Del Rav et similia

Del Rav et similia

di Maurizio Tiriticco

Quanti preziosi materiali normativi vengono prodotti oggi dal Miur e dall’Invalsi! E proposti ed imposti alle scuole! Tutti finalizzati a migliorare sempre più processi e prodotti del nostro sistema di istruzione, educazione e formazione nonché, ovviamente, delle nostre singole istituzioni scolastiche autonome. Autonome? Mah! Fino a un certo punto, direi, e con un pizzico di malignità! Ma perché nutro seri dubbi sull’autonomia, quella reale ovviamente, delle nostre scuole e, soprattutto, di quella dei nostri insegnanti? Sono solo dubbi? Non so! In realtà le osservazioni che seguono sono quelle di un povero vecchietto che non insegna da decenni, anche se, però, è sempre impegnato nelle attività di FORMIS, o meglio di FORMazione continua degli InSegnanti. E debbo ricorrere a qualche puntualizzazione storica! Sì! Perché anche la scuola ha la sua storia! Che scorre un po’ lenta, ma, comunque, scorre!

Ho “imparato ad apprendere” nella nostra scuola di Stato e nella nostra Università (Lettere a Roma) dal lontano 1934 fino al 1952. Ho “insegnato” nella nostra scuola di Stato fino al 1983 nonché nella nostra Università (Pedagogia con il Prof. Raffaele Laporta) e non mi sono mai imbattuto in RAV, in PDM ed altre diavolerie del genere! E non mi sembra che nella nostra scuola e nella nostra Università non si insegnasse allora con efficienza, efficacia e produttività. Lo so! La selezione era quella che era e Don Milani nel 1967 sentì la necessità di inviare una bella lettera alla professoressa che bocciava e basta, senza rendersi conto di… ecc ecc.

Ma oggi? Non so! Mi sembra che l’amministrazione scolastica si diverta – come di consueto, ovviamente – a rendere complicate le cose semplici! Spesso mi chiedo: ma il progress dell’autonomia delle istituzioni scolastiche non avrebbe dovuto “svuotare” con il trascorrere del tempo l’amministrazione centrale delle sue tradizionali competenze? In effetti la legge delega 59/1997 (detta anche legge Bassanini), varata dopo anni di discussioni relative a come rendere più efficace, efficiente e puntuale la pubblica amministrazione, affidava una “delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti Locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”. Una legge che veniva da molto lontano, dalla legge 241/90 concernente “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”: una legge che mi piace definire come la “nonna” delle autonomie.

E’ opportuno fare un po’ di storia. Ricordiamo tutti i famosi cinque “decreti delegati”, emanati in ordine alla legge delega 477/1973, concernente, appunto, “Delega al Governo per l’emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato”. In ordine a quella legge, con il decreto 419/1974, venne istituito il CEDE, con sede in Villa Falconieri in Frascati, ovvero il “Centro europeo dell’educazione, avente personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia amministrativa. Esso è sottoposto alla vigilanza del Ministero della pubblica istruzione. Ha il compito di curare la raccolta, l’elaborazione e la diffusione della documentazione pedagogico-didattica italiana e straniera e di condurre studi e ricerche sugli ordinamenti scolastici di altri Paesi con particolare riguardo a quelli della Comunità europea e sull’attività in campo educativo delle organizzazioni internazionali”. Nacque così quel bel CEDE, dalla felice intuizione della necessità di dover sprovincializzare la nostra scuola. E ciò è dovuto soprattutto a quel fertile e attivo educatore di area cattolica ed esperto di politica scolastica che era Giovanni Gozzer. Il Centro fu attivo appunto dal 1974 e Gozzer lo presiedette fino alla sua scomparsa. Poi fu presieduto da Aldo Visalberghi… e poi ancora da Umberto Margiotta, Gaetano Domenici… ecc. Insomma, tali iniziative nascevano dalla necessità di comprendere che ormai la scuola italiana doveva assumere un respiro europeo. Erano gli anni delle ricerche internazionali sull’istruzione, tra cui quelle condotte dall’IEA, International Association for the evaluation of Educational Achievement. In seguito, molto più tardi, a norma del Dlgs 258/99, il Centro europeo dell’educazione viene ridenominato e trasformato in Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione. Nasceva l’Invalsi!

Ma andiamo avanti. E’ bene sottolineare l’importanza di alcune norme, che possiamo definire storiche: a) il dlgs 29/93, concernente la “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego”; b) la direttiva PCM 27/1/94 concernente “principi sull’erogazione dei servizi pubblici: eguaglianza, imparzialità, continuità, diritto di scelta, partecipazione, efficienza, efficacia, adozione di standard, semplificazione delle procedure, informazione degli utenti, rapporti con gli utenti, valutazione della qualità del servizio, rimborso, procedure di reclamo”; c) il dlgs 626 del settembre ‘94, concernente l’“attuazione delle norme CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”; d) il dpcm 7/6/95 che detta lo “schema della Carta dei servizi scolastici”. Si trattava di modificazioni non banali apportate via via al nostro sistema di istruzione. In realtà è ormai da tutti riconosciuto che l’istruzione costituisce un fattore centrale ed essenziale per lo sviluppo stesso di un Paese!

