Regionalizzazione, Bussetti: la scuola rimarrà una sola per tutto il Paese

da Orizzontescuola

di Vincenzo Brancatisano

No, non avremo un’Italia divisa, la scuola rimarrà una sola per tutto il Paese. Parola del Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che ci ha rilasciato questa intervista.

Di essa abbiamo già dato un’anticipazione su questo giornale ieri, in merito alle notizie forniteci dal ministro sugli imminenti concorsi. Intanto Bussetti vuole rassicurare tutti su un tema scottante, che sta destando molte preoccupazioni tra i docenti e le loro organizzazioni sindacali. “Non esisteranno mai una scuola del Nord e una scuola del Sud”, puntualizza riferendosi alle intese sull’autonomia differenziata in materia scolastica firmate da alcune Regioni e dal governo, alla cosiddetta regionalizzazione della scuola italiana.

“Tanto più – precisa – che tra le Regioni che hanno fatto richiesta di autonomia c’è, per esempio, anche la Campania”. Bussetti stigmatizza la situazione ereditata dai governi precedenti, anche quella che vede migliaia di docenti assunti pur meritoriamente in ruolo dal governo Renzi e che però lamentano i disagi legati a un trasferimento imposto, non gradito.

“E’ stata colpa di un algoritmo gestito malissimo – commenta – Molti neoassunti sono stati catapultati a centinaia di chilometri da casa propria. Un’ingiustizia nei confronti dei docenti che ha avuto anche gravi ripercussioni sulla continuità didattica per i nostri studenti”. Studenti attualmente impegnati nella nuova versione degli esami di Stato, che tante preoccupazioni aveva destato fino alla vigilia della prima prova.

Quanto agli insegnanti, il ministro annuncia l’intenzione del Miur di costituirsi parte civile in tutti procedimenti giudiziari che riguardino aggressioni ai docenti e di “riconoscere la loro professionalità, anche economicamente”.

Ministro Marco Bussetti, come ha trovato la scuola quando si è insediato?

“La scuola, quella fatta da docenti, personale ATA, dirigenti scolastici e alunni è una comunità vitale e straordinaria, quella che ho sempre conosciuto. Che però ha bisogno di interventi costanti per funzionare al meglio. Il precariato, l’edilizia scolastica, una riforma ereditata da ridefinire, la necessità urgente di ripristinare il rispetto e il prestigio dovuti alla figura del docente: sono soltanto alcuni dei fronti sui quali ci siamo mossi nell’ultimo anno per migliorare il sistema e risolvere le criticità che si sono di volta in volta manifestate. Fin dall’inizio mi sono impegnato per garantire massima attenzione al mondo della scuola, proponendo soluzioni concrete e mettendo sempre al primo posto le esigenze degli studenti, dei lavoratori della scuola, delle famiglie”.

La scuola era stata appena riformata dal Governo Renzi. Che cosa non andava in quella riforma? 

“La legge 107 del 2015 ha prodotto purtroppo alcuni danni. In particolare, sono convinto che il peccato originale di quella normativa sia stato la mancanza di condivisione. È stato un provvedimento imposto dall’alto, che ha travolto le scuole, appesantendo i carichi burocratici, senza fornire il giusto accompagnamento. Le faccio un esempio: un atto in sé positivo, come l’assunzione di decine di migliaia di insegnanti, è diventato un dramma che ha condizionato pesantemente la vita di tantissime persone e delle relative famiglie. Per colpa di un algoritmo gestito malissimo, molti neoassunti sono stati catapultati a centinaia di chilometri da casa propria. Un’ingiustizia nei confronti dei docenti che ha avuto anche gravi ripercussioni sulla continuità didattica per i nostri studenti. E, a proposito di questi ultimi, i maturandi di quest’anno hanno rischiato di avere difficoltà con un Esame di Stato modificato in corso d’opera: abbiamo scongiurato il pericolo con il nostro intervento. Predisponendo un piano formativo e informativo straordinario, per farli preparare con consapevolezza e serenità alle prove. E organizzando per la prima volta delle simulazioni nazionali per gli scritti. Misure di accompagnamento mai sperimentate prima”.

