Le Mosche del Mamiani

Le Mosche del Mamiani

a cura di Seàn-Patrick Lovett e Alessandra Faitelli

La premessa — Lo scorso 3 giugno al Teatro Vascello di Roma gli studenti del Laboratorio teatrale del Liceo statale romano “Terenzio Mamiani” hanno messo in scena “Il signore delle mosche” (titolo originale “Lord of the Flies”), il più celebre romanzo dello scrittore inglese William Golding, Premio Nobel per la letteratura 1983. Il libro ha come protagonisti un gruppo di ragazzi britannici bloccati su un’isola disabitata e racconta il loro disastroso tentativo di autogovernarsi. Il romanzo fu pubblicato nel 1954 negli Stati Uniti. Dopo qualche difficoltà, in seguito il romanzo divenne un bestseller con 14 milioni di copie vendute nei soli paesi anglofoni.
Il laboratorio — Il Laboratorio teatrale è un progetto storico del Liceo Mamiani. Nasce nel 1982, grazie ad una felice intuizione della professoressa Osita Vincenzi Bordi, che in quell’anno ha l’idea di mettere in scena il “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare con la sua classe. Chiede aiuto ad un giovanissimo regista irlandese, Seàn-Patrick Lovett, diplomatosi da poco con una borsa di studio all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Così comincia l’avventura di uno dei laboratori liceali più antichi d’Italia, che oggi compie 37 anni. Guidato da sempre dallo stesso direttore artistico, ogni anno raccoglie un nutrito gruppo di studenti di tutte le classi intorno ad alcuni concetti portanti: impegno comune, condivisione, responsabilità, creatività. Il lavoro laboratoriale propone, oltre alla realizzazione di uno spettacolo, un’esperienza in cui il teatro diviene mezzo di educazione e di conoscenza di sé e degli altri.
Lo spettacolo — Trovare un testo che dia possibilità di espressione a due cast speculari di 25 personaggi ciascuno è sempre difficile. Quest’anno tra settembre e ottobre, quando abbiamo ripreso i nostri incontri, l’attualità richiamava l’attenzione su di sé con urgenza. La politica estera di Trump, l’ascesa di politiche sovraniste e populiste, la Brexit, il problema dei migranti, gli sgomberi violenti di alcune realtà occupate, la crisi degli ideali comunitari, l’insofferenza degli studenti che si è tradotta nell’occupazione del Liceo imponevano che il tema fosse attuale e chiamavano ad una riflessione sugli istinti, sulle paure collettive e individuali, sul ruolo della democrazia, sul pericolo che sempre minaccia ciò che crediamo acquisito per sempre. Il testo di William Golding, Premio Nobel per la Letteratura del 1983, si prestava come canovaccio per una riflessione di questo tipo. I tre atti dello spettacolo si configurano come una vera e propria discesa agli inferi. Entrano in scena dei ragazzi di buona famiglia, liceali educati che si trovano insieme su un’isola, luogo simbolico con i tratti di una scuola occupata. Vorrebbero disciplinarsi e governarsi in modo organizzato e democratico, ma, a poco a poco, la paura e gli istinti prendono il sopravvento, precipitandoli in una primitiva e violenta barbarie. L’adattamento è nato da diverse suggestioni, tra cui le improvvisazioni degli studenti e la rivisitazione di elementi corali propri del dramma antico, utilizzati per esprimere dinamiche violente di branco, nonché meccanismi legati al fenomeno del capro espiatorio.