La scuola autonoma del FVG

La scuola autonoma del FVG: controllo politico, “quote” limitate per bambini stranieri e programmi scolastici regionali.

Mentre in Consiglio dei Ministri la Lega cerca ancora di trovare il modo di convincere sulla bontà dell’autonomia differenziata, il Friuli Venezia Giulia, regione autonoma a guida leghista, avoca a sé la gestione della scuola, creando la prima forte spaccatura nel sistema scolastico nazionale.

Le materie di cui si occuperà in via esclusiva la regione riguardano sia gli aspetti amministrativi sia quelli organizzativi, modificando radicalmente il volto della scuola friulana.

La regione si occuperà di definire gli organici e gestire le graduatorie del personale precario, mettendo le mani nel reclutamento, con la possibilità di bandire concorsi a cattedre regionali. Inquietante è la possibilità di incidere sugli aspetti più strettamente didattici, con la facoltà di istituire insegnamenti specifici regionali, operando un pesantissimo attacco all’unitarietà nazionale del sistema di istruzione e alla libertà di insegnamento. In stile prettamente leghista, inoltre, non manca una buona dose di demagogia contro gli stranieri, con la possibilità di stabilire un tetto massimo agli alunni non italiani nelle classi, una sorta di “quota stranieri” come nella migliore tradizione dell’apartheid sudafricano, che impediva l’accesso alla scuola statale dei bianchi. Con l’autonomia friulana gli ex provveditorati e l’USR passeranno sotto il controllo della regione, la politica metterà le mani nella scuola pubblica statale, anche qui seguendo il modello della scuola del ventennio, con il direttore regionale e gli ex provveditori nominati direttamente dalla politica, disponibili a seguire le indicazioni della maggioranza di turno. Come ovvio non manca lo specchietto per le allodole delle scuole aperte tutto l’anno e tutto il giorno. Con quali risorse? Questo non è dato saperlo. Gli insegnanti friulani, secondo l’accordo che attende solo la firma definitiva del ministro (leghista) Bussetti, continueranno ad essere pagati dallo Stato, ma si paventa come possibile la firma di contratti integrativi regionali che aumentano le ore di lavoro e i carichi di lavoro del personale docente e Ata, in cambio di qualche spicciolo in più.

La scuola friulana è un esperimento pericolosissimo, con l’obiettivo di vincolare i lavoratori al territorio, limitandone ulteriormente la possibilità di movimento e sottoponendoli all’occhio vigile della politica, pronta ad intervenire sulla libertà di insegnamento, quando questa andrà in direzione opposta agli indirizzi politici della regione, disegnando una scuola a misura delle esigenze del tessuto imprenditoriale della regione, investendo su insegnamenti diversi rispetto a quelli nazionali (stabiliti da Confindustria FVG?).

Preoccupa la gestione del sostegno, che sappiamo fare gola da tempo al terzo settore, che impiega educatori sottopagati, con l’obiettivo di sostituire la figura dell’insegnante specializzato sul sostegno.

USB Scuola ha sempre sostenuto la Scuola della Costituzione: una scuola pubblica, in cui il privato non metta il naso dei propri interessi, libera da ricatti propagandistici, in cui si aiutino gli alunni e gli studenti a sviluppare coscienza critica e consapevolezza di sé e del mondo, aperta a tutti ed inclusiva.

Il progetto di regionalizzazione della scuola, che il FVG sta accelerando e per cui Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna spingono fortemente, è un progetto di smantellamento del diritto all’istruzione uguale per tutti, su tutto il territorio nazionale.

USB Scuola si oppone ad ogni progetto di autonomia regionale sulla scuola e in generale sui diritti essenziali della persona, del cittadino e dei lavoratori, che devono essere garantiti in egual maniera in ogni angolo del Paese, senza distinzioni tra centro e periferie, tra nord e sud, tra zone ricche e zone depresse.