Disabilità intellettiva, ai pediatri il ruolo di “sentinella”

Redattore Sociale del 01.06.2019

Disabilita’ intellettiva, ai pediatri il ruolo di “sentinella”

Sulla disabilità intellettiva “il compito del pediatra non è quello di porre una diagnosi precisa, ma di individuare i bambini a rischio di ritardo dello sviluppo per poi inviarli allo specialista, neuropsichiatra o neuropsichiatra infantile, perché poi si possa passare alla diagnosi vera e propria”. Il pediatra deve agire “step by step”, lasciandosi guidare “dai reperti e dalla letteratura, per capire quali sono gli esami che devono essere eseguiti per arrivare alla diagnosi”. A parlare alla Dire del nuovo approccio al bambino con disabilità intellettiva o ritardo globale dello sviluppo sono il professor Ennio Del Giudice, direttore uscente della Scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell’università degli studi di Napoli Federico II, e Giovanna Tezza, dirigente medico di primo livello all’Ospedale Franz Tappeiner di Merano, intervenuti alla sessione ‘Pediatria Futura’ nell’ambito del 75esimo Congresso Italiano di Pediatria in corso a Bologna.

“Il ritardo globale di sviluppo (bambini di età inferiore ai 5 anni, ndr) e la disabilità intellettiva (bambini sopra i 5 anni, ndr) sono nel loro complesso un problema relativamente frequente, perché possono colpire fino al 3% della popolazione pediatrica- spiega alla Dire Del Giudice- Il motivo della distinzione sta nel fatto che solo nel bambino più grande è possibile applicare i test neuropsicologici che consentono di definire con esattezza le varie difficoltà specifiche a livello cognitivo, che prima di quell’età sarebbero difficili da definire. In realtà, con l’introduzione del cosiddetto Dsm 5, il ‘Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali’, arrivato alla quinta edizione, è effettivamente cambiata una prospettiva per quello che riguarda il bambino con disabilità intellettiva”.

In che modo? “In precedenza, veniva usato il termine ‘ritardo mentale’, che poi dalla commissione che ha preparato il nuovo manuale diagnostico è stato ritenuto non molto gradevole, sia per il bambino che per la famiglia- chiarisce il professore- Quindi è stato deciso di cambiarlo in disabilità intellettiva, che tende a insistere sulla disabilità e non sul deficit”.

Facendo riferimento ai criteri classificativi dell’ICF (International Classification of function and disease), “in base al quale vengono indicate tutte le problematiche relative alla persona con disabilità, la disabilità intellettiva non è più definita, com’era per il ritardo mentale, sui valori di quoziente intellettivo, rappresentando quindi quasi un freddo strumento matematico”, ma “viene definita in base al deficit del cosiddetto funzionamento adattivo, cioè tutta quella serie di capacità e abilità che l’individuo mette in essere per lavorare, studiare e inserirsi pienamente nel contesto sociale in cui è nato”.

Funzione chiave per monitorare il bambino è affidata ai cosiddetti “bilanci di salute”, che il pediatra “deve effettuare con regolarita'”, per esaminare lo sviluppo. Compito dei genitori è, invece, “affidarsi al pediatra di famiglia che, in occasione di questi previsti bilancio di salute” può evidenziare gli eventuali “segni di deficit dello sviluppo o del comportamento, come può verificarsi per esempio nelle condizioni del cosiddetto spettro dell’autismo, che negli ultimi anni ha registrato un incremento notevole delle diagnosi rispetto agli anni passati”. Particolarmente utilizzato è il cosiddetto “Test di screening per lo sviluppo di Denver, che mette a disposizione del pediatra uno schema piuttosto agevole per sospettare” la disabilità intellettiva.

Sì all’uso degli strumenti a disposizione come “un’accurata anamnesi- sottolinea Tezza- che possa portare alla costruzione di un albero genealogico e, quindi, risalire alla storia del paziente e della sua famiglia, un esame obiettivo neurologico”. Non “a fare tutto a tutti. La cosa importante- conclude- è quella di non dimenticare mai di avviare subito questi bambini ai percorsi di abilitazione e riabilitazione, prima ancora di aver fatto la diagnosi, perché in ogni caso, se ci sono difetti che possono essere corretti, devono essere corretti immediatamente”.