Invalsi, gap tra Nord e Sud? Servono cure di sistema

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Riportiamo una riflessione di Mila Spicola, insegnante, pedagogista e presidente associazione Sottosopra, in merito ai dati delle prove invalsi 2019.

Anche quest’anno il dato più visibile restituito dalle prove Invalsi sono i divari regionali nelle abilità rilevate dalle prove. Le isole e il Sud indietro e Il Nord più avanti. Come ogni anno. E’ il dato macroscopico rilevato anche dalle prove Ocse Pisa e dalle prove Pirls, che sono più approfondite sui livelli di competenze.

Ocse Pisa, composto dai maggiori esperti di tutto il mondo, da tempo dà anche le “cure” alla nostra malattia, e sono cure di sistema: i nidi (per agire precocemente nella prevenzione delle fragilità all’uingresso degli studenti di aree svantaggiate quali sono Sud e isole), il recupero degli ultimi oggi appaltato al “fuori della scuola” (lezioni private e terzo settore) e non al sistema nazionale d’istruzione.

Per quella che è una delle più grandi emergenze del Paese, i divari nei rendimenti scolastici nella nostra Scuola, sarebbero indispensabili un tempo scuola maggiore laddove non c’è o un’organizzazione scolastica mirata al recupero degli ultimi con azioni di sistema (compresenze, tempo pieno, diversa flessibilità interna); formazione, selezione specifica dei docenti sulle competenze professionali della scuola (s’era provato a fare ma la riforma è stata eliminata dal nuovo governo per motivi di cassa e di opportunismo elettorale).

Queste cure strutturali sono indicate da chi sicuramente ha più competenza ed esperienza, rispetto a decisori politici di passaggio che agiscono troppo spesso in base a percezioni e opinioni e non a evidenze empiriche e scientifiche, e noi queste cure non le adottiamo.

I divari di offerta formativa e le carenze organizzative delle istituzioni scolastiche, l’assenza di tempo scuola, di nidi, di tempo scolastico ordinamentale disteso e non frenetico, la necessità di organizzare diversamente le attività e le architetture interne alle istituzioni scolastiche mirando a un benessere organizzativo più efficace, passano sempre in secondo piano rispetto alla retorica provinciale sul sistema d’istruzione che vince in Italia e hanno responsabilità diffuse, specie al Sud: tessuto sociale poco sensibilizzato e classe dirigente politica, culturale o amministrativa poco formata sui temi specifici e portata ad assecondare quell’opinione pubblica piuttosto che a indirizzarla.

Ogni anno facciamo finta di stupirci e di lamentarcene scaricando tutto il peso delle mancate azioni di sistema (che riguardano aree emergenziali sotto tanti punti di vista del Paese) sulle istituzioni scolastiche e sul personale della Scuola, soprattutto quello che si trova ad agire in situazioni di trincea e con scarsi mezzi, gravando enormemente su quel personale o dando alibi alla parte decisamente minore di quel personale non adeguata al ruolo. Vi do una notizia: non ce la si fa.

Se non si agisce sul piano delle scelte di sistema, confermato dalle indagini specifiche, questa fotografia che segnala divari di offerta prima che di rendimenti, non cambierà di molto negli anni a venire, anzi, se va in porto il disegno dello smembramento della Scuola come pilastro costituzionale nazionale e non come “servizio a carattere regionale” i divari aumenteranno a scapito del Sud e delle isole”.