Governo a caccia di 1,4 miliardi per alzare lo stipendio dei prof

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Alla lunga lista di promesse/proposte/desiderata che già compone il menù della prossima manovra da 45 miliardi si iscrive anche la scuola. Non tanto e non solo per la doppia ondata di concorsi da 70mila cattedre, che arriverà entro l’autunno e che però è finanziata, quanto per l’auspicato rinnovo del contratto. Che dovrebbe garantire agli oltre 800mila insegnanti italiani un «aumento a tre cifre». Con un costo complessivo di 2,2 miliardi. Di cui 1,4 ancora da reperire. Una partita tutt’altro che semplice nonostante l’innalzamento dello stipendio dei prof sia una dei pochi temi non divisivi tra le due anime della maggioranza gialloverde.

L’intesa con i sindacati

Con il Ccnl 2016-2018, rinnovato da Valeria Fedeli e scaduto lo scorso dicembre, sono stati garantiti ai docenti aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (si è andati da un minimo di 80,40 euro fino a un massimo di 110 euro, in ragione di anzianità e grado di scuola dove si presta servizio). Soprattutto per le qualifiche iniziali, poi, è stato previsto il “paracadute” dell’elemento perequativo, che vale in media 11,50 euro. Questo emolumento era stato finanziato fino a dicembre 2018, ma con la scorsa legge di bilancio è stato riconfermato, grazie anche al taglio dei fondi per l’alternanza scuola lavoro.

Ora tocca al nuovo contratto collettivo 2019-2021. Le basi di partenza sono state poste dell’intesa di fine aprile tra governo e sindacati della scuola. In quell’accordo, l’esecutivo si è impegnato a garantire un rinnovo «a tre cifre» – il copyright è del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti – attraverso «il recupero graduale nel triennio del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori».

Al Miur si fanno i primi calcoli in vista della legge di bilancio 2020. Per assicurare ai circa 800mila insegnanti italiani i 100 euro e gli 11,50 di elemento perequativo, quindi in totale 111,50 euro di incremento medio mensile, dovrebbero servire intorno ai 2,2 miliardi di euro. Di questi 800 milioni sono stati già previsti dalla manovra 2019 e sono pertanto disponibili. Andrebbero trovati i restanti 1,4 miliardi. Una cifra “impegnativa” considerando le altre poste (in primis, clausole Iva e flat tax) già in agenda. Al netto, ovviamente, di come verrà risolta la querelle con Bruxelles sui nostri conti pubblici.

L’allineamento con gli stipendi Ue

Anche se le risorse venissero recuperate il rinnovo non basterebbe tuttavia a sanare il gap con il resto d’Europa. Nello stesso accordo di aprile è stato concordato di avviare «un percorso di graduale avvicinamento alla media dei livelli salariali di altri paesi europei». Qui, per ora, non si fanno cifre. Per i sindacati servirebbe, già quest’anno, una dote iniziale di 1 miliardo. Del resto i numeri pubblicati qui accanto parlano da soli. Con l’Italia che – anche a causa di un orario di lavoro comunque ridotto rispetto a quasi tutto il vecchio continente – resta strutturalmente al di sotto della media europea oltre che di quella Ocse. Sia per le retribuzioni di partenza che per quelle di arrivo. Del resto era stata la stessa Commissione Ue a ricordarci qualche giorno fa che nel nostro Paese una vera e propria carriera degli insegnanti non esiste visto che il percorso è di fatto uguale per tutti «con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito». Un tema che sembra tuttavia destinato a restare nell’ombra anche stavolta.