Giungiamo poi al nuovo millennio, contrassegnato da una legge costituzionale con cui si apportano “modifiche al Titolo quinto della parte seconda della Costituzione”. Si tratta della legge 3/2001, approvata in seguito da un referendum popolare con il 64,4% di sì. Per quanto riguarda la scuola, l’articolo Cost. 117 viene così modificato: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: m) determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (nel caso della scuola il diritto all’istruzione) ; n) norme generali sull’istruzione”. Successivamente la Ministra Letizia Moratti volle “metterci del suo” in materia di scuola e varò la legge 53/2003. Si trattava di un provvedimento con cui si conferiva “delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”. In detta legge, tra l’altro, l’articolo 3 è tutto dedicato alla “valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema educativo di istruzione e di formazione”. In detto articolo leggiamo tra l’altro che “ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione della qualità del sistema di istruzione e di formazione, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative; in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la struttura del predetto Istituto”.

Da quella norma è iniziata quella che mi piace chiamare l’invalsione della scuola!!! O meglio, la somministrazione periodica alle scuole delle “prove Invalsi”: la pillola annuale che insegnanti e studenti devono assumere! E, come avviene per tutte le pillole, l’assunzione è sempre mal sopportata. Anche e soprattutto perché l’Invalsi adotta criteri di misurazione e di valutazione che hanno valenza e rigore scientifici, mente le valutazioni esercitate da sempre dai nostri insegnanti sono quelle che sono! Gli insegnanti non sanno nulla di misurazione, di valutazione e di certificazione, però sono tenuti non a “misurare”, perché nessuno glielo ha mai insegnato, ma a valutare e a certificare! Ma il tutto molto “alla buona”! Tutt’al più i nostri insegnanti – ma non per loro responsabilità – nelle loro elaborazioni tri- o quadrimestrali  giungono alla media. E non sanno che oltre la media, esistono altre elaborazioni: la mediana, la moda, il gamma, il sigma, i punti Z e i punti T. Procedure che renderebbero la valutazione credibile, se non scientifica! Non assegnano mai un uno o un dieci, Anzi a volte deliberano collegialmente di abolire gli uno e i due! Contra legem!!! Di converso abbondano in più, in meno, in meno meno… quindi alterano di fatto la scala decimale che per legge ammette solo punti interi!!! Ma nessuno glielo dice perché l’Invalsi invade la loro attività ma non insegna!!! Lo credo bene! Se insegnasse loro come si misura, si valuta e si certifica, con il tempo il nobile e saccente istituto nazionale chiuderebbe!

Ebbene! In questo casotto operativo nel quale i nostri insegnanti operano, adesso la norma e la provvidenziale amministrazione centrale hanno lanciato loro addosso pure i RAV, i PDM e non so che cos’altro! Qual è il risultato di tutto questo bailamme? Che i nostri insegnanti sono costretti a riempire sempre più carte su carte e a trascurare di fatto la didattica. A fronte poi di studenti sempre più distratti da altro e di genitori sempre più esigenti, saccenti e prepotenti. Ne esce un mix che non fa affatto bene alla scuola! Per non dire poi dei nostri attenti, zelanti e sempre più pazienti dirigenti che oggi hanno a che fare con la minaccia di dover rilasciare impronte digitali! Sì! Come i galeotti!

Così, con questi adempimenti a monte del concreto “insegnare ad apprendere” il rischio è che gli insegnanti divengano sempre più burocrati e gli studenti sempre più somari! Anche se poi gli esami di maturità sono superati da cani e porci (99,99%) e con punteggi belli alti, soprattutto al Sud! Concludo: c’è un grosso rischio che i nostri giovani divengano sempre più ignoranti e i nostri insegnanti sempre più demotivati, anche perché – com’è noto – sono i peggio pagati del mondo!!! Però la moltiplicazione della carta non si ferma! Oggi compilano RAV e PDM e non so cos’altro! Per non dire dei voti, stampati a fuoco sui registri elettronici! I vantaggi del progresso digitale? Mah! E domani? Comunque, possiamo stare più che tranquillli!!! A dirigere il nostro Ministero si avvicendano sempre uomini dello spessore di un De Sanctis… di un Bonghi, un Orlando, un Croce, un Gentile, un Omodeo… viva l’Italia! Viva l’ignoranza! Viva i due nostri grandi vicepresidenti leader del Consiglio dei Ministri che non parlano, ma balbettano slogan! Prima gli italiani! Prima i minibot!