Sentenza Tribunale Lavoro Taranto 4 giugno 2019, n. 2143

Sentenza Tribunale Lavoro Taranto 4 giugno 2019, n. 2143

RG n. 8008/2018

TRIBUNALE DI TARANTO
SEZIONE LAVORO
Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, in composizione monocratica nella persona della dott. ssa Elvira PALMA, nella controversia di lavoro iscritta al n. 8008/18 R.G., all’esito della discussione orale tenutasi all’udienza del 4/06/2019, tra
XXX, (avv. to Antonello Sdanganelli)
-Ricorrente-
contro
M.I.U.R. -MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA in persona del Ministro in carica, U.R.S. PUGLIA – UFFICIO VII AMBITO TERRITORIALE DI TARANTO, (rappr. e dif. da proprio funzionario ex art. 417 bis c.p.c.)
-Resistente-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA ex art. 429 c.p.c.
Con ricorso depositato in data 28.9.2018, XXX ha convenuto in giudizio il MIUR deducendo di essere docente di ruolo a tempo indeterminato attualmente presso la scuola primaria XXX di Taranto dal 1.9.2017, assunta con decorrenza giuridica ed economica 1.9.2015 in attuazione della L. n. 107/2015, durante lo svolgimento della fase C, ed assegnata per l’a.s. 2016/2017 nell’Ambito territoriale Lombardia/Monza, con assegnazione in via provvisoria (a seguito di sentenza del tribunale di Monza n. 306/2017) in sede di mobilità territoriale interprovinciale nell’anno scolastico 2016/17 in Puglia, ambito di Taranto più vicino all’ambito Calabria scelto per carenza di posti in tale ultimo ambito; di avere proposto domanda di mobilità interprovinciale per l’a.s. 2018/19 indicando 10 preferenze contigue al luogo di residenza (Provincia di Catanzaro) e di avere il Miur illegittimamente assegnato ad altri docenti tali sedi, pur potendo far valere la medesima, sebbene il sistema telematico non ne avesse consentito l’inserimento, in modo del tutto incomprensibile, la precedenza prevista dall’art. 33 L. n. 104/92, per essere referente unico di genitore disabile titolare dei benefici di cui all’art. 3, co. 3, legge cit.; di avere, pertanto, diritto ad ottenere, nella movimentazione interprovinciale del personale docente relativamente all’anno 2018/2019, il trasferimento nella prima delle sedi disponibili tra quelle indicate nella domanda di mobilità interprovinciale, o comunque in uno degli ambiti della Regione Calabria, provincia di Catanzaro o altri in successione ivi indicati, con disapplicazione del CCNI e dell’O.M. 12/4/2017 nella parte in cui limitano il riconoscimento di tale beneficio (diritto precedenza per disabilità personale e ai figli che assistono un genitore disabile in situazione di gravità ex artt. 21 e 33 l. 104/92) in sede di mobilità provinciale e non anche interprovinciale, in palese violazione della normativa legislativa vigente; tanto premesso, ha dichiararsi il diritto al trasferimento presso la sede di servizio disponibile nell’Ambito territoriale della provincia di Catanzaro, ovvero nella prima delle sedi disponibili tra quelle indicate nella domanda di mobilità interprovinciale, previa declaratoria incidentale della nullità della clausola contrattuale e dell’O.M. cit. nella parte in cui escluderebbero i docenti che assistono i genitori o portatori essi stessi di disabilità dalla invocata precedenza in caso di trasferimenti interprovinciali riconoscendola solo per le operazioni di mobilità annuali.
Il MIUR, costituitosi tardivamente in giudizio (soltanto il giorno prima dell’udienza), ha resistito alla domanda.
Istruita documentalmente, la causa è stata discussa e decisa.
