Decreto salva educazione civica

da ItaliaOggi

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

Il decreto per consentire l’avvio già da questo settembre dell’insegnamento dell’educazione civica è pronto e oggi sarà portato alla firma del ministro Marco Bussetti. È stato lo stesso ministro ad annunciare di voler «aggiustare da un punto di vista amministrativo oltre che procedurale» la riforma, «affinché entri in vigore dall’anno scolastico prossimo». Il problema è quello di recuperare quattro giorni di ritardo, quelli con i quali è stata pubblicata, il 21 agosto scorso, la legge in Gazzetta Ufficiale dopo la controfirma da parte del capo dello stato. E che fanno entrare in vigore la legge a partire dal 5 di settembre, quattro giorni dopo l’avvio del nuovo anno scolastico. Ma dal Miur fanno sapere (si vedano le anticipazioni di ItaliaOggi di martedì scorso) che non si tratta di un termine perentorio, l’importante è riuscire a dare alle scuole la possibilità di organizzare l’attività didattica prima dell’avvio delle lezioni. In tal senso potrebbe bastare un decreto ministeriale a chiarire tempi e modalità.In caso contrario, l’introduzione della nuova materia nel curriculo scolastico dovrebbe avvenire non da questo settembre ma a partire dall’anno scolastico 2020/21. Così come prevede letteralmente il comma 1, dell’articolo 2, della legge, che recita: «A decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione è istituito l’insegnamento trasversale dell’educazione civica».

Decreto pronto, ministro pure, salvo che su tutto incombe la crisi di governo e il possibile incarico a un nuovo presidente del consiglio per la formazione del governo. Forse proprio oggi. Nel caso di un cambio imminente di compagine governativa, se la Lega dovesse essere fuori, sarà il prossimo ministro dell’istruzione a doversene fare carico. Il comma 1, dell’articolo 3, della legge prevede, inoltre, che l’introduzione del nuovo insegnamento sia preceduto dall’emanazione di linee guida da parte del ministero dell’istruzione: anche su questo gli uffici di viale Trastevere sono già pronti.

I contenuti dell’educazione civica individuati dal legislatore, ai cui dovranno fare riferimento i docenti, sono indicati nell’articolo 3 del provvedimento: a) Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale; b) Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; c) educazione alla cittadinanza digitale; d) elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro; e) educazione ambientale; f) educazione alla legalità e al contrasto delle mafie; g) educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni; h) formazione di base in materia di protezione civile.

Il dispositivo rende cogente e imperativo l’insegnamento di una lunga serie di contenuti, obiettivi e competenze a cui i docenti dovranno fare riferimento ai fini del relativo processo didattico-apprenditivo. Ma non individua una figura specifica a cui affidare tale nuovo insegnamento, salvo un riferimento espresso al docente di discipline giuridiche, se presente nell’organico dell’istituzione scolastica di riferimento.

L’educazione civica, dunque, pur essendo regolata in modo tassativo, viene qualificata come insegnamento fungibile, da affidare di volta in volta a docenti diversi, a nulla rilevando la specificità del posto o della cattedra di titolarità dei docenti assegnatari. E viene prevista l’individuazione di un insegnante all’interno della classe cui affidare ruoli di coordinamento, al quale spetta anche il compito di formulare «la proposta di voto espresso in decimi, acquisendo elementi conoscitivi dai docenti a cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica».

La nuova disciplina, infatti, viene qualificata alla stregua di trasversale, ma in ogni caso, a tale nuovo insegnamento è destinata un’ora di lezione settimanale e un monte annuale di 33 ore da sottrarre al monte ore delle altre discipline senza prevedere un ampliamento del monte ore complessivo.

Nulla è dovuto a titolo di retribuzione ai docenti che insegneranno la nuova disciplina. mentre, per il solo ruolo di coordinatore, il testo di legge prevede la possibilità di individuare una qualche forma di retribuzione a livello di contrattazione integrativa di istituto, sempre però all’interno della capienza ordinaria del fondo di istituto.

Ma il testo di legge rischia di incorrere in censure da parte della Corte costituzionale in sede di contenzioso. Il dispositivo, infatti, potrebbe essere giudicato incompatibile, in via diretta, con i principi di giusta retribuzione (art. 36 Cost.) buona amministrazione (art. 97 Cost.).

Prima di tutto perché aumenta l’onerosità della prestazione di insegnamento dal punto di vista quantitativo e qualitativo senza prevedere incrementi retributivi, così come prevede il principio di giusta retribuzione. E ciò potrebbe determinare a sua volta l’insorgenza di profili di illegittimità derivanti dall’assenza del necessario rinvio alla contrattazione collettiva, per quanto riguarda la regolazione degli incrementi contributivi. E potrebbe risultare anche in contrasto con le disposizioni contenute nell’articolo 39 della Carta.

In più qualora il controllo di costituzionalità su questi principi dovesse risultare fondato, il dispositivo potrebbe confliggere anche con l’articolo 81 della Costituzione il quale dispone che: «Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». Nuovi oneri che deriverebbero dal principio di irrinunciabilità della giusta retribuzione sancito dall’art. 2113 del codice civile.