Questo governo ha abolito la chiamata diretta, per competenze, dei docenti da parte dei dirigenti. Che cosa non andava secondo lei nel consentire al preside di scegliersi i docenti ritenuti più idonei per i Ptof del proprio istituto? 

“La questione è che non era mai stata applicata bene. Perché non poggiava su un disegno preciso e definito. Giudicandola in base ai suoi effetti, era una pratica caratterizzata da discrezionalità eccessiva e che causava troppe inefficienze. Al suo posto abbiamo introdotto regole basate su criteri oggettivi”.

Il tema che sta più a cuore a chi si occupa di scuola riguarda la qualità degli apprendimenti degli alunni. Come intende intervenire per migliorare i risultati non sempre positivi che emergono dalla valutazione dell’Invalsi e di altri enti? 

“Il nostro sistema è caratterizzato da punte di eccellenza. Dobbiamo riconoscerle e valorizzarle. Siamo all’avanguardia su tanti aspetti. Ma, come ho detto anche prima, dobbiamo intervenire per sanare le criticità e permettere a tutti gli istituti di funzionare al meglio e garantire una formazione di qualità a ogni studente. Le scuole che risultano in difficoltà sotto l’aspetto della qualità dell’apprendimento vanno sostenute e potenziate. È un altro punto qualificante della nostra azione di governo. Non a caso, a febbraio ho firmato un decreto che stanzia 50 milioni di euro per interventi specifici di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica in aree a rischio del Paese. Continueremo in questa direzione”.

La regionalizzazione dell’istruzione italiana è un vecchio cavallo di battaglia della Lega. Non c’è il pericolo, paventato dagli insegnanti e dalle organizzazioni sindacali, che si accentui il divario tra le varie regioni del Paese? 

“La scuola rimarrà una sola per tutto il Paese, con identici parametri qualitativi assicurati dal controllo dello Stato. Non esisteranno mai una ‘scuola del nord’ e una ‘scuola del sud’. Tanto più che tra le Regioni che hanno fatto richiesta di autonomia c’è, per esempio, anche la Campania. Dobbiamo vederla come un’opportunità, un modo per assicurare servizi migliori ai cittadini. D’altronde, è già così oggi con l’autonomia scolastica che permette ai singoli istituti di calibrare al meglio la propria offerta formativa sui territori. Ricordiamo sempre che, dal 2001, è la nostra Costituzione, all’articolo 116, a prevedere la possibilità di una autonomia differenziata per le Regioni che ne facciano richiesta”.

Ci sono 150.000 cattedre scoperte, assegnate ai docenti con incarico annuale: i concorsi  indetti, ordinario e straordinario, e i nuovi Pas, riusciranno solo in parte a risolvere il problema del precariato e il conseguente turnover dei docenti. Cosa intende fare in merito?

Il nostro obiettivo è  garantire agli studenti insegnanti in cattedra già dal primo giorno di scuola. E allo stesso tempo abbattere il precariato storico, con una combinazione di misure ordinarie e straordinarie. Abbiamo avviato una nuova stagione di concorsi. Per i docenti che hanno già almeno tre anni di servizio, sia nella scuola statale che nella paritaria, saranno attivati percorsi per consentire l’abilitazione all’insegnamento. Tra le misure straordinarie, un concorso da 24 mila posti circa per chi ha già tre anni di insegnamento nella scuola statale. Bandiremo poi concorsi ordinari: 17.000 posti nella scuola dell’infanzia e nella primaria, più di 24.000 posti nella secondaria. Il concorso per 17.000 posti sarà bandito entro l’estate. I concorsi per la secondaria, ordinario e straordinario, arriveranno entro la fine del 2019. Vogliamo insegnanti stabili, rassicurati sul proprio futuro, che possano dare continuità agli alunni e alle famiglie. Faremo tutto il necessario. È chiaro che ereditiamo una situazione intricata, effetto di politiche miopi di governi che ci hanno preceduto. Ci vorrà del tempo, ma in un solo anno abbiamo già ottenuto risultati significativi.

Per la secondaria parliamo, quindi, di  uno slittamento. Quali sono i motivi?

“Nessuno slittamento. Ma un lavoro costante che stiamo facendo dialogando con le organizzazioni sindacali per tenere conto, come dicevo poco fa, anche dei docenti che hanno già insegnato nella scuola”.

Parliamo dell’accordo raggiunto giorno 24 aprile sugli aumenti stipendiali. Non c’è dubbio che ci troviamo davanti all’offerta migliore che il personale della scuola abbia avuto negli ultimi anni, ma esponenti della vostra maggioranza hanno messo in guardia i sindacati sulla firma dicendo che prima avrebbero dovuto chiedere la certezza della copertura finanziaria. Cosa risponde?

“L’intesa del 24 aprile è stata molto importante. Per nulla scontata. E dovremmo guardare al risultato complessivo, senza perderci in critiche che non aiutano a trovare soluzioni. L’accordo pone al centro due argomenti: più risorse per il prossimo rinnovo contrattuale e soluzioni mirate per il precariato. Abbiamo immediatamente attivato i tavoli tematici per dare attuazione agli impegni presi e stiamo lavorando molto bene con le organizzazioni sindacali. Tra i nostri obiettivi c’è quello di riconoscere la professionalità dei nostri insegnanti anche economicamente. Come abbiamo già fatto nell’ultima Legge di bilancio, quando abbiamo previsto risorse aggiuntive per 1,7 miliardi. Vale la pena ricordare che stiamo anche facendo fronte alle mancanze del passato esecutivo: con il rinnovo del contratto sottoscritto nei mesi scorsi abbiamo recuperato i fondi per bloccare la  riduzione degli stipendi che era stata già programmata dal governo che ci ha preceduti”.

La dignità degli stipendi è legata al riconoscimento del ruolo sociale e al prestigio dei docenti, spesso vittime di episodi di violenza da parte delle famiglie e degli alunni. Ci sarà un giro di vite per arginare questi episodi? 

“I nostri docenti non saranno più lasciati soli di fronte a questi intollerabili comportamenti. Il loro ruolo e la dignità della loro figura devono essere ricostruiti. Il Miur si costituirà parte civile in tutti procedimenti giudiziari che riguardino aggressioni agli insegnanti. A questa doverosa presa di posizione del Ministero, va affiancata un’azione educativa che riporti nella scuola l’educazione al rispetto delle regole e alla civile convivenza. Per questo ho fortemente voluto che si tornasse a studiare l’Educazione civica e già a partire dalla Scuola dell’infanzia”.

D’altra parte si assiste a episodi che vedono vittime di maltrattamenti gli alunni più piccoli. Lei pensa che le telecamere possano arginare il fenomeno? Non c’è il rischio di un’interferenza esterna nel rapporto educativo che si instaura tra l’insegnante e gli allievi?

“Il Parlamento ha dato il via libera alla installazione delle telecamere negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia e nelle case di riposo. Un provvedimento ispirato dai fatti di cronaca, ma anche da molte richieste di sicurezza. La mia fiducia nella classe docente è totale e il rispetto nei loro confronti, come ho detto, è una priorità. Ma con la videosorveglianza stiamo rispondendo a richieste che spesso provengono dalle stesse scuole. Non c’è nessuna imposizione. Andiamo incontro a un’esigenza che ci è stata manifestata”.

Anche il personale Ata si attende segnali per la valorizzazione del proprio ruolo all’interno della scuola. E molti impiegati facenti funzione Dsga vorrebbero vedere riconosciuto il proprio lavoro. Che cosa intendete fare? 

“Il nostro obiettivo è riconoscere il prezioso lavoro che tutto il personale della scuola svolge per i nostri studenti. Per gli ATA, sempre nell’ambito dell’intesa del 24 aprile, abbiamo previsto un tavolo tematico, che si è già  riunito per trovare soluzioni per la valorizzazione del loro ruolo. Non tarderanno ad arrivare, voglio rassicurare tutti. D’altronde, in pochi mesi abbiamo avviato concorsi come mai in passato, non ultimo quello per DSGA. Vogliamo scuole funzionanti ed è per questo che intendiamo costruire condizioni lavorative adeguate”.

Molti alunni diversamente abili risultano spesso sprovvisti del sostegno da parte di personale specializzato. Peraltro, anche le ultime procedure di mobilità hanno consentito a molti docenti di sostegno di passare sulla materia comune. Cosa intendete fare per garantire a tutti gli alunni un sostegno adeguato?

“In tre anni specializzeremo 40.000 nuovi insegnanti sul sostegno per garantire un servizio migliore ai nostri alunni. La scuola deve assicurare la migliore formazione possibile a ciascuno studente. Ho firmato il decreto che consente di far partire i corsi per i primi 14 mila posti. Proseguiremo, nei prossimi due anni, con una precisa programmazione che mette al centro il bene della scuola e degli alunni con disabilità. Sin dall’inizio del mio mandato, ho preso un impegno preciso su questo. Uno dei miei primi atti da Ministro, infatti, è stato incontrare l’Osservatorio dedicato all’inclusione scolastica. E proprio nelle scorse settimane il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, un importante provvedimento che interviene per modificare significativamente le nuove norme in materia che sarebbero entrate in vigore il prossimo settembre e che vengono riviste mettendo sempre di più al centro lo studente e le sue necessità. Dobbiamo garantire i diritti di tutti i nostri giovani, nessuno escluso. Dobbiamo renderli protagonisti della loro crescita, costruendo per loro le condizioni per esprimere tutte le loro potenzialità. Da settembre saranno istituti i GIT, i gruppi per l’inclusione scolastica. Saranno 450 docenti distaccati in tutta Italia che affiancheranno la scuola e la famiglia nei processi di inclusione e nella scrittura del PEI, il piano educativo individualizzato. Una misura strutturale e permanente”.

Veniamo ai Tfa sostegno, sono state molte le lamentele e le segnalazioni di malfunzionamenti per la prova preselettiva. Alcuni sindacati, ad esempio lo Snals, hanno chiesto che questa prova dai prossimi bandi venga gestita direttamente a livello centrale, senza deleghe alle Università. E’ una opzione che state valutando?

“Teniamo sempre conto delle segnalazioni che riceviamo. L’obiettivo ultimo è avere insegnanti preparati. E questo passa inevitabilmente dalla formazione, ma anche da una buona ed efficace selezione”.

La gestione del concorso per i dirigenti scolastici sta suscitando polemiche per presunte irregolarità. Che cosa risponde in merito? 

“Come ho detto in altre occasioni, il concorso viene gestito dall’apparato amministrativo del Ministero, dalla commissione di esame e dalle relative sottocommissioni. Al Ministro spetta l’indirizzo politico del dicastero, non organizzare le prove di un concorso. Né tantomeno giudicare i candidati. Ciò che è certo è che nel caso in cui fossero accertate irregolarità, applicheremo la legge senza se e senza ma. Il mio auspicio è comunque vedere il prima possibile i dirigenti neoassunti in servizio: le scuole hanno bisogno di loro”.

Torniamo all’Educazione civica: un risultato unanime, nessun voto contrario alla Camera. Preoccupazioni sono state espresse da parte di esponenti parlamentari sulla spinta di docenti preoccupati per l’aumento di lavoro, chiamiamolo sommerso, che dovrà sobbarcarsi in particolare la figura del coordinatore da voi prevista. Possibile che si debba fare tutto necessariamente a costo zero?

“Le ribalto la domanda: è possibile che ogni volta che si propone un intervento migliorativo se ne debba fare una questione di risorse? Alle istituzioni scolastiche non mancheranno. Ma il punto qui è un altro: questo Governo è riuscito a ridare centralità in tutto il sistema di istruzione, già a partire dalla scuola dell’infanzia, all’Educazione civica, una disciplina fondamentale per la crescita di ogni giovane. Perché a scuola si diventa cittadini. Il fatto di avere centrato questo obiettivo e di averlo fatto con il consenso di tutti dovrebbe essere una notizia da commentare con entusiasmo. Qui nessuno vuole gravare sugli insegnanti. E non sarà così. Miriamo soltanto a educare ragazzi consapevoli, protagonisti del proprio futuro e dalla vita del Paese. Una scuola, la nostra, davvero all’avanguardia”.