La formazione degli insegnanti: il ruolo del Dirigente

La formazione degli insegnanti: il ruolo del Dirigente

di Erica Della Valle

Le profonde trasformazioni della società e le sfide da affrontare a livello europeo e globale impongono una particolare attenzione allo sviluppo del capitale umano, culturale e sociale che rappresenta l’insieme dei fattori fondamentali per sostenere e accelerare la crescita. Secondo Ceruti[1] i fattori che generano profonde trasformazioni sono la globalizzazione e l’esplosione delle nuove tecnologie dell’informazione. In questo contesto, il compito del sistema di istruzione diventa ancora più complesso proprio a causa della proliferazione sia di informazioni e saperi sia di contesti e opportunità di apprendimento. Il compito della scuola diventa quello di favorire la crescita di cittadini attivi e responsabili capaci di unificare la frammentazione delle informazioni e dei saperi, di filtrare e connettere molteplici esperienze assai diversificate ed eterogenee. La scuola deve sollecitare gli studenti a contestualizzare le conoscenze; la globalizzazione, l’industria 4.0 e le tecnologie ci invitano ad un ripensamento del concetto di formazione. In particolare, la formazione del personale scolastico durante tutto l’arco della vita professionale diventa un fattore decisivo per ridefinire e ricontestualizzare le proposte educative e didattiche che devono rispondere a due esigenze differenti e complementari allo stesso tempo: “insegnare ad essere” ed “insegnare ad apprendere”.

La legge 107/2015 interviene a sostegno di quest’esigenza, proponendo un nuovo quadro di riferimento per lo sviluppo professionale di tutti gli operatori della scuola. La formazione in servizio del personale docente, “obbligatoria, permanente e strutturale”[2], è ripensata partendo da alcuni passaggi innovativi:

  • l’obbligo della formazione in servizio in una logica funzionale al miglioramento,
  • la definizione e il finanziamento di un Piano nazionale di formazione triennale,
  • l’introduzione, nel piano triennale dell’offerta formativa di ogni scuola, di attività formative che rispondessero ai bisogni realmente espressi.

Il punto di partenza per definire le priorità della formazione è dato dai bisogni reali ricavati dall’intersezione tra i bisogni nazionali, le esigenze della scuola e le necessità di sviluppo professionale.

La legge 107/2015, come ricordato nello stesso PNF, propone un nuovo quadro di riferimento, che vorrebbe superare quello riconducibile agli artt. 29, 63 e 64 del CCNL, che definiva la formazione come diritto/dovere senza ulteriori specifiche qualitative e quantitative. Inoltre si sostiene l’ obbligatorietà della formazione in una logica strategica e funzionale al miglioramento e in tal senso si preannuncia la definizione e il finanziamento di un Piano nazionale di formazione triennale e l’inserimento, nel piano triennale dell’offerta formativa di ogni scuola, della ricognizione dei bisogni formativi e delle conseguenti azioni di formazione da realizzare, nonché l’assegnazione ai docenti di una carta elettronica personale per la formazione e i consumi culturali; infine, si riconosce la partecipazione alla ricerca e alla documentazione di buone pratiche, come criteri per valorizzare e incentivare la professionalità docente.

La Legge 107/2015 dunque ha modificato sostanzialmente l’approccio alla formazione e allo sviluppo professionale, con un forte investimento finanziario per le azioni formative e il riconoscimento della professionalità. Il documento che meglio rappresenta il segno di questo cambio di prospettiva è il Piano per la formazione dei docenti 2016-2019 (PFND) recepito con D.M. 797/2016. Il Piano parte dal presupposto che il capitale professionale di cui è dotata la scuola sia uno dei principali fattori di crescita del Paese, purchè vi sia una continuità strutturale di investimenti mirati e consistenti. Il Piano per la Formazione Nazionale del personale docente definisce le priorità e le risorse finanziarie per il triennio 2016-2019 e delinea, a partire dall’anno scolastico 2016-2017 un quadro strategico che sostiene in maniera concreta diverse azioni per innalzare la qualità dei percorsi formativi. Per la prima volta, inoltre, attraverso un Piano Nazionale si definiscono delle priorità strategiche che rispondono a tre obiettivi formativi chiari:

  • obiettivi di crescita personale e professionale del singolo docente,
  • obiettivi di miglioramento della scuola,
  • strategia per lo sviluppo dell’intero Paese.

La Legge 107/2015, partendo da questi obiettivi, sottolinea che le priorità nazionali dovranno essere considerate e contestualizzate dai Dirigenti Scolastici attraverso gli indirizzi forniti al Collegio dei docenti per la realizzazione, l’elaborazione e la verifica del Piano di formazione integrato nel Piano triennale dell’offerta formativa. Le scuole dovranno redigere un piano formativo triennale, parte integrante del PTOF, ispirato a quello nazionale, che si raccordi con le esigenze formative della rete di ambito, ma, allo stesso tempo, adatto ai bisogni formativi che ogni territorio avrà cura di individuare, coinvolgendo direttamente i docenti mediante il Piano individuale di Sviluppo Professionale. Le scuole in rete all’interno degli ambiti territoriali, si coordinano con altri poli formativi, redigono i piani formativi dell’Istituto, esprimono i propri bisogno, individualmente e collettivamente, partecipano alla formazione e la valutano.

