definire il profilo professionale degli operatori (educatori, assistenti)  anche attraverso concorsi riservati per la definizione di graduatorie specifiche funzionali ad un reclutamento stabile, potrà servire a  porre le fondamenta solide di un percorso integrato 0-6 che, se ben strutturato, potrà dare linfa alla ricrescita economica del nostro Paese e ossigeno alle famiglie.

Oltre la provocazione, proposte concrete

A 50 anni dalla nascita della scuola della infanzia statale (Legge 444 del 1968), i tempi sono maturi anche per lanciare richieste concrete che possono tuonare come provocazioni:  estensione delle sezioni primavera in tutti gli istituti comprensivi, assegnazione dei finanziamenti stanziati per lo “zero-sei” direttamente alle scuole in un’ottica di perequazione geografica; conseguente  ridefinizione dei parametri di complessità funzionali anche alla definizione degli organici a sostegno  del lavoro dei dirigenti scolastici.

Nel quadro complessivo di un processo di sostegno alla obbligatorietà della scuola della infanzia…. perché no, sulla scia di quanto si sta decidendo di fare in Francia? Nella consapevolezza che  vivere  l’infanzia è un diritto e che gli operatori della scuola insieme alle istituzione hanno il dovere di promuovere e tutelarne l’attuazione.

  • Dirigente scolastica a Gela-CL