«La formazione dei giovani torni priorità per l’intero Paese»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

La formazione dei giovani deve tornare una priorità per il Paese. Perché Industria 4.0 sta trasformando il mondo; da qui al 2022 un terzo delle attuali professioni cambieranno, e c’è bisogno di competenze nuove e sempre aggiornate. Perché in Italia si punta ancora poco sulle discipline tecnico-scientifiche: da noi ogni anno si laurea in queste “materie Stem” solo l’1,4% dei ragazzi tra i 20 e 29 anni, a fronte del doppio, e quasi del triplo, a livello internazionale. Senza contare, poi, che demograficamente abbiamo pochi giovani; il tasso di laureati è il più basso in Europa; e il collegamento tra scuola e mondo del lavoro è rimasto debole: qui, il 4,4% di under25 studia e ha un primo contatto con le aziende, in Germania questa percentuale è del 36,8%. Insomma, «oggi più che mai la vera sfida sono le competenze – spiega Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano -. E per questo, lunedì agli Stati generali dell’Education organizzati da noi imprenditori, e ospitati nella sede dell’Unione industriale di Torino, vogliamo ragionare sugli strumenti che servono per rimettere al centro la formazione dei nostri ragazzi. E lo faremo ascoltando quello che si fa in India, Cina, negli Stati uniti, a Bruxelles. E poi, confrontando le singole esperienze con la realtà italiana per individuare la strada giusta».

Vice presidente, il 4.0 ha innescato una rivoluzione…

È così. La digitalizzazione sta trasformando attività umane, scuole, imprese, tutto. Ma, adesso, mai come prima nella storia, il valore della competenza diventa centrale. Nei prossimi tre anni nel manifatturiero prevediamo di assumere 193mila risorse. Già oggi però sappiamo che una selezione su tre sarà “difficile” per l’elevato mismatch. Mancano periti e tecnici superiori: eppure, abbiamo pochi iscritti alle scuole tecniche, e soltanto l’1% degli studenti terziari fa percorsi di formazione professionalizzante. La vicina Francia è al 18%, la Germania inarrivabile al 34%, ma anche oltreoceano, negli Usa, la formazione professionalizzante nei “Community College” ha conosciuto un boom negli ultimi anni. Rispetto agli altri paghiamo soprattutto un orientamento carente. E così la nostra disoccupazione giovanile si attesta oltre il 30%.

Sono i nodi storici della scuola italiana. All’estero che succede?

Lunedì a Torino ascolteremo e discuteremo proprio di questo. Posso dirle che l’India ha messo in piedi un programma nazionale dedicato alle skills, così come in Cina dove dal 2016 è partita una grande campagna delle istituzioni per collegare a doppio filo i percorsi di formazione all’industria nazionale. Gli Stati uniti poi investono in istruzione il 5% del Pil. Sono tutti paesi manifatturieri che puntano tutto sull’education. Noi in 10 anni siamo passati dal 4% al 3,4%. La sensazione è che in paesi come India, Cina, Stati Uniti e in gran parte dei paesi europei l’education sia un tema prioritario del dibattito pubblico. In Italia invece è un tema che “non fa rumore”, e anche da questa esigenza nascono i nostri Stati Generali.

È un problema più di vision o di risorse?

L’Italia è il secondo paese manifatturiero d’Europa, e non possiamo non avere un sistema educativo al passo con i tempi, e con gli altri, che stanno correndo molto veloce. Nell’immediato, non arriveremo a competere con l’India che ogni anno laurea in ingegneria il doppio della popolazione dell’Islanda. Ma un paese con una industria così forte come la nostra deve laureare ogni anno in discipline Stem almeno il 3% dei giovani tra i 20 e i 29 anni, che è comunque sotto il 3,6% della Germania o il 3,8% del Regno Unito.

Non c’è dubbio: serve un canale di formazione terziaria professionalizzante.

Esatto. A cominciare dagli istituti tecnici superiori, i nostri Its. Come Confindustria abbiamo presentato una proposta di legge quadro per rilanciarli. Non solo: noi crediamo nelle lauree industriali manifatturiere, che hanno lo scopo proprio di dare una opportunità concreta ai ragazzi. Serve un canale di formazione terziaria professionalizzante con piena dignità, riconoscibile innanzitutto dai giovani e dalle loro famiglie. E a marzo siamo entrati anche nell’Alleanza europea per gli apprendistati per spingere il link scuola-lavoro.

Un messaggio che indirizza al governo?

Sì. Voglio dire al ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che le imprese sono e possono diventare partner e alleati ideali. È positivo che l’esecutivo abbia ripristinato gli incentivi sulla formazione 4.0. Sull’alternanza, invece, il dimezzamento di ore e fondi è stata un’operazione semplicistica, specie per gli istituti tecnici. In giro per l’Italia ci sono tantissime best practice, sono da studiare e replicare nelle regioni. Ritengo che scuola e impresa debbano avere a cuore la formazione del capitale umano. E, soprattutto, i nostri studenti, che vanno preparati al futuro affinché ne siano i veri protagonisti.