Le scuole con la promozione, il sostegno e il coordinamento degli USR, si devono organizzare in ambiti territoriali e costituire delle reti di ambito e di scopo, reti afferenti ad un territorio per la valorizzazione delle risorse professionali, la gestione comune di funzioni e attività amministrative e di progetti ed iniziative didattiche. L’obiettivo era quello di progettare la formazione a livello territoriale, per creare delle sinergie tra le istituzioni scolastiche al fine di favorire lo scambio formativo, professionale e culturale al fine di garantire la qualità della formazione organizzata dalle scuole. La rete, infatti, mediante la scuola capofila, pianifica in accordo con le altre scuole i percorsi formativi in modo da assicurare la partecipazione dei docenti che prestano servizio in quel territorio.

La scelta di affidare il sistema della formazione sulle reti di ambito di cui alla Legge 107/2015 (art. 1, comma 70-74) risponde all’esigenza di rafforzare il baricentro progettuale della formazione a livello territoriale; le scuole-polo tenderanno a specializzarsi per le funzioni da svolgere a beneficio del sistema scolastico territoriale. Le scuole-polo per la formazione hanno il ruolo di: coordinare la progettazione e l’organizzazione delle attività formative, garantire la corretta gestione amministrativo-contabile delle iniziative formative e interfacciarsi con l’USR per le attività di monitoraggio e rendicontazione. Il piano formativo dell’ambito non rappresenta la somma dei singoli piani delle istituzioni scolastiche, ma una loro sintesi e rielaborazione per obbiettivi, contenuti e temi.

L’organizzazione della formazione, attraverso gli ambiti territoriali, parte però dai bisogni formativi delle scuole e proprio per questo permette anche alle singole scuole di utilizzare una quota delle risorse dell’ambito in modo autonomo. Le attività programmate dalle singole istituzioni scolastiche devono: riflettere i principi e le direttive del Piano nazionale di formazione, essere coerenti con le finalità e gli obiettivi posti nel piano triennale dell’offerta formativa, innestarsi su quanto emerge dal RAV (rapporto di autovalutazione) in termini di priorità e di obiettivi di processo, tener conto delle azioni individuate nel PdM (Piano di miglioramento) ed essere coerenti con le priorità dei piani nazionali. Quest’autonomia è importante perché un Dirigente può rilevare una particolare criticità all’interno della sua organizzazione scolastica e proporre all’intero Collegio dei docenti un percorso di formazione. Questa prospettiva si rivela particolarmente efficace quando è necessario intervenire su problemi strutturali (inclusione, costruzione del curricolo, valutazione…).

Ogni Dirigente dovrebbe, dopo aver rilevato le esigenze formative espresse dal Collegio dei docenti, accordarle con gli obiettivi del Piano di Miglioramento elaborato in seguito al RAV, che dovrebbe accordarsi con le esigenze delle altre scuole dell’ambito territoriale e con le priorità espresse dal MIUR. Il Dirigente dovrebbe dunque promuovere una visione chiara, trasparente e condivisa degli obiettivi formativi perseguiti, delle strategie operative previste e del ruolo di tutti i soggetti coinvolti per evitare che gli istituti e i docenti si adeguino a quanto previsto dalle indicazioni nazionali, perdendo ogni capacità di definire e programmare la propria formazione in servizio.

