AA.VV., Le tue parole

La poetica di Domenico Godino 

di  Giovanni Ferrari

Ho avuto modo di leggere le belle poesie di Domenico Godino detto “MECO” di Corigliano Calabro, voce di una rock band, arrivata in finale  al Sanremorock nel 2005, oggi sfociata  in una splendida pubblicazione di poesie: “LE TUE PAROLE”, pagine 2019, Roma, collana diretta da Maida Rocci.

“Autis-monello”,  “Donne”, “Fratello”, “L’autismo”, “Le mamme”, “Lo stretto indispensabile”, “Vivo di ricordi”. Poesie tutte dedicate al forte sentimento  umano esistenziale  di una amarezza e sofferenza per la perdita prematura del caro giovane fratello “SANTINO” e della cara mamma “CARMENIA”.

Un’amarezza maturata nel tempo con forte rammarico e delusione di un sentimento conclusivo sfociato nella perdita e nel lutto dei cari familiari, purtroppo ci accade che il mondo ci deluda o addirittura ci ferisca. Di fronte a questa frustrazione ne abbiamo un’emozione dolorosa, un disagio, a volte cerchiamo una ribellione. Assistiamo a un desiderio che si  estingue, a una speranza che perisce, a un legame che ci tradisce o ad una convinzione che dobbiamo abbandonare. E forse non ci rassegniamo.  A volte ci rimane accesa una speranza che possa esservi un rimedio, una possibilità di miglioramento, ne conserviamo un palpitare e ancorché colpiti e feriti, non vogliamo rassegnarci, non vogliamo perdere questo legame con noi stessi  e con le nostre speranze;  è questo forte grido di speranze che trovo e mi appassiona nella poetica Godiniana.

Quando sopraggiunge la convinzione che è finita, che è così, che non vi sono alternative o possibilità, quando la delusione diventa anche certezza di qualcosa che è morto, ecco l’amarezza. L’incontro dolente con una perdita che lascia un segno amaro, che il sapore penoso della rassegnazione.

Chi scrive, come Godino , nelle sue poesie avverte quel forte strumento col quale dar sfogo alle proprie emozioni, ai propri sentimenti, alle proprie paure. E’ un aver voglia di esprimere se stessi in toto. Molte volte si  buttano giù dei versi senza capirne il senso, ma il “senso”, è un qualcosa che appartiene alla sfera  razionale, e ci sono cose che non possono essere razionalizzate. Esistono meccanismi che nascono da pulsioni e non da concetti logici.

Godino gioca con la fonetica delle parole, tratteggia le sillabe che si ripetono e si rincorrono, una dietro l’altra, per concludere un verso dal sapore favolistico, creando immagini nella mente del lettore tali da destargli emozioni. Il fascino della parola caratterizza la poesia Godiniana come un insieme di grovigli di cui  si è portati a conoscere l’intima origine, ed è la mente ad esserne totalmente catturata cercando invano di standardizzare un processo che è carico di passioni. Per scrivere una poesia non  serve una licenza o uno studio accademico, basta solo saper decifrare i segreti nascosti nei meandri della propria anima.

Ritrovo nella poetica Godiniana,  l’incanto poetico  dei poeti francese, come Lamartine, la tensione poetica di Baudelaire; la ricerca del sublime e dell’irrazionale con Verlaine e Mallarmé, fino alle opere di Péguy, di  Claudel , di Apollinaire, poeti di confine fra ispirazione spirituale  e fascinazione per la nascente modernità , ossia quel filo rosso dei poeti studiati  e la ricerca di una nuova lingua capace di dare espressione a tutto ciò che la tradizione poetica occidentale ha relegato nell’ignoto. E nel fondo dell’ignoto, dirà Baudelaire, risplende il nuovo.

Le poesie citate suscitano tante emozione e speranze, nascono dal proprio animo e sentimento dell’autore. Tutti noi  avvertiamo la necessità di esprimere i nostri sentimenti, d’altro canto Godino sa coniugare musica e poesia , non è solo la musica ad avere una valenza poetica, in quanto la poesia può assumere un aspetto visivo e quindi formare delle immagini o persino accompagnarle.

Grazie “MECCO” per averci regalato queste belle poesie, queste belle emozioni, le tue poesie sono grazie, sono possibilità di staccarsi per un po’ dalla terra e sognare, volare, usare le parole come speranze, come occhi nuovi per reinventare quello che vediamo, Lei poeta  “ AUTODIDATTA” ci permette di andare oltre la realtà, di osservare cose che comunemente non vengono considerate, ci aiuta a scavare a fondo nel nostro cuore e prova a lasciare un segno che servirà per il resto della nostra vita.

Prof. GIOVANNI FERRARI
Dipartimento di Studi Umanistici
Università di Napoli  “FEDERICO II”