Autonomia, si tratta sui docenti

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Niente ruoli regionali, probabilmente neppure la possibilità di un contratto integrativo regionale che consenta di pagare di più i propri docenti. Sì invece a un vincolo di permanenza lungo sulla stessa sede per i prossimi insegnanti di ruolo. Un colpo al cerchio e uno alla botte, il tentativo di tenere insieme le ragioni dei no del Movimento5stelle all’autonomia differenziata per l’istruzione, e i sì alla riforma dei governatori leghisti delle regioni settentrionali, Veneto e Lombardia in primis, Luca Zaia e Attilio Fontana.

L’ipotesi di rafforzare il vincolo di permanenza, l’ultima legge di bilancio prevede cinque anni sulla stessa sede per i docenti delle superiori, circola in ambienti parlamentari della Lega con insistenza. Il vincolo, che sarebbe esteso a tutti i gradi di scuola, è l’ultimo tentativo per provare a sbloccare il capitolo istruzione del pacchetto autonomia differenziata dopo lo stop alle richieste leghiste inferto dal premier Giuseppe Conte e la levata di scudi del vicepremier Matteo Salvini.

Il fenomeno della mobilità dal Nord verso il Sud a inizio di ogni anno lascia scoperte migliaia di cattedre, costringendo direttori regionali e presidi a ricorrere in massa ai supplenti, negli ultimi anni anche privi di abilitazione. Un fenomeno che sta diventando una costante per alcune province e per alcune classi di concorso.

La proposta di utilizzare gli spazi di autonomia già previsti dalla Costituzione per la gestitone del personale scolastico, con il passaggio volontario dei docenti dall’albo nazionale a quello regionale, rappresentava una soluzione. Tramontata la regionalizzazione del ruolo, ora resta in campo l’ipotesi b. E dunque un vincolo prolungato di prima assunzione: il concorso sarebbe sempre nazionale ma su posti regionali. Chi partecipa alla selezione per una determinata regione saprebbe di non poter accedere alla procedura di mobilità interregionale prima di un periodo che potrebbe andare dai 5 ai dieci anni. La norma che dovrebbe essere inserita nell’intesa tra governo centrale e governo regionale dovrebbe limitarsi a prevedere questa possibilità, rinviando la concreta applicazione della stessa a una successiva intesa tra Regione interessata e ministero dell’istruzione e università.

Dovrebbe invece sopravvive, rispetto allo schema iniziale predisposto dalla ministra per le autonomie regionali, Erika Stefani, la possibilità per le regioni di incrementare con fondi propri i finanziamenti per le università del territorio. Possibilità che era stata contrastata dal viceministro dell’università, il pentastellato Lorenzo Fioramonti.

Per capire se l’ennesimo tentativo di trovare la quadra tra le ragioni della Lega e quelle del Movimento5stelle andrà in porto occorre attendere la riunione del consiglio dei ministri di giovedì, quando i vertici del ministro dell’istruzione Marco Bussetti dovrebbero formalizzare la proposta tecnica. Sempre che politicamente la Lega decida di continuare a trattare.

Al cdm è atteso anche il via libera definitivo al decreto sull’inclusione scolastica. Dopo le osservazioni delle commissioni permanenti di camera e senato, il decreto dovrebbe essere modificato rispetto al testo iniziale con una nuova definizione di inclusione che ricomprenda anche Dsa e Bes.