Va preliminarmente dato atto essersi il Miur costituito tardivamente in giudizio, avendo depositato la memoria di costituzione in data 18.02.2019, violando il termine decadenziale prescritto dal disposto di cui all’art. 416 c.p.c. di dieci giorni prima dell’udienza di discussione, fissata da questo giudice in data 19.2.2019. Tanto determina la decadenza dalle eccezioni di rito e di merito non rilevabili d’ufficio e soprattutto dai “mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare” (co. 3, art. cit.). Tale condotta processuale incide notevolmente nello sviluppo della presente controversia, non consentendo l’utilizzabilità della documentazione versata in atti dal Ministero resistente diretta a dimostrare, in ossequio alla ripartizione degli oneri probatori, la mancanza e/o esubero di posti disponibili proprio nelle sede e/o ambiti territoriali invocati da parte ricorrente nella domanda di mobilità, con conseguente accoglimento delle doglianze mosse da quest’ultima, sebbene nei limiti di seguito esposti. Va precisato che il sistema della mobilità degli insegnanti è assai complesso (come si evince dal fatto che occorre una contrattazione nazionale integrativa che regolamenta il tutto), articolato in tre diverse fasi, via via consecutive. La risoluzione della controversia dipende dall’interpretazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, come modificato dalla L. n. 53 del 2000, e, successivamente, dall’articolo 24, comma 1, lettera b), della legge 4 novembre 2010, n. 183, secondo cui il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado (…) “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
A sua volta, l’art. 601 d.l.vo 16.4.1994 n. 297 – testo unico in materia di istruzione – stabilisce che “gli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992 n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate si applicano al personale di cui al presente testo unico” (co. 1) e che “le predette norme comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità” (co. 2).
L’interpretazione si giova dei ripetuti interventi della Corte costituzionale, con i quali è stato chiarito che la L. n. 104 del 1992 ha sicuramente un particolare valore, essendo finalizzata a garantire diritti umani fondamentali, e tuttavia l’istituto di cui al cit. articolo 33, comma 5, non è l’unico idoneo a tutelare la condizione di bisogno della “persona handicappata”, nè la stessa posizione giuridica di vantaggio prevista dalla disposizione in parola è illimitata, dal momento che, anzi, la pretesa del parente della persona handicappata a scegliere la sede di lavoro più vicina è accompagnata dall’inciso “ove possibile” (C. Cost. n. 406 del 1992, n. 325 del 1996, n. 246 del 1997, n. 396 del 1997). Nel più recente intervento sulla norma, è stato specificamente precisato che la possibilità di applicazione può essere legittimamente preclusa da principi e disposizioni che, per la tutela di rilevanti interessi collettivi, non consentano l’espletamento dell’attività lavorativa con determinate dislocazioni territoriali (C. Cost. n. 372 del 2002).
Le posizioni espresse dal Giudice delle leggi hanno ispirato l’orientamento della Suprema Corte, che ha ribadito il principio secondo cui il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio non è assoluto e privo di condizioni, in quanto l’inciso “ove possibile” richiede un adeguato bilanciamento degli interessi in conflitto, con il recesso del diritto stesso ove risulti incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, in quanto in tali casi – segnatamente per quanto attiene ai rapporti di lavoro pubblico -potrebbe determinarsi un danno per la collettività (Cass. 829/2001, 12692/2002 e da ultimo, Cass. civ. Sez. Unite Sent., 27.03.2008, n. 7945).
Ora, venendo alla fattispecie in esame, deve preliminarmente disattendersi l’orientamento giurisprudenziale, ormai minoritario, secondo cui il beneficio di cui all’art. 33, comma 5, l. 104/92, anche dopo le modifiche introdotte dagli artt. 19 e 20 della l. n. 53 del 2000, in favore del familiare che assista con continuità un parente handicappato, è concedibile unicamente in fase di prima scelta della sede lavorativa (all’atto cioè dell’assunzione e non anche, come nella specie, in sede di trasferimento), aderendo questo giudice al più recente indirizzo che estende il beneficio in parola anche alle ipotesi di richiesta di trasferimento per sopravvenuta situazione di handicap (valga per tutte, Cass., 18.12.2013, n. 28320).