Se si parte dal presupposto che un corso di formazione deve non solo arricchire culturalmente, ma anche avere ricadute rilevanti sul piano professionale, sui processi di insegnamento/apprendimento e sull’organizzazione scolastica, si rimane molto perplessi di fronte alla scarsa attenzione prestata dai soggetti organizzatori agli strumenti di verifica. È necessario che le scuole, i Dirigenti, ripensino i parametri di valutazione delle iniziative formative, con il diretto coinvolgimento dei partecipanti e non solo sulla base di parametri costi/benefici immediati delle attività, ma per l’incidenza dell’investimento-formazione su traguardi a lungo termine per l’intero sistema educativo. È indispensabile monitorare la ricaduta delle iniziative formative in relazione all’innalzamento dei risultati ottenuti dagli allievi, in quanto la scuola deve favorire e garantire apprendimenti. Nel Dossier della formazione viene fornito un possibile strumento di monitoraggio che permette ai docenti di riflettere sull’apprendimento professionale che hanno conseguito, riflettendo su che cosa l’esperienza formativa abbia permesso loro di modificare e su quali competenze abbia inciso maggiormente. Il processo di riflessione sui percorsi formativi è utile al docente perché permette di individuare quello che ha funzionato, di controllare la fattibilità rimettendo alla prova l’esperienza, di replicarla e di diffonderla. Il processo di monitoraggio è utile però anche al Dirigente perché favorisce la condivisione dei percorsi e la realizzazione dei piani di miglioramento individuati, a loro volta, dai punti di criticità emersi nel rapporto di autovalutazione. Le azioni formative promosse, infatti, avranno una rilevanza significativa se coerenti con il Piano di formazione della scuola e se le loro ricadute favoriranno una condivisione all’interno dell’organizzazione scolastica. Il criterio per un buon programma di aggiornamento o di sviluppo professionale è l’impatto che può avere sugli studenti. I docenti, infatti, possono essere soddisfatti per la partecipazione a un ciclo formativo senza che questo generi un miglioramento dell’esperienza degli studenti, come possono introdurre nuove pratiche che si rivelano prive di ricadute positive sugli studenti. Una delle priorità del Dirigente dovrebbe dunque essere quella di favorire interventi di formazione degli insegnanti rispetto alle culture dell’imparare, ai modelli di ambienti efficaci di apprendimento e al diffondersi di contesti ibridi nei processi di conoscenza.

Il ruolo del Dirigente nella formazione dei docenti appare essenziale anche nella scelta dei formatori che chiama in causa le competenze pedagogiche-didattiche connesse all’attività di insegnamento e alla gestione della classe.

Migliorare la qualità della formazione, infatti, richiede uno specifico investimento sulla figura del formatore, da intendersi non solo come esperto di contenuti, ma anche come facilitatore o tutor, in grado di accompagnare i docenti in un processo di supervisione e di crescita professionale centrato sulla vita delle classi. Per Bruscaglioni[3] (come viene ricordato ampiamente nel Dossier della formazione) sono tre le componenti di campo che disegnano la figura del formatore esperto, essenziali per dar vita ad un’efficace azione formativa: la componente di campo, quella di metodo e quella di contenuto. La componente di campo è la profonda conoscenza dell’organizzazione nella quale si opera; la componente di metodo è la gestione sapiente di metodi adeguati e connessi alla peculiarità dell’apprendimento dell’adulto; la componente di contenuto è la profonda e maturata competenza tecnica legata alla disciplina di docenza.  Quindi, la disponibilità di formatori preparati e competenti, per le diverse tipologie di intervento, rappresenta una condizione indispensabile per qualificare i piani di formazione del personale docente. Chi cura la formazione degli insegnanti sa che la formazione, strumento di condivisione concettuale e di esperienza, può generare senso di appartenenza e di comunità[4].

Il Dirigente, in quanto responsabile dei processi di innovazione nella propria istituzione, svolge un ruolo importante, diretto e indiretto, anche nella progettazione dei percorsi di formazione dei docenti: rileva le esigenze formative emergenti, promuove i percorsi formativi, monitora e rendiconta le attività proposte ed eventualmente propone degli aggiustamenti. Nella progettazione e nella realizzazione di interventi di formazione l’obiettivo condiviso dall’Istituzione scolastica è favorire gli apprendimenti e quindi lo sviluppo della persona umana.

In un contesto dove cambia radicalmente non solo il sapere, ma cambiano anche i modi in cui il sapere cambia nonché i modi in cui sviluppiamo il sapere, la formazione professionale dei docenti diventa fondamentale. La scuola, infatti, deve fornire le chiavi per costruire e trasformare le modalità di organizzazione dei saperi, rendendole continuamente coerenti con la rapida e spesso imprevedibile evoluzione delle conoscenze e dei loro oggetti e problemi. Le rapide e radicali trasformazioni antropologiche in atto chiedono alla scuola di promuovere nei singoli capacità di costruire un futuro non predeterminato.

Riferimenti

  • Legge n. 107/2015;
  • Documento La buona scuola settembre 2014;
  • Piano per la formazione dei docenti 2016-2019;
  • Dossier per la formazione
  • M. Carnazzola, La necessaria formazione dei docenti; Educare, ISSN 2039-943X, Vol. 18, n.8 – agosto 2018;
  • M.Bruscaglioni, La gestione dei processi di formazione degli adulti, FrancoAngeli, Milano 2002;
  • M. Ceruti, La scuola e le sfide della complessità, Studi sulla formazione, rivista online, n.2/2017.

[1] M. Ceruti, La scuola e le sfide della complessità, Studi sulla formazione, rivista online, n.2/2017, pp. 9-20.

[2] Legge 107/2015, comma 124.

[3] M.Bruscaglioni, La gestione dei processi di formazione degli adulti, FrancoAngeli, Milano 2002

[4] M. Carnazzola, La necessaria formazione dei docenti; Educare, ISSN 2039-943X, Vol. 18, n.8 – agosto 2018;