Regionalizzazione scuola, Conte: scuola e docenti devono essere nazionali. Ma così il Governo cade

print

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Dopo la “bufera” mattutina nel corso del vertice di Governo, durante il quale il vicepremier leghista Matteo Salvini sarebbe letteralmente “sbottato”, prima in conferenza stampa e dopo, sul finire della giornata, il premier Giuseppe Conte ha cercato di rasserenare gli animi. Anche in vista di un nuovo incontro tra le parti in causa, previsto per l’inizio della prossima settimana. Conte, in particolare, è tornato a rimarcare il ruolo nazionale della scuola.

Il problema delle “sensibilità locali”

“Oggi abbiamo parlato di scuola e ci stiamo riflettendo molto – ha detto a margine del Fed di Milano – ed è chiaro che la scuola e i docenti non possono che essere nazionali”.

Poi Conte ha aggiunto: “Nell’ambito di questi pilastri, stiamo valutando come raccogliere alcune sensibilità locali e coniugarle con quello che è un pilastro nazionale”.

Garanzie al Meridione

A proposito di autonomia, a chi gli ricordava la richiesta di “non dimenticare il Sud”, il presidente del Consiglio ha replicato: “lo dico io per primo. Nessuno mi ha chiesto l’autonomia per distaccarsi dal Paese e non è questo l’intento che possiamo attribuire alle regioni che la richiedono e alle comunità locali che hanno votato il referendum”.

“Loro – ha aggiunto Conte – sono orgogliosi di essere italiani, tutti continueranno ad essere italiani e faremo una riforma che consentirà di essere italiani come parte di una medesima priorità”.

Conte minimizza

Qualche minuto dopo, al termine dell’incontro a Palazzo Lombardia con il governatore Attilio Fontana, sempre Conte ha negato di avere assistito in mattinata ad uno scontro tra Lega e Movimento 5 Stelle: “non ho assistito a nessuno strappo”.

“In realtà – ha detto – ci stiamo confrontando, non abbiamo ancora trovato una sintesi ma sono assolutamente fiducioso che anche su questo, sulla scuola, sul l’istruzione, la troveremo”.

“Se entriamo nei dettagli – ha aggiunto – si è ragionato di scuola, un capitolo che suscita grande sensibilità da parte di tutti, perché ragioniamo di un modello di formazione e di reclutamento. Sono temi molto importanti”. “Sarei sorpreso – ha concluso Conte – se ci fosse stato un pensiero unico su tutto”. I tempi? “Brevi, brevissimi”, ha concluso.

I rischi concreti della crisi

L’impressione è che sulla partita della regionalizzazione si stia giocando il proseguo del Governo giallo-verde.

La Lega non transige: dopo lo stand by di metà febbraio ha smesso di premere per alcuni mesi, solo per salvaguardare l’esito delle elezioni europee.

Adesso, però, è tornata alla carica. Ancora di più perché da quella tornata elettorale è uscita rafforzata. E il M5S indebolito, avendo dimezzato i voti. E un eventuale ritorno alle urne per le elezioni politiche rappresenterebbe, con ogni probabilità, il termine dell’avventura dei grillini tra i partiti di maggioranza.

Mentre, sostengono i politologi, salvo colpi di scena, i leghisti si ritroverebbe ancora a governare l’Italia, assieme a Fratelli d’Italia e (se necessario) Forza Italia.

Il premier Conte lo sa bene. Per questo motivo cerca di trovare la quadra. Ma non sarà facile, cercando una soluzione che garantisca gli attuali trattamenti e finanziamenti alle regioni più “deboli”. È un’impresa ardua. E nel caso non vi dovesse riuscire, per il Governo si andrebbe dritti sparati verso i titoli di coda.