Ciò posto, la richiesta avanzata dal ricorrente, con istanza di mobilità interprovinciale e diritto di precedenza ex art. 33 l. 104/92 -risultando documentato essere il genitore XXX, residente in Calabria) portatore di stato di handicap grave, ai sensi dell’art. 3, co. 3, l. 104/92 nonché titolare di indennità di accompagnamento- appare fondata.
Invero, l’unico rilievo plausibile alla negazione del diritto vantato è rappresentato dalla esistenza di una norma pattizia ostativa, art. 7, punto V, CCNI sulla mobilità per l’anno 2015/16 (omologa nei successivi contratti collettivi), secondo cui, in assenza anche di una sola delle condizioni previste dal precedente co. 3, “per il figlio referente unico che assiste un genitore in presenza di coniuge o di altri figli, la precedenza nella mobilità provinciale prevista dalla l. 104/92 potrà essere fruita esclusivamente nelle operazioni di mobilità annuale”, ripresa poi nell’Ordinanza Ministeriale del 12/4/2017 n. 221.
L’interpretazione che il Ministero fornisce (e che ha condotto a negare all’istante in via amministrativa il diritto di precedenza), è la seguente: i genitori e i coniugi di persone disabili con handicap grave hanno diritto di precedenza anche nei trasferimenti interprovinciali, vale a dire per gli spostamenti di carattere definitivo; ai figli che prestano medesima assistenza non è negato il diritto suddetto ma è stato “limitato” ai soli spostamenti temporanei della mobilità annuale (e quindi non definitivi).
La questione del contendere riguarda quindi la nullità o meno di detta norma contrattuale ai sensi dell’art. 1418 C.C.C stante la natura imperativa della normativa di cui alla L. n. 104/92.
Pur non essendo prevista, infatti, un’espressa sanzione di nullità per violazione dell’art. 33, comma quinto, della legge n. 104/1992, la natura di norma imperativa di tale disposizione è comunque evincibile dalla ratio legis di essa e dalla sua collocazione all’interno di una legge contenente “i principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza alla persona handicappata” (art. 21 l. 104/1992) ed avente come finalità la garanzia del pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà ed autonomia della persona handicappata, la promozione della piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; la prevenzione e la rimozione delle condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; il perseguimento del recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali, l’assicurazione di servizi e di prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; la predisposizione di interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata (cfr. art. 1 L. 104/92).
Come evidenziato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (sent. N. 7945 del 27.3.2008): “La posizione di vantaggio ex art. 33 si presenta come un vero e proprio diritto soggettivo di scelta da parte del familiare-lavoratore che presta assistenza con continuità a persone che sono ad esse legate da uno stretto vincolo di parentela o di affinità. La ratio di una siffatta posizione soggettiva va individuata nella tutela della salute psico-fisica del portatore di handicap nonché in un riconoscimento del valore della convivenza familiare come luogo naturale di solidarietà tra i suoi componenti. A tale riguardo va evidenziato che la Corte Costituzionale ha rimarcato la rilevanza anche a livello della Carta fondante delle indicate finalità perseguite dalla disposizione in esame. Ed invero il giudice delle leggi – nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale del comma quinto del citato art. 33, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione nella parte in cui tale norma riconosce il diritto del lavoratore dipendente a scegliere la sede più vicina al proprio domicilio – ha affermato che la suddetta disposizione richiede come condizione che il lavoratore sia convivente con l’handicappato; ed invero la maggior tutela accordata all’ipotesi in cui il portatore di handicap riceve già assistenza rispetto a quella – altrettanto meritevole di tutela – ma diversa in cui il lavoratore non è convivente, e si rende quindi necessario il suo trasferimento per attendere alle cure del congiunto – lungi dal rappresentare una discriminazione ingiustificata, costituisce una scelta discrezionale del legislatore non irragionevole finalizzata alla valorizzazione dell’assistenza familiare del disabile, allorquando corrisponda ad una modalità di assistenza in atto, la cui speciale salvaguardia valga ad evitare rotture traumatiche e dannose alla convivenza (cfr. ordinanza Corte Cost. n. 325 del 1996). In questa occasione la Corte Costituzionale ha avuto anche modo di ricordare come esaminando alcuni profili della legge n. 104 del 1992 ne abbia già sottolineato l’ampia sfera di applicazione, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei portatori di handicap, ha anche aggiunto che essa incide sul settore sanitario ed assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sulla integrazione scolastica, e che in generale dette misure hanno il fine di superare – o di contribuire a far superare – i molteplici ostacoli che il disabile incontra quotidianamente nelle attività sociali e lavorative e nell’esercizio dei diritti costituzionalmente protetti (cfr. sentenza n. 406 del 1992)”.
Il rilievo, anche costituzionale, dei diritti che l’art. 33, comma quinto, della legge n. 104 del 1992 è diretto a tutelare, rende evidente che la norma in questione costituisce norma imperativa, la cui violazione da parte di disposizioni contrattuali comporta la nullità di queste ultime, ai sensi dell’art. 1418, comma primo, c.p.c..
Al riguardo occorre richiamare l’evoluzione giurisprudenziale in materia.
Statuisce questo tribunale (giudice dott. L. De Napoli, ord. 13.08.2013) “la clausola pattizia appena citata, nel limitare il diritto di scelta prioritaria del dipendente, che assista con continuità il genitore in stato di handicap grave, alla sola mobilità annuale, escludendolo invece nella mobilità definitiva, deve ritenersi nulla, a norma dell’art. 1418 c.c., per contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 33 co. 5 l. 5.2.1992 n. 104, e conseguentemente deve essere disapplicata, dovendo accordarsi la precedenza ai dipendenti tutelati da detta norma rispetto agli altri dipendenti in ciascuna fase delle procedure di trasferimento, con il solo limite, derivante dall’inciso “ove possibile” contenuto nella citata norma, della vacanza in organico e della materiale disponibilità del posto rivendicato”.
Tale orientamento ha trovato conferma, in vicenda analoga, nell’ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce in data 13.07.2008, confermata con sentenza del 10.07.2009, nonché nell’ordinanza resa da questo giudicante in data 15/9/2015 (XXX c. Miur n. 6161/2015 r.g.) e da copiose pronunce successive di questo stesso giudice e della giurisprudenza di merito.
Non si giustifica dunque l’ulteriore disparità di trattamento tra docenti che partecipano alla mobilità provinciale e quelli che, come l’odierna istante, partecipano alla mobilità interprovinciale, essendo tale distinguo estraneo alla disciplina normativa nazionale e comunitaria.
Come esattamente osservato da parte ricorrente, il titolare di tale precedenza può spenderla all’interno e per la provincia in cui è ubicato il comune di residenza, a condizione che abbia espresso come prima preferenza una o più istituzioni scolastiche comprese nel predetto comune oppure abbia espresso l’ambito corrispondente ad esso o alla parte di esso qualora intenda esprimere preferenze relative a scuole di altri comuni o ad altri ambiti o province: dunque può usufruire di tale precedenza anche in ambiti e/o province differenti purché abbia espresso come prima preferenza una o più istituzioni scolastiche comprese nel comune di residenza.
Tale precedenza è valevole in ciascuno dei comuni, degli ambiti e/o delle province differenti dal Comune di residenza indicati nel proprio ordine di priorità dal docente e il titolare di tale precedenza ha diritto a vedersi riconoscere, in sostanza, tale preferenza, con priorità, nelle sedi disponibili indicate a titolo di preferenze espresse.
Il diritto del familiare lavoratore alla scelta della sede o al non trasferimento per assistere l’handicappato, come affermato nella già richiamata sentenza resa a Sezioni Unite dalla Suprema Corte (n. 7945 del 27 marzo 2008), non è illimitato, e pertanto non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere in maniera consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro.
Tale diritto presuppone la compatibilità con l’interesse comune posto che secondo il legislatore il diritto alla tutela dell’handicappato non può essere fatto valere quando il relativo esercizio venga a ledere in maniera consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, in quanto ciò può tradursi -soprattutto per quel che riguarda i rapporti di lavoro pubblico- in un danno per la collettività.
Difatti il diritto del familiare-lavoratore deve bilanciarsi con altri interessi, che trovano anche essi una copertura costituzionale, sicchè il riconoscimento del diritto del lavoratore-familiare può, a seconda delle situazioni fattuali a fronte delle quali si intenda farlo valere, cedere a rilevanti esigenze economiche, organizzative o produttive dell’impresa, e per quanto riguarda i rapporti di lavoro pubblico, ad interessi della collettività.
Statuisce ancora la Suprema Corte che <la prova della sussistenza delle ragioni impeditive del diritto alla scelta delle sede fa carico sul datore di lavoro>.
Ciò posto, la tardiva costituzione del Miur in questo giudizio gioca un ruolo fondamentale in ordine all’esito conclusivo, non potendo con tutta evidenza questo giudice prendere in esame, per intervenuta decadenza (non aggirabile nell’ipotesi di carenza assoluta di prova, ma soltanto ad integrazione di prove acquisite, con i poteri officiosi di cui all’art. 421 c.p.c. per rimuove incertezze: sul punto, cfr. Cass. n. 18924/12, n. 16182/2011, n. 12717/2010 e molte altre), la documentazione, prodotta dal resistente, diretta non ad integrare una prova ma a fornirla ab origine, comprovante la mancanza di posti nelle sedi prescelte dall’attore, e quindi la sussistenza delle richiamate <ragioni impeditive del diritto alla scelta delle sede fa carico sul datore di lavoro>.
Conclusivamente, in applicazione dei principi di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c., la domanda va accolta, avendo espresso XXX nella propria domanda di partecipazione alle operazioni di mobilità preferenza per l’Ambito Calabria 0002, nonché in sequenza altri ambiti sempre relativi alla Calabria (Ambito 0001, 0004, 0003 e così via).
Da quanto esposto, emerge che in forza della precedenza riconosciuta alla docente ricorrente, la stessa ha diritto ad essere assegnata presso una delle sedi, ove disponibili, nell’ambito territoriale appena riportato, secondo l’ordine di preferenza indicato nella istanza presentata in via amministrativa e tenuto conto della graduatoria relativa alle fasi della mobilità ed al punteggio vantato.
Il diritto alla precedenza deve essere inteso, conclusivamente, come strumentale a garantire la tutela della situazione di disabilità di cui il possessore è portatore ovvero a garantirgli l’assegnazione nella provincia di residenza o in quella più vicina alla stessa; a parità di precedenze prevale il punteggio più alto e in caso di parità di precedenze e di punteggio prevale la maggiore anzianità anagrafica.
In accoglimento del ricorso, deve riconoscersi il diritto di XXX a fruire della precedenza ex art. 33, commi 5 e 7, della legge 104/92 nelle operazioni di mobilità interprovinciale per l’a.s. 2018/19, con conseguente condanna dell’amministrazione convenuta ad assegnarla presso una delle sedi, ove disponibili, indicate nella istanza presentata in via amministrativa secondo l’ordine di preferenza espresso e tenuto conto della graduatoria relativa alle fasi della mobilità ed al punteggio spendibile dalla medesima.
Le spese di lite, avuto riguardo alla novità e complessità della questione giuridica sottesa all’esame della controversia, nonché alla esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrari anche all’interno di questa stessa sezione, vanno integralmente compensate (art. 92 c.p.c.).
p.q.m.
accoglie la domanda attorea e per l’effetto dichiara il diritto di XXX a fruire della precedenza ex art. 33, commi 5 e 7, della legge 104/92 nelle operazioni di mobilità interprovinciale per l’a.s. 2018/19;
condanna l’amministrazione convenuta ad assegnarla presso una delle sedi, ove disponibili, indicate nell’istanza presentata in via amministrativa secondo l’ordine di preferenza ivi espresso (Ambito Calabria 0001, 0004, 0003 e così via), tenuto conto della graduatoria relativa alle fasi della mobilità ed al punteggio spendibile dalla medesima;
compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Taranto, 4 giugno 2019
Il Tribunale –Giudice del Lavoro
(Dott.ssa Elvira Palma)