Telecamere negli asili, ok bipartisan ma la scuola si divide sui controlli

da la Repubblica

Corrado Zunino

Il governo, già a trazione leghista, ha trovato i soldi per la videosorveglianza negli asili e nelle case di cura. Matteo Salvini rivendica via Twitter: «Telecamere per difendere bimbi, anziani e disabili, altra promessa mantenuta». Altro regalo all’Italia sospettosa e arrabbiata di questa stagione.

Lo strumento che ha fatto accelerare un processo nato — sempre a destra — nella precedente legislatura è il solito emendamento, questa volta bipartisan, firmato cioè dalla proponente Lega e pure dai Cinque Stelle, quindi da Forza Italia e dal Partito democratico. È stato approvato ieri pomeriggio nelle commissioni Lavori pubblici e Ambiente del Senato. Sulle telecamere negli asili e negli ospizi il Pd nel giro di tre governi ha cambiato idea.

Con il decreto Sblocca-cantieri — contenitore improprio, peraltro — adesso ci sarà l’obbligo, e la novità è proprio l’obbligo, di installare telecamere «in tutte le aule» delle scuole dell’infanzia e «in tutte le strutture» di assistenza e cura di anziani e disabili. La proposta assegna al ministero dell’Interno una dotazione di cinque milioni per il 2019 e quindici milioni per ogni anno dal 2020 al 2024: serviranno ai Comuni per installare apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per tre anni. Altrettanti ne vengono stanziati per fornire gli stessi strumenti alle «strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno».

Il testo, modificato nelle commissioni, approderà oggi in Aula a palazzo Madama. Si attendono ulteriori emendamenti del governo e dei relatori. I soldi arriveranno dal ministero delle Finanze: erano stati fin qui accantonati in favore del ministero della Salute. Sono 160 milioni in sei anni.

Il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, plaude alle «maggiori tutele ai nostri bimbi e a chi vive la stagione della vita di maggiore fragilità», indicando «il valore fondamentale e qualificante del provvedimento per la Lega».

La senatrice Simona Malpezzi, vicepresidente dem e componente della commissione Istruzione, difende il voto favorevole del partito assicurando che nel testo ci sono antiche rivendicazioni della sinistra: il potenziamento della formazione obbligatoria del personale, la valutazione dell’attività in relazione al progressivo logoramento psico-fisico, i percorsi di formazione professionale regionali, la costituzione di équipe psico-pedagogiche territoriali per sostenere i lavoratori, l’aumento dei colloqui tra famiglie ed educatori. Sulle telecamere, però, la stessa Malpezzi vacilla: «Vedremo cosa votare, alla Camera ci siamo astenuti, il percorso del provvedimento sarà ancora lungo ». È Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd ai tempi di Renzi, a dimostrare le distanze interne al partito: «Io ho fermato lo stesso provvedimento che pure prevedeva le telecamere facoltative, figuriamoci ora che sono obbligatorie. È un decreto profondamente sbagliato e autoritario. Con i soldi che si spendono per le telecamere si possono fare investimenti sulla qualità e il numero degli educat ori. Questa legge non va votata».

Anche tra le associazioni dei presidi ci sono visioni diverse. Per Antonello Giannelli, Anp, l’idea è condivisibile, «ma da realizzare al minimo necessario». Per Paolino Marotta, capo dell’Andis, «un sistema di controllo degli operatori contrasta con il principio della riservatezza dei dati personali e rischia di alimentare sfiducia nei confronti dell’intera scuola dell’infanzia». La Cgil attacca, ricordando i dati di una recente ricerca sul burn out delle maestre: «Così si criminalizzano i lavoratori dell’infanzia e si dimentica la penuria